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March 25, 2015

Le due vite: tra parole e musica con Marcello Fera

Mauro Sperandio
Nell'ultimo appuntamento con Altri Percorsi.bz, Mercoledì 25 Marzo, le parole incontrano la musica ed in essa si fondono. Le parole sono dello scrittore Danilo Montaldi, la musica di Marcello Fera. La voce di Johanna Porcheddu, ad abbracciarla gli strumenti del Trio Conductus. Sullo sfondo, le immagini di Franco Vaccari, scorci vividi dagli anni '50.

Due sono le vite di Cicci, “buona donna” prima e “donna buona” poi, redenta dall’amore, temprata dalle difficoltà della vita, sostenuta dalla forza morale che si forgia in chi non può contare che sulle proprie forze. Questa minima epopea di provincia assieme ad altre storie di gente comune  la raccontò Danilo Montaldi in Autobiografie della leggera, libro pubblicato da Einaudi nel 1961. Queste parole, oggi, ritrovano tangibile espressività grazie a Marcello Fera che ad esse si è ispirato per la composizione di Le due vite.

Di queste due vite, ed un po’ della sua, abbiamo chiesto:

Le due vite trae spunto da “Autobiografie della leggera” dello scrittore Danilo Montaldi. Cosa l’ha colpita di queste storie?

Ho scoperto Montaldi parecchi anni fa grazie alla segnalazione di uno storico. Di “Autobiografie della leggera”e più in generale del suo autore, mi colpì questo interesse -inedito nel nostro paese- a mettere in evidenza delle vicende esistenziali.Ai giorni nostri questo tipo di letteratura è assai diffuso, si pensi al teatro di parola di Marco Paolini, Laura Curino e Marco Balliani, ma all’epoca (il libro è del 1961) queste storie non avevano voce.
Secondo Montaldi era possibile fare una critica della società e creare un progetto per la società solo se si portavano in emersione queste voci, non potendo intervenire dall’alto o dall’esterno, non potendo prescindere dagli elementi che questa società costituiva. Un altro aspetto affascinante sta nel fatto che questi racconti di vita, scritti da persone che non avevano frequentazioni con la lettura e la letteratura, si mostrano come degli archetipi che stanno nel punto di contatto tra l’esperienza della realtà quotidiana e la letteratura.
La storia di Cicci, pur proveniendo  da una fonte che non le cita perché non le conosce, contiene numerosi elementi in comune con note opere letterarie.

Merano Meran Bolzano Bozen

Come si è figurato le immagini legate alle due vite di Cicci e come le ha rese nelle sua composizione?

Ho definito il mio lavoro “melologo”, tale forma però è caratterizzata da una partitura che interagisce con il testo in maniera strutturale diventando parte integrante della scrittura musicale. Nel caso de Le due vite invece, ho semplicemente scritto una sorta di narrazione parallela in musica. Considero la musica una forma di teatro con altri mezzi espressivi, in questo caso i punti di contatto, le rifrazioni, le possibilità di specchiatura tra i due testi sono qualcosa che costruisce il pubblico seguendo quanto accade. Ci sono dunque perscorsi narrativi paralleli, quello attoriale della protagonista e quello musicale che enfatizza la componenete psicologica e drammaturgica del testo. Il linguaggio musicale è caratterizzato da una metamemoria che si caratterizza per dei momenti che sono riconoscibili come popolari – quasi canzonettisitici-  pur se inseriti in una scrittura che popolare non è, perchè più eleaborata e complessa.

Molte delle zone fosche dell’umanità, per quanto moralmente deprecate, conservano un innegabile fascino. A quali tentazioni deve resistere il Marcello Fera compositore?

Ho scelto questo tema letterario per riflettere sull’umano, per esplorare un territorio che appartiene a tutti noi, per fare ciò che da senso alla nostra vita, ovvero per riflettere sul nostro stare in questo mondo.
Per quanto riguarda la questione mi pongo allo stesso livello della protagonista dello spettacolo, nel mio modo di scrivere c’è un’instintualità che – piaccia o non piaccia- rappresenta il mio non essere un intellettuale. Il mio approccio compositivo è fisico, animalesco, per cui emergono elementi che appartengono sia ai miei umori che alla mia biografia e perfino alla mia biologia. Considero la scrittura musicale una traccia della mia esistenza e in questo senso c’è una parentela con l’aspetto biografico della protagonista.

Marcello Fera

Scorrendo la sua biografia è interessante vedere come conviva l’esecuzione del repertorio classico con quello popolare. Per molti compositori del passato, penso a Chopin e Smetana, la “musica del popolo” è stata una fonte a cui attingere. Qual è lo stato della musica popolare nel nostro paese?

La definizione di musica popolare è una faccenda delicata dai risvolti non lineari visto che nell’uso si sono sovrapposte parole diverse senza sufficiente attenzione al significato: folk, world music, musica etnica, tradizionale ecc . Nel  nostro Paese si è spesso equivocato la definizione sovrapponendo questo termine a musiche che “di popolo” in senso stretto non erano, come per esempio la canzone napoletana che è in realtà una forma colta. Da noi poi, alcune tradizioni popolari sono influenzate da stilemi colti, operistici.  Comunque, malgrado in Italia la ricerca etnomusicologica sia partita sostanzialmente nel dopoguerra, quindi tardi rispetto al caso di Bartók e Kodaly, non manca un importante patrimonio di studi e di materiale. E circa i rapporti tra queste fonti e i compositori classici il primo esempio che mi viene in mente (anche se la presenza di brani italiani qui non è esclusiva) sono i Folks Song di Berio concepiti già nel ’47, ma si trovano  insospettabili utilizzi anche in autori antichi e ottocenteschi, ad esempio in Paganini.

Mercoledì 25 Marzo, ore 20:30, Teatro Comunale di Bolzano (Teatro Studio) “Le due vite”, melologo per attrice e tre strumenti di Marcello Fera da Autobiografie della leggera di Danilo Montaldi con Johanna Porcheddu e Trio Conductus.

Foto:Elisabeth Hölz.

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