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February 12, 2015

Gli ultimi giorni di Frank Wedekind
secondo Michele Flaim

Mauro Sperandio

Frank Wedekind a cavallo tra Ottocento e Novecento, fu scrittore, drammaturgo, attore e chansonnier. Cosmopolita, di buona famiglia e di buoni studi (interrotti) aperto alle più varie frequentazioni (prostitute, affaristi, circensi, fini intellettuali ed artisti) e dotato di una magnetica presenza scenica.Sul palco, vestito da direttore di circo, con frusta e pistola faceva un baffo alle Wardenclyffe Tower di Nicola Tesla…
A questo nobile provocatore, scrittore e cantore di quello che “non si può dire”, Michele Flaim ha dedicato  “Gli ultimi giorni di Frank Wedekind”, spettacolo che accosta musica e teatro, fatti reali e invenzione giallistica.
Incuriosito dalla figura di Frank, per conto di franz, contatto Michele…

Scrittore, drammaturgo, attore, chansonnier, uomo di cultura che non rifugge le periferie “mal frequentate”, il ritratto di Wedekind non risparmia le tinte forti…

La vita e la personalità di Frank Wedekind sono senz’altro ricche e originali, a partire dal nome – Benjamin Franklin – e dalla nazionalità che gli derivava da genitori tedeschi naturalizzati americani. Benché nato, infatti, ad Hannover nel 1864, trascorse la giovinezza in un castello in Svizzera (il padre, ginecologo liberale e democratico mal tollerava l’impero prussiano), trascorse vari anni a Parigi e si stabilì infine a Monaco, acquisendo però la cittadinanza tedesca solo durante la prima guerra mondiale, per poter recitare in Austria e Svizzera. Sulla scabrosa leggenda che crebbe attorno alla sua figura, vale però la pena fare un po’ di chiarezza. La sua principale ambizione era guadagnarsi fama letteraria attraverso i propri drammi, ma la censura finiva immancabilmente per impedirne pubblicazione e rappresentazione, anche perché affrontava di petto i tabù della società contemporanea. Per esprimersi fu quindi costretto a esibirsi nei locali di cabaret con le proprie canzoni e a scrivere pezzi per riviste satiriche. Fu proprio la pubblicazione di una poesia irriverente sul Kaiser e la conseguente condanna per lesa maestà a farne un personaggio demoniaco e in odore di scandalo. Ma, com’è noto, il diavolo non è così brutto come lo si dipinge e la forza rivoluzionaria di Wedekind – oltre ai tratti eccentrici e poco convenzionali della sua personalità – va ricercata soprattutto nella potente carica innovativa delle sue commedie e del suo modo di recitarle. Nell’epoca del naturalismo imperante ossessionato dalla verisimiglianza piattamente fotografica, egli riuscì ad aprire nuove strade, di cui le generazioni successive seppero profittare, dagli espressionisti a Bertolt Brecht, che riconobbe apertamente l’ammirazione e i debiti nei suoi confronti.

Wedekind appare un personaggio di arte e vita così varie ed articolate che nella stesura del tuo testo l’introduzione di un “giallo” sembra una naturale appendice biografica…

Volevo riproporre tratti della vita e dell’opera di Wedekind senza però farne un dramma naturalista di quelli che egli tanto aborriva o un banale documentario. Ho immaginato quindi di metterlo in relazione con uno studente. Entrambi non hanno scelta: Wedekind deve operarsi per la quarta volta all’addome, lo studente deve discutere la sua tesi su di lui prima di partire per il fronte. Entrambi meriterebbero circostanze migliori, ma la vita, si sa, è piuttosto avara in tal senso. Almeno per qualcuno. “Quel che uno vuole – dice un suo personaggio – c’è chi se lo deve prendere con forza e chi se lo vede regalato”. Wedekind ha avuto anche momenti fortunati nella vita, ma quello che ha ottenuto se l’è sempre sudato e spesso l’ha perso il giorno dopo. Quanto allo studente e al “giallo” finale, non sarò certo io a rovinare la sorpresa agli spettatori.

Come si concretizza sul palco la collaborazione con i Nachtcafè e Peter Schorn?

Sapevo che Gabriele Muscolino, chitarrista dei Nachtcafè, si era occupato delle canzoni di Wedekind, sia sul piano musicale che approntando una traduzione metrica in italiano dei testi. Ha subito aderito alla proposta coinvolgendo altri due membri del gruppo: Matteo Facchin, il fisarmonicista, che interpreta anche il ruolo dello studente, e Matteo Stagni al contrabbasso. Nello spettacolo verranno eseguite otto canzoni. Per la parte di Wedekind ci siamo rivolti a Peter Schorn, attore di madrelingua tedesca, che reciterà e canterà per la prima volta in italiano.

Per la sua irriverenza e la sua scarsa attenzione alle convenzione Wedekind fu ripetutamente oggetto di attenzioni da parte della censura. Quali sono oggi i temi di cui non si può parlare o di cui e difficile parlare liberamente?

Non credo che rispetto ai tempi di Wedekind le cose siano poi molto cambiate nella sostanza. Mentre le sue opere venivano proibite, si tolleravano tuttavia nei teatri non poche volgarità fini a se stesse. Il fatto è che le medesime questioni – morali o politiche – possono essere affrontate in modo ammiccante e sornione, nel qual caso non sono minimamente avvertite come pericolose, oppure in modo franco e deciso, ancorché divertito e intelligente. In quest’ultimo caso, magari non si finisce più in galera, ma si rischia ancora di rimetterci economicamente e di venir banditi, magari non più dai teatri, ma dai palinsesti televisivi. Il punto decisivo non è l’argomento affrontato, ma il modo in cui lo si affronta. Come per le novità introdotte da Wedekind, è soprattutto una questione di stile.

Sabato 14 febbraio alle 20.30, Teatro Comunale di Bolzano (Teatro Studio),debutta in prima assoluta “Gli ultimi giorni di Frank Wedekind”, testo e regia di Michele Flaim, con Peter Schorn e Nachtcafé.

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