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January 12, 2015
Grazie a Dio non sono Charlie…
Mauro Sperandio
Io non ero Charlie prima degli omicidi dell’altro giorno e non lo sono nemmeno ora.
In questo momento di grande dolore, con la stesso automatismo con cui -come i cani di Pablov- si schiaccia il bottone blu del “mi piace”, milioni di persone dichiarano con solidale fierezza: “Io sono Charlie!”. Perchè essendo “Charlie” si è contro ogni fanatismo religioso, per un mondo democratico e laico, per la libertà di stampa, contro la violenza. Io non la vedo così…
Sono addolorato per la morte dei giornalisti parigini, provo compassione per i loro congiunti, ma non sono Charlie perché non mi riconosco nella violenza, in nessuna violenza, con o senza spargimento di sangue, fatta con le armi o con le matite.
Mi chiedo poi dove fossero qualche milione di persone e qualche decina di capi di stato quando a Dicembre, in Pakistan, hanno ucciso un centinaio di bambini indifesi . Ma si sa che i morti delle periferie del mondo non sono uguali ai morti del centro…
Il Padre Eterno sodomizzato da un Cristo che tra le natiche stringe un triangolo con l’occhio indicato come Spirito Santo, un rabbino che bacia un nazista davanti al cancello di Auschwitz (Judèo-nazisme, per parlare con l’equazione più banale del mondo di Israele e Palestina) oppure un arabo che stringe un “Corano di Merda” non uccidono mica nessuno, ma hanno poco a che vedere con il diritto di satira e con una società civile.
La satira di Charlie Hebdo non dissacra o smitizza -cosa che gli stessi ebrei, ad esempio, fanno del loro Dio- ma offende trattando in maniera banale -non leggera- argomenti delicati e importanti.
Delicati perché appartengono alla sfera della sensibilità religiosa ed importanti perché diventano misura della capacità di convivenza con il “diverso” e non contribuiscono al dialogo tra le differenti culture.
Qualcuno obbietterà che anche il mondo islamico non risparmia offese di carattere religioso alle altre confessioni e che il trattamento riservato ai cristiani nei paesi arabi… tuttavia sta a noi decidere se il principio di reciprocità è un criterio giusto e se vogliamo un mondo migliore o meno peggiore.
Confido nel fatto che nessuno, sano di mente, voglia giungere all’inferenza logica per cui i terroristi di religione islamica che hanno messo in atto la strage di Parigi siano dei paladini della giustizia, e mi auguro che nessuno voglia pensare che “tutto sommato a quelli di Charlie stava bene”…
Ciò che voglio dire è che la questione è complicata e una facile dichiarazione di solidarietà “Io sono Charlie!” non rende onore a niente e nessuno.
Le vignette di Charlie non sono un conquista di libertà ma un’offesa alle religioni professate -soprattutto- da “brave persone”, uno spregio che non ha nulla da invidiare alle iniziative di alcuni nostri politici che lanciano mezzene di maiale nelle aree che dovrebbero ospitare delle moschee.
La satira è un’arma, ma il valore di chi la usa si vede nella lealtà con cui si batte.
Allo stesso modo un omicidio per “motivi religiosi” è una contraddizione in termini e la condanna di questo episodio deve venire tanto dal mondo religioso quanto da quello laico perché se esiste un patrimonio comune dell’umanità, di tutta l’umanità, esso deve ispirarsi ad un ideale di vita e non di morte.
Il pensiero laico, con la sua storia ed i suoi illustri pensatori, merita qualche cosa in più di una copertina di Charlie ed allo stesso tempo l’Islam, che fu la religione di Avicenna ed Averroè, merita qualcosa di più di un commando di criminali.
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