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November 10, 2014

La vita che ti diedi. Pirandello al Teatro Stabile di Bolzano. Una recensione

Lucia Munaro

Una fine e un inizio. La stagione del Teatro Stabile di Bolzano inizia con La vita che ti diedi di Pirandello. Il regista Marco Bernardi,  che con quest’anno lascia la direzione dello Stabile, ha scelto un testo amaro per salutare il pubblico bolzanino. Persino la maternità, che insieme all’assenza, alla morte, sta al centro del dramma pirandelliano, ha poco di consolatorio in questa pièce, per quanto la protagonista Donna Anna Luna, interpretata da Patrizia Milani, sia una grande figura di madre.

Lei madre, orfana del figlio a cui aveva dato la vita, e Lucia Maubel, l’amante del figlio, dal quale questa aspetta ora a sua volta un bambino, appaiono come generatrici di vacui sogni e logorate piuttosto dal loro generare vite che non le apparterranno mai e dalle quali, giorno per giorno dovranno imparare a staccarsi. Così scopriamo, grazie al testo di Pirandello, che siamo tutti orfani a questo mondo, chi di madre o padre, chi di figli, ma anche e soprattutto di verità assolute.

A spaventare è piuttosto la lucidità dei ragionamenti di Anna che la sua follia, nell’attaccarsi a quel che le rimane del figlio e cioè il suo pensiero, costante e vivo, del figlio, incrollabile a sfidare il trapasso fisico. E ci rendiamo conto della distanza incolmabile con cui le esperienze dividono esseri che vorrebbero appartenersi. Vien ben da gridare che non siamo noi «poveri morti affaccendati» e da opporsi alle parole finali di Anna: «Cose da fare.. e da dire…martoriarsi, consolarsi, quietarsi… è ben questa la morte».

Eppure sappiamo che Pirandello coglie modernamente quanto fragile sia la realtà in cui ci ostiniamo a vivere. Per quanto riguarda l’allestimento dello Stabile, andato in scena in prima nazionale a Bolzano, un plauso deciso spetta alla scenografia essenziale di Gisbert Jaekel che altera la prospettiva attraverso l’inclinazione del pavimento e l’irregolarità del mobilio e rende visivamente lo stato allucinato della protagonista.

Ottime anche le luci e i costumi. Qualche titubanza resta nel dare un voto alla regia e agli interpreti per via di una recitazione che appare mantenuta costantemente sopra le righe e colma di pathos, dove il testo vorrebbe forse una distanza, una lucidità maggiori.

A Marco Bernardi bisogna riconoscere il coraggio di accomiatarsi dal pubblico bolzanino con un dramma difficile, non certo scontato e forse con le prossime repliche agli attori riuscirà di trovare la corda giusta ed esaltare il testo pirandelliano nella misura che merita.

Pubblicato sul Corriere dell’Alto Adige di sabato 8 novembre 2014.

Foto Tommaso La Pera

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