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November 5, 2014

La vita che ti diedi. Storia di vite dedicate

Mauro Sperandio

Come in un’opera di Escher, qui l’inizio si perde nella fine e l’entrata si confonde con l’uscita.

Con la regia di Marco Bernardi, La vita che ti diedi di Pirandello, dramma di un amore materno al di là del razionale, apre la stagione di prosa 2014 – 2015. Dal 6 al 9 Novembre al Teatro Stabile di Bolzano

Marco Bernardi regista apre la stagione della Grande Prosa del Teatro di Bolzano.

Marco Bernardi direttore del Teatro Stabile di Bolzano inizia la sua ultima stagione al vertice dell’Istituzione bolzanina e si avvia verso…un ritorno alle origini.

Con il piacere di incontrare una persona di amabile umanità e appasionato mestiere, conversiamo con il Regista, ci rivolgiamo al Direttore.

“La vita che ti diedi”, un titolo che sembra sottendere quasi un diritto materno sull’esistenza del figlio. L’opera di Pirandello sembra parlare di un amore puro, forse troppo, tanto da sublimare.

Questa è senz’altro una parte della verità. Pirandello scrive quest’opera nel ’23, dopo due capolavori come Sei personaggi in cerca d’autore e l’Enrico IV, anche quest’ultima una storia di follia, come quella della protagonista Donna Anna Luna. Pirandello ha un grande sogno, scrivere un personaggio femminile importante per Eleonora Duse, attrice formidabile, che era stata compagna di D’Annunzio e per la quale D’Annunzio aveva scritto i suoi testi teatrali più importanti.

Pirandello, che viveva intensamente la rivalità con D’Annunzio e non amava il suo teatro, teneva tantissimo a questo testo e alla prova che rappresentava. La Duse morì nel ’34, senza riuscire a portare in scena il dramma. Pensando alle straordinarie capacità della Duse, Pirandello creò la protagonista Donna Anna Luna, un personaggio eccessivo, di un amore smisurato per il figlio tanto da travolgere la logica comune, il buon senso, la ragione.

Donna Anna Luna perde il figlio trentenne, l’unico, maschio, e davanti a questo evento terribile, ne nega la morte. Per undici giorni riesce in questo folle progetto, che Pirandello dice lucido delirio, di convincere sé stessa e chi le sta intorno che il figlio non è morto, che la morte del corpo non è nulla, non è importante. Questa situazione estrema consente ad Anna Luna di immergersi in questo delirio e di ragionare tra razionalità e irrazionalità attorno ai temi della vita e della morte, dell’essere madre.

Una storia d’amore quindi, ma anche di egoismo, di questo sentimento che è -senza dubbio- provato  da tutte le madri. Questa forza misteriosa da cui i figli si devono difendere, come tra gli uomini, così tra gli animali.

Pirandello non vuole però raccontare una madre esemplare, ma una madre fuori dall’ordinario che riesce a negare una macroscopica evidenza per undici giorni, che, come nell’amore mistico, si stacca dalla realtà partendo entrando in un orbita che la sfiora. La protagonista con la sua forza, con la sua debolezza, ci ispira una tenerezza enorme e ci aiuta a scoprire qualcosa del mistero della maternità.

Utilizziamo la metafora genitoriale. Dopo trentacinque anni, si avvia ora alla sua ultima stagione da direttore. Per la particolarità del settore in cui opera, per la sua professione di regista e direttore, per il dover coniugare la cassetta e il proprio sentire artistico penso ad un suo essere genitore del Teatro Stabile. Non tanto con la razionalità del direttore, ma con il sentimento del genitore, come lascia il Teatro? 

Anch’io, come Anna Luna ho qualche problema. Ho deciso autonomamente di lasciare il teatro, non posso dunque predermela con nessuno… Credo che fosse il momento di lasciare in pace questo figlio adulto, di farlo camminare autonomamente. Penso di aver preso la decisione giusta e razionalmente credo di avere fatto bene.

Da un punto di vista emotivo, affiorano i ricordi e mi dispiace, è stata una storia ricca, carica di emozioni, ma è la vita. Sono convinto che sia giusto così, era giunto il momento di un cambio generazionale. Sono felice che Walter Zambaldi che ha venti anni in meno di me assuma la direzione dello Stabile. Troverà un teatro sano economicamente ed artisticamente.

Pensi che in un periodo di crisi come questo stiamo per chiudere la campagna abbonamenti con un risultato superiore a quello degli ultimi due anni. 

Immagino che l’impegno della direzione sia stato gravoso, forse limitante la sua attività di regista. Posso chiederle dei suoi progetti futuri?

Ho una grande voglia di cambiare vita, di girare pagina. Ho il progetto di non avere alcun progetto. Cerco di difendermi dalle proposte che mi arrivano ed escludo di tornare a dirigere un teatro.

Voglio dedicarmi alla regia e dedicare tempo alla scrittura, forse la mia più grande passione.

Non escludo di impegnarmi nella programmazione di festival  o rassegne, ma solo dal punto di vista artistico non certo amministrativo. Di sicuro mi godrò un anno di riposo, di reset.

Crede che saprà riunciare alla razionalità dell’amministratore lasciando il palco libero alla sua vis artistica? 

Sono partito come regista, interessato al palcoscenico e sono dovuto diventare un bravo amministratore. Ora ho fatto una scelta di libertà. Ho voglia di meno razionalità e maggiore libertà creativa.

Foto di Tommaso La Pera

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