Music

September 12, 2014

Intervista emozionata a Stefano Bollani [domani in concerto ai Festspiele di Dobbiaco]

Miriam Marzura

Non vorrei fare un’introduzione banale e scontata su Stefano Bollani, non penso che serva. Ma vi vorrei comunque raccontare la mia personale esperienza con Stefano Bollani, in una di quelle giornate che è davvero incominciata bene. 

Io, come tanti, seguo Bollani da diverso tempo e  - in un’ipotetica wishlist – avrei sicuramente appuntato “fare un’intervista con Stefano Bollani”. Bene, oggi è successo.

Ci siamo sentiti al telefono, ed è stata una chiacchierata davvero piacevole, lui è davvero disponibile e in gamba, e poi – diciamocelo – è un figo.

Ma – tralasciando opinioni e pareri personali – vi consiglio di presentarvi domani sabato 13 settembre 2014, ore 18.30, a Dobbiaco al Festival Festspiele (http://www.festspiele-suedtirol.it/en/) per un concerto di Stefano Bollani, per così dire… improvvisato. Vedere (e leggere qui sotto) per credere.

E poi, naturalmente, grazie Stefano! 

Ciao Stefano, in merito a “Piano Solo” cosa ci dobbiamo aspettare?

“Piano Solo” si riferisce al fatto che sarò appunto da solo sul palco, ma sarebbe meglio non aspettarsi nulla per poter goder meglio di quello che arriva. Poi io improvviso il 95% di quello che accade sul palco per non annoiarmi io per primo e poter fare qualcosa di diverso.

Sappiamo che la tua carriera inizia davvero molto presto… come è avvenuto l’incontro col pianoforte: colpo di fortuna, destino o avevi già le idee piuttosto chiare?

È avvenuto a 6 anni, idee chiare sul pianoforte non ne avevo, ma che avrei volute stare su un palco quello sì. Volevo fare il cantante o l’attore e proprio come terza ipotesi, lo scrittore. Volendo fare il cantante mi sono scelto uno strumento che potesse accompagnare la mia voce e così ho scelto il piano.

Se non fosse stato il pianoforte quale altro strumento sarebbe stato?

Ti risponderei la chitarra o fisarmonica così da poter accompagnare la mia voce, ma ammetto che non so immaginarmi con un altro strumento.

A chi ti sei ispirato maggiormente in ambito musicale?

Un grande esempio per me rimane sicuramente Miles Davis perchè ha continuamente cercato instancabilmente di suonare con musicisti diversi musica diversa. Non si è mai adagiato sugli allori e, pur facendo altra musica, concettualmente rispecchia il musicista che vorrei essere.

Tra le migliori esperienze sul campo cosa ricordi con piacere?

Ah questa è difficile. Ti dico la verità sono molto concentrato sul concerto che devo fare nel futuro prossimo o la sera stessa, difficilmente penso a quelli passati.

Un lato che ti risulta ostico nel tuo lavoro?

I soldi, tutto quello che riguarda i soldi. Parlare di soldi ti distrae dal fatto che quello che tu stai facendo non è un lavoro ma una passione. Non mi sono mai accorto che la mia passione fosse diventata un lavoro vero e proprio, già dalla maggiore età ero autonomo, ma senza dover apprendere un lavoro. Difondo sono ancora stupito che mi paghino. Conosco diverse persone che devono fare un lavoro per sopravvivere, io ho il grande privilegio di fare solo quello che mi piace.

Tra i maestri nella storia del jazz, Duke Ellington sosteneva che il jazz “deve essere vissuto perché non sente le parole”, Armstrong invece che “se devi chiedere cos’è, non lo saprai mai…”  Stefano tu come la vedi a riguardo?

Dopo che mi hai detto questi due nomi, risulta difficile aprire bocca, io penso sia un linguaggio. Una volta imparato dà molte soddisfazioni ed è un linguaggio che continua ad accogliere nuovi vocaboli. Il jazz ha la capacità di cambiare mangiando sempre qualcosa di nuovo.

 Leggevo di recente sul tuo blog che wikipedia affermava fossi nato a Carignano, nonostante tu sia nato a Milano. La facilità di divulgazione di false notizie è ormai all’odine del giorno. Tu che rapporto hai con la rete? 

Io ho un rapporto di totale sfiducia con la carta stampata, diciamo che ho segnalato questa notizia non tanto perchè io me la sia presa personalmente. Ma perchè trovo pericoloso che una notizia fasulla possa essere utilizzata con estrema facilità da numerosi giornalisti e non. Volevo lanciare un piccolo segnale nei confronti di una di quelle che è poi la fonte più utilizzata per l’informazione.

Il rapporto col pubblico italiano ed estero?

Dipende dalle serate. In Italia mi conoscono meglio, sono più affettuosi ma perchè mi hanno seguito in radio, tv, hanno letto il libro. Potrei dirti una banalità e non vorrei generalizzare ma in Sudamerica sono più calorosi che in Giappone. Ho detto una banalità ma è uno di quei luoghi comuni veritieri.

Che ci dici di “Joy in Spite of Everything”?

Il titolo viene da una citazione di Tom Robbins che è uno scrittore che amo molto e che è presente anche in altri titoli. Inoltre è un disco scritto interamente da me e ti dirò, era un po’ che non lo facevo. Poi è stato registrato ,“alla vecchia” senza tanti fronzoli, in un giorno solo, e devo  dire che alcune volte fa bene, ti riporta al motivo per cui volevi far musica ovvero: godere il momento.

Una curiosità su Stefano al di fuori di dell’ambito musicale?

Non pensavo di riuscirci, ma da gennaio non mangio più carne.

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