Music

August 11, 2014

Antiqua e la giusta curiosità

Alessandro Tommasi

Devo essere sincero:  non so davvero come iniziare questo articolo.

Alla fine il concerto di sabato sera è stato un bel concerto, ma nulla di eccezionale, non è accaduto niente di eclatante, niente di stupefacente. Non ho aneddoti buffi e divertenti da raccontare. L’unica cosa che mi ha scosso davvero è stata la curiosità. Ma procediamo con ordine.

Arrivato in sala individuo subito qualcuno con cui finalmente potermi sentire il concerto.

E’ il mio vecchio amico Piero, che non vedo dai concerti dell’anno scorso. Gioisco, questa sera non devo starmene da solo come un sociopatico, tentando goffamente di stringere amicizia con anziani e imbellettate signore di una certa età (goffamente per modo di dire, sono l’idolo delle vecchiette).

Il concerto di sabato  era un concerto che attendevo con grande curiosità. Poter sentire opere di due dei numerosi figli di Bach (due dei musicisti più importanti di loro, ossia Carl Philipp Emanuel e Wilhelm Friedemann) è una cosa rara e preziosa. Visto inoltre il legame che mi stringe a Carl Philipp Emanuel dopo aver studiato per un anno le sue Variazioni sul tema della Follia per clavicembalo, sono davvero contento di aver potuto esplorare alcuni dei loro brani nella loro varietà stilistica. Con questa curiosità e sapendo che avrei dovuto scriverci un articolo, ho vinto la pigrizia che mi impone di poltrire a casa e sono andato a concerto. L’ho detto e ripetuto infinite volte, Antiqua sceglie sempre ambienti splendidi per i concerti. Così nel salone del Palazzo Mercantile si stava davvero bene ad ascoltare bella musica suonata in maniera strana.
E questa è la curiosità che mi ha costretto a mobilitare contatti e lambiccarmi. Suonava tutto così strano!
I due solisti, violino e clavicembalo, andavano insieme, suonavano bene, non sembravano troppo preoccupati, per loro andava tutto bene, ma c’era qualcosa che non ci tornava, né a me né a Piero. C’era qualcosa di stonato.
Fin dall’inizio Chiara Banchini, la violinista, ha spiegato il perché delle loro scelte filologiche, il violino dietro al clavicembalo anziché davanti, per seguire i dipinti dell’epoca che lo raffigurano in quella posizione, l’utilizzo da parte di Carl Philipp Emanuel Bach del violino come strumento di accompagnamento, dando maggiore risalto al clavicembalo, addirittura la sordina sul violino nel secondo brano, il bellissimo Arioso in la maggiore per clavicembalo e violino accompagnato. Ma allora cosa sembrava così strano?

Ho valutato la possibilità che fosse la sordina appunto, ma quella c’è stata solo nel secondo pezzo. Forse l’archetto? Tosto scrivo a Sara (amica violinista) per sapere cosa cambia nell’arco barocco, per vedere se è quello. Ma l’archetto cambia il suono e il fraseggio, non l’intonazione, come anche Sara mi ripeterà poco dopo e l’archetto non mi sembra tanto diverso da quello standard. Dunque cosa?

Piero lancia la sua supposizione: forse è violino d’epoca.
Beh non sono così rari i violini d’epoca e non è la prima volta che ne sento uno, ma l’intonazione mi è sempre sembrata abbastanza normale (anche se accordati secondo il temperamento barocco) e il suono non così diverso. Ritenta, sarai più fortunato, Piero.
E in effetti ritenta ed è più fortunato: le corde di budello, supponendo che si scordassero più in fretta.

Ma la violinista non sembrava troppo preoccupata e non ha passato le ore a riaccordare il suo strumento, dunque eccetto qualche sistematina fra un pezzo e l’altro, andava evidentemente bene così. Dunque cosa?
In realtà erano proprio le corde di budello a fare l’enorme differenza, non tanto perché tendono a scordarsi più velocemente, quanto perché cambiano radicalmente il suono dello strumento, a tal punto da farlo apparire in alcune note decisamente stonato per il nostro orecchio. Ma il dubbio è ancora forte, l’unica soluzione è chiedere direttamente alla violinista post concerto.
Ero stanco, avevo voglia semplicemente di tornarmene a caso, ma, cascasse il mondo, non si rinuncia mai e poi mai alla curiosità. E così il mistero è risolto. Archetto preclassico, violino d’epoca, corde di budello e il gioco è fatto.

Per quanto riguarda invece il concerto, credo che i due picchi di interesse siano stati la Sonata in re minore per violino e clavicembalo Wq 72 di Carl Philipp Emanuel e la Polonaise e fuga in re minore per clavicembalo solo di Wilhelm Friedemann (in realtà due pezzi distinti ma eseguiti come se fosse un’opera unica).
Diciamocela tutta,  al violino solo il ruolo di semplice accompagnatore sta un po’ stretto. Ma i brani di Carl Philipp Emanuel sono soliti distinguersi per grande originalità rispetto ai suoi predecessori e a volte anche successori. E’ stato davvero bello infatti poter osservare in due come nel suo rondò egli sfoggi un gusto classico che ancora sa un po’ di barocco, dimostrando come in realtà tutte queste tare mentali di periodi rigidamente intesi son nostre e solo nostre. Personalmente ho amato molto più le armonie di CPE Bach rispetto a quelle di WF, che, molto più del fratello minore, mi è parso ancorato ad una maniera di comporre a lui precedente, per lo meno nei brani presentati ieri.

In generale questa è stata la mia esperienza di sabato. I concerti di Antiqua sono sempre belli, ma soprattutto sono sempre qualcosa di nuovo e vecchio allo stesso tempo, qualcosa capace di riportarti alla luce della sala da concerto opere di secoli e secoli fa, coperte dalla polvere del trascorrere del tempo, ma pronte a riprendere vita propria non appena eseguite di nuovo, dimostrandoci anche come non tutto ciò che viene dimenticato viene dimenticato per una giusta ragione.

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