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August 4, 2014

Sinestetico Strauben #10. Simiglianze

Mauro Sperandio

… e Dio disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza”… chi si somiglia si piglia… somegiarghe ai sui no ze mai malsimilia similibus curentur… la sovra-umanità delle divinità greche e latine, ovvero il loro essere come umani all’ennesima potenza, con ultra-vizi e ultra-virtù…

Nei bambini si cerca la somiglianza col parentado, nella cura del proprio aspetto molti si ispirano a personalità celebri, nella musica classica la citazione e la rielaborazione non sono rari (questa cosa della citazione e della rielaborazione nella musica moderna non è altrettanto gradita, si pensi alla causa intentata e vinta da Al Bano a Michael Jackson per il celeberrimo brano “I cigni di Balaka”…). La divertente attività di raccontare fandonie, arte che non conosce confini, per avere credibilità deve sottostare almeno un po’ al criterio di verosimiglianza, il racconto, nel suo fluire, deve lanciare delle ancore che (r)assicurino l’uditorio, abbindolandolo, facendo trovare delle somiglianze al vero. 

Guardando alla storia dell’umanità, pare che la somiglianza sia una condizione non banale, spesso apprezzata, pure ricercata. Credo che tutti, improvvisandosi discepoli di Lombroso, abbiamo catalogato delle facce secondo analogie più o meno razionali, oppure secondo caratteristiche ricorrenti.

Il nostro educatissimo e gentilissimo vicino ha tuttavia la faccia da teppista e grazie a questa “somiglianza con uno poco raccomandabile” lo abbiamo per un certo periodo evitato.

Le stagioni, come unità temporali e come luoghi amichevoli oppure ostili, sembrano plasmare il volto di chi -lontano dalle prigioni del lavoro moderno- vive immerso in questo pianeta, senza barriere.

Capitan Findus credo abbia decisamente l’aspetto di un uomo di mare, al di là della divisa che ne denuncia chiaramente il mestiere. Forse è il volto abbronzato dal riflesso del mare, oppure la barba che sembra una candida vela trattenuta da borose  e matafioni.

La salsedine ed il sole rendono le facce dei marinai simili alle coperte delle loro imbarcazioni.

E che dire poi degli “occhi del cacciatore”? Forse sarà suggestione, ma l’occhio del cupido guardatore sembra col tempo farsi più ferino di quello delle stesse prede.

Pare che l’amore per una persona, per un luogo, portino a somigliare ad essi.  E che dire di certi cani e dei loro padroni? Chi assomiglia a chi? 

Avete visto i due biondi innamorati della foto qui sopra? Personalmente, li ho in grande simpatia e con tale spirito ve li presento: sono i signori/e P-Orridge, rispettivamente -da destra- Genesis P-Orridge e Lady Jaye. Se volete informazioni su di loro (preannuncio che lei è defunta nel 2007), cercatele nel web; vi dico solo che lui è uno dei padri della musica industrial e nome illustre della videoarte, poeta, scrittore, cantautore e bodyartist. Lei, sua compagna di vita ed arte.

Entrambi, un progetto strano, bizzarro, “innaturale”, né giusto, né sbagliato, loro e basta.

 Ad un certo punto i coniugi P-Orridge -che in principio si “pigliano” ma non si “somigliano”- si accorgono che il loro amore li coinvolge in modo tale da volerli fondere, inglobare in una creatura terza, nuova, di cui ciascuno è parte per metà. Grazie alla chirurgia plastica, allo stesso parrucchiere ed alla stessa boutique, essi si plasmano a scambievole immagine, fino ad una buona somiglianza.

Dopo la morte di Lady Jaye, Genesis parla di sé al plurale, affermando che in lui c’è metà di lei e come molti altri vedovi/e, con la meravigliosa normalità di chi ha amato ed ancora ama, afferma che  lei è ancora motore ed energia per le sue creazioni.

-insomma, chi si somiglia si piglia e chi si piglia finisce per somigliarsi.

http://www.youtube.com/watch?v=QbkgK-eQqpk

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