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July 14, 2014

Anticorpi @ Bolzano Danza, va in scena la nuova danza italiana

Bianca Maurmayr
Tre progetti coreografici e quattro personalità artistiche emergenti: Riccardo Meneghini, Mara Cassiani e le pugliesi Lara Russo e Alessia Lovreglio, in arte Le Specifike. In collaborazione con la rete emiliana Anticorpi, Bolzano Danza per il secondo anno consecutivo dà la possibilità a giovani coreografi italiani di presentare le loro creazioni e di farsi conoscere in una rassegna dal respiro internazionale.

Nata nel 2006 come una rete di rassegne, festival e residenze creative nella sola Emilia Romagna, Anticorpi offre oggi alla nuova generazione di artisti un sostegno alla formazione, alla ricerca e alla produzione, e questo su scala nazionale. Riccardo Meneghini, uno dei coreografi coinvolti in questo programma culturale e che – nell’ambito di Bolzano Danza 2014  - incontreremo al Sottopalco del Teatro Comunale di Bolzano il 23 luglio alle h. 20 con il suo assolo Je me souviens“, ne parla come di un’opportunità unica: “Anticorpi mi ha permesso di incontrare i responsabili della danza italiana, di allargare il mio network di conoscenze ed essere invitato a fare il mio solo in diverse regioni, specialmente in Veneto”. Si tratta di una piattaforma di lancio, che permette di rendersi visibili al grande pubblico, ma soprattutto al pubblico specializzato, e che incita alla creazione di collaborazioni proficue poiché si è sempre “alla ricerca di persone che credono nel tuo lavoro, di modo da poter costruire e avere nuove e maggiori opportunità nell’ambito coreografico e performativo”.

Lo sottolinea anche Mara Cassiani, che fa parte per il terzo anno consecutivo di Anticorpi, e che vedremo a Bolzano Danza il 21 luglio alle h. 20 con il suo assolo “Uno su uno” : “il programma permette di entrare in contatto con le diverse linee di ricerca che si stanno sviluppando contemporaneamente alla propria, e oltre a ciò, è possibile entrare in dialogo con enti al di fuori della propria territorialità, così come è successo a me con Bolzano Danza – e così come continuerà a succedere, dato che nel 2015 tornerò a Bolzano Danza con un nuovo solo, Europa”. Quindi anche Bolzano Danza ha il suo importante ruolo in questo “sistema” di promozione culturale.Bolzano Danza-Mara Cassiani

La coppia tutta al femminile di Le Specifike, composta da Alessia Lovreglio e Lara Russo, in scena sul palco di Bolzano Danza il 17 luglio alle h.20 con “Allumin-io”, ricorda che “Il Festival è un’occasione di scambio e di comunicazione. Da tale programma emerge, tra le altre opportunità, quella di esperire il viaggio performativo non soltanto con i propri partner ed il pubblico relativo a ciascuna performance, ma anche con altre compagnie e realtà, delineando così una piattaforma di nuovi linguaggi”.

Quattro coreografi e tre creazioni, dunque, accomunati da una vetrina coreografica, e che si ritrovano qui, a Bolzano, a presentare il loro lavoro, accanto a figure illustri quali Preljocaj e Costanza Macras. Si tratta di tre performance molto diverse, eppure con un’attenzione comune: quella di parlare del corpo di oggi, della sua materialità, della sua spazialità, o della sua interiorità espressiva. Non si tratta di scrittura coreografica pura, per corpi addomesticati, ma ricerca, danza di ricerca, fatta di domande e di punti interrogativi.

C’è chi insegue la “plasticità, la sonorità, la luminosità” nel corpo dell’uomo e nella corporeità del metallo per rintracciare “la doppia questione della presenza/assenza e della liquidità identificativa sia sociale che relazionale” e messa in luce dalla creazione coreografica (Le Specifike).

C’è chi condivide quest’interesse per il corpo contemporaneo nella società odierna. Mara Cassiani, ad esempio, lo considera “un corpo contratto, che si è adattato a spazi mentali, deviando dall’evoluzione biologica”, e che allo stesso tempo è costretto dalle abitudini sociali, ambientali e culturali. Il progetto della coreografa pesarese di un corpo che cerca di muoversi in un metro quadrato di spazio, nasce proprio dalla mancanza di uno spazio dove poter sviluppare la propria ricerca. Una mancanza che anziché “essere fonte di frustrazione, è diventata elemento fondante della ricerca di questo pezzo: lo spazio minimo non solo ha condizionato la coreografia ma anche la nascita dell’opera allo stesso modo in cui condiziona la nostra vita e la nostra percezione del corpo, ogni giorno”.Bolzano Danza-Mara Cassiani

C’è anche chi preferisce un’indagine più intima, e personale, come Riccardo Meneghini, che aveva il desiderio di “dedicare un assolo ad un’amica, talentuosa danzatrice, mancata per malattia anni fa: Federica Mazzi. Mi sono ritrovato ad affrontare inevitabilmente il tema della perdita e di come sia difficile e necessario riuscire a capire ed accettare il ritmo costante ed incessante di nascita, vita e morte”. Una prospettiva rara, condivisibile o meno, che si ispira al Buddhismo di Nichiren Daishonin: secondo la dottrina del monaco giapponese, dopo la morte, le nostre vite ritornerebbero al vasto oceano della vita, proprio come una singola onda si alza e si abbassa nella vastità del mare. “Attraverso la morte – ci spiega il coreografo – gli elementi fisici del nostro corpo, così come la forza vitale fondamentale che sostiene l’esistenza individuale, ritornano e sono “rigenerati” nell’universo. Quindi non una stasi ma una situazione di sospensione prima di tornare al movimento, alla danza di una nuova vita”.

Il vuoto affettivo da una parte, il riempimento spaziale dall’altra; due coreografie in cui il corpo è protagonista, l’uno affondato nei ricordi e nei meandri della memoria, l’altro racchiuso in una cella invisibile. Il metro quadrato in cui si muove Mara Cassiani rafforza il senso di ogni micromovimento, e fa sì che “ogni gesto, che in una normale coreografia potremmo perdere, qui acquista valore coreografico”. È un processo che la danzatrice e il pubblico vivono insieme, di riadattamento del corpo allo spazio che gli viene offerto, e di riapprendimento ad abitarlo e a farlo proprio. “Si passa da una fase iniziale di stasi, di immobilità e di studio dello spazio, ad una fase di coscienza abitativa, dove il corpo impara a muoversi anche nell’impossibilità; io stessa, ogni volta che rientro in questo spazio, lo trovo inaspettatamente più piccolo di come il mio corpo lo ricordava, e solo in seguito ritrovo tutto lo spazio necessario al movimento”. È un progetto in cui però l’affettività e l’emotività della coreografa sono completamente assenti: in “Uno su uno“, il corpo non è più contenitore di una personalità definita, ma è “oggetto di studio scultoreo e dello spazio”. Sta piuttosto al pubblico il compito di relazionarsi con il lavoro, e di proiettare su quel corpo quasi nudo le proprie sensazioni, di angoscia o protezione, e le proprie esperienze vissute nella ristrettezza dello spazio (in bus, in ascensore, su di un marciapiede affollato).

Corpo di ricordi, corpo scultoreo, corpo materialmente assente in “Allumin-io“. Qui, i corpi di Lara Russo e di Alessia Lovreglio sono nascosti dalla fisicità del metallo alluminio, duttile e flessibile – materiale che ha risvegliato subito un interesse coreografico nelle due giovani donne. Sotto forma di vecchie lastre per la stampa dei quotidiani, l’alluminio nasconde al pubblico la presenza carnale delle due interpreti, ma ne rivela la presenza dinamica, poiché dietro a queste lastre, le due ragazze si muovono e le muovono, ne trasformano la silhouette, provocando così dei cambiamenti anche nello spazio scenico. “Se matericamente tale rapporto presenza/assenza si esprime con una assenza corporea delle due interpreti nell’attimo presente, ideologicamente, tale relazione incontra il suo significato in una riflessione sociale connessa alla liquidità, alla transitorietà, alla precarietà delle relazioni interpersonali in continua trasformazione, dove la presenza si rivela soltanto nell’assenza.”Bolzano Danza-Riccardo Meneghini

Anche l’assenza di Riccardo Meneghini ha dovuto trovare una sua realtà, grazie ad un oggetto col quale si potesse manifestare: il coreografo ha da subito sentito il bisogno di relazionarsi alla materialità della sedia, come luogo “su cui riflettere, fermarsi e finalmente affrontare il pensiero della perdita. Anche nell’immobilità possiamo trovare e leggere infiniti significati. Ascolto e ricordo, rivivere emozioni e celebrare gli incontri che abbiamo vissuto, il pezzettino di strada della vita che abbiamo percorso con qualcuno. Questi ricordi rimangono al di là del passaggio del tempo”.

Quattro persone, tre opere. Forse il nostro cercare un filo conduttore tra queste performance è riduttivo e forzato, e toglie il senso di unicità ad ognuna delle singole coreografie. Eppure, ognuna, nel suo difforme racconto, rispecchia tematiche che riguardano noi tutti. Anche in questo caso, un possibile filo conduttore è l’arte capace di farci fuggire quando siamo imprigionati in uno spazio troppo piccolo, nei nostri ricordi oppure nei ruoli che dobbiamo interpretare nell’ambito di relazioni fluide e precarie.

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