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May 13, 2014

The Wedding Enterprise. Part XII. The Music

Anna Quinz

Che poi uno pensa che quando si sposerà, nei mesi precedenti al grande evento, il mondo si fermerà, tutti saranno perennemente a disposizione, non avrete più da lavorare e sarete ogni giorno impegnati solo in assaggi di torte e prove abiti.
E invece no. Non è affatto così. Il mondo non si ferma, nessuno (dopo l’entusiasmo iniziale) vi caga più granché, e il lavoro invece che diminuire, aumenta. Prepotente. E così vi ritrovate a guardare la vostra agenda, cercando tra un meeting e un pranzo di lavoro, una mezzora per occuparvi delle bomboniere e di tutto il resto.

“Evviva, ti sposi!” – dicono quelli che ancora non sapevano (con tutto il tam tam che sto facendo, incredibile che ci sia ancora qualcuno che non lo sappia, ma tant’è). “Davvero? Mi sposo??” – dico io  che all’improvviso mi rendo conto che in 60 giorni scatta l’ora X e io, così incasinate tra lavoro e tutto il resto, nelle ultime settimane non ho fatto un tubo o meno di un tubo.

Comunque, ripresa in mano la to do list, quando esco dall’apnea, tiro un sospiro di sollievo quando incrocio la voce “musica”.

Sì. perché essere una che di musica non capisce una mazza, a volte, aiuta.
Anche su questa questione, se un po’ ne capite e non volete un matrimonio dove vige il religioso silenzio, potreste impallarvi per settimane.

Partiamo dalla chiesa, per chi si sposa in chiesa, come noi (in comune non so come funziona, non me ne sono occupata, per ora scelgo la chiesa, non credo mi ricapiterà di sposarmi in comune, dunque, è una conoscenza della quale farò a meno, per tenere un po’ di spazio libero nel cervello).

Dunque, ci sono due opzioni.
Opzione 1: canti di chiesa.
Opzione 2: altri canti.

L’opzione 1 è più tradizionale, classica, fa felici mamme papà, nonne, zie e naturalmente il celebrante. Ma a noi, a dire il vero, proprio non ci piace. Sarà che sono cresciuta cantando “Madonna Nera” e “Alleluia-allelui-a”, che forse oggi al matrimonio non me la sento di sentirmi come quando andavo al catechismo o al corso di ricamo dalle suore. Perché poi magari confondo in un transfer generazionale l’abito bianco nuziale in abito bianco da comunione e mi incasino sui ruoli. Si sa mai.

Dunque, opzione 2. Altri canti. E se come premesso di musica capisco una mazza, questa cosa da più difficile che potrebbe sembrare (quanti milioni di canzoni ci sono al mondo?) diventa più facile. Perché io – pacchetta sulla spalla a me – ho scelto il meglio. Cantante e piano che sono il top del top (non vi dirò chi sono finché non è tutto finito, questo ormai lo sapete, i miei segreti me li tengo fino all’altare) e che essendo il top del top, mi hanno consigliato a dovere. Così ho stretto il campo, capito il genere e lo stile (NO Vasco Rossi, NO ‘a canzune napuletana, NO canzoni d’ammore sdolcinate, NO rock’n’roll…), fatto qualche veloce incursione su youtube e – voilà – voce “altri canti” risolta.

Ora so che il mio duo top del top lavora alla faccenda, provano, cantano suonano e mettono tutto a posto, e io non dovrò più preoccuparmi di nulla, se non di avere l’attacco giusto per mettere avanti il primo piede davanti alla navata che mi aspetta (sperando di non perdere il ritmo, facendo affidamento completo su papà che spero abbia piedi più saldi di me, in quel momento).

[Tra parentesi, la marcia nuziale, mi dicono i miei pusher di informazioni matrimoniali (il solito duo top del top che di matrimoni ne ha visti di sicuro più di me), è out. Ma io avendo scelto il meglio, ho trovato la soluzione, tiè. Accontentando pure lo sposo che pure lui di musica capisce una mazza, ma aveva qualche idea e ce l’abbiamo fatta entrare.]

Dopo la questione chiesa, la più stringente questione festa. Se in chiesa la musica serve soprattutto ad aumentare il pathos e ad aiutare le lacrime timide, restie, quelle lì a metà strada, a farsi tutta la discesa occhio-collo, alla festa la musica è fondamentale, anzi, di più ancora. Se non è quella giusta, la gente non si diverte, se non si diverte non balla, se non balla non beve, se non beve non si scioglie, se non si scioglie non si diverte. E tutto riparte da capo in una globale spirale di insoddisfazione. Che dio ci scampi. Potrei morire se scattasse l’effetto “festa delle medie”: tutti li seduti intorno alla pista da ballo, a scrutarsi aspettando che il primo muova un piedino, poi una gambetta e un braccetto e finalmente decida di alzarsi e muovere timidi passi di danza sperando che gli altri lo seguano, invece di additarlo come “lo sfigato”.

Dunque, pure qui – altra pacchetta sulla mia medesima spalla – ho scelto il meglio. La meglio band sulla piazza, non solo nel giro matrimoni. La migliore in generale, quella che ti fa divertire, che altro che gambetta timida, questi qui se non fanno ballare pure la prozia 90 enne, chiedo indietro i soldi del biglietto! Insomma, una garanzia. Che poi sono pure bellini da vedere, fanno show, si divertono loro per primi, sono pure amici nostri, che volere di più?

Considerando che – per quel che ne sappiamo – tra gli invitati non ci sono zii aspiranti cantautori, cugini in lizza per X Factor e pronipoti che stanno facendo il corso di canto all’asilo, tutto dovrebbe essere sotto controllo. E di questi tempi, poter mettere una crocetta e un “fatto” nell’infinita to do list matrimoniale, è cosa buona e giusta. Ora posso brindare alla salute dei miei musicisti, tirare un sospiro di sollievo (veloce) e passare alla prossima voce della lista.

 

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