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April 25, 2014

Sacrificio: storia di amore e morte nella profonda provincia trentina (in formato romanzo, spettacolo e documentario)

Anna Quinz

Che meraviglia i paesaggi incontaminati delle nostre vallate, le montagne idilliache, l’eden ritrovato… ma quante storie drammatiche, violente, buie si nascondono dietro a questo eden?

Sacrificio è un romanzo di Giacomo Sartori che va a scavare proprio in questo “dietro”, grigio, doloroso, crudele. La storia è ispirata a un fatto reale accaduto una decina di anni fa nell’apparente tranquillità di un paese del Trentino, nella Valle dei Laghi: una coppia di giovani amanti, ammazza il marito di lei.

Da questo incipit narrativo si snoda il romanzo, dal quale è stato tratto un lavoro teatrale omonimo – scritto dallo stesso Sartori e diretto da Elena Galvani e Jacopo Laurino che hanno formato per l’occasione un gruppo di giovani attori non professionisti, portando avanti sotto il nome di slow theatre l’idea di un teatro profondamente legato al territorio.

 Dallo spettacolo, a sua volta è stato realizzato un documentario, di Riccardo Tamburini, che ne racconta il processo di lavorazione, il “dietro le quinte”, tra finzione e realtà. Sarà proprio il documentario a essere proiettato in anteprima durante il Trento Film Festival, il 27 aprile alle 21.15 nella sala 2 del Cinema Modena (in replica mercoledì 30 alle 15.30).

Proiezione che metterà a nudo non solo i passaggi della creazione teatrale, ma anche e soprattutto le nostre valli, le nostre montagne, il nostro eden, scenografia ignara di una terribile storia di sangue. Noi abbiamo intervistato Giacomo Sartori, autore del romanzo, per farci raccontare qualcosa in più.

Giacomo, la drammatica storia che lei racconta è ambientata nella “profonda provincia italiana”. Lei che idea si è fatto e che pensiero, trasportato poi nella sua narrazione, del sistema della provincia, di quel provincialismo dal quale tutti vorremmo sdoganarci, ma che ancora così fortemente ci attanaglia?

In particolare, questa storia parla della provincia delle alpi, ma potrebbe essere ovunque. Si tratta di luoghi aperti verso l’esterno, ma molto legati al passato e in questo caso per esempio all’immagine del Trentino invernale del bel tempo, ma poi sappiamo tutti che le zone turistiche sono anche il grigiume, il freddo e tutte quelle cose meno presentabili, come l’alcolismo. Sono aspetti meno evidenti, ma che sono parte integrante ed essenza della provincia stessa.

Ma oggi che i mezzi di comunicazione ci aprono al mondo, le cose non dovrebbero o potrebbero cambiare?

Ma no. La psiche umana si muove molto lentamente. C‘è questo mito del cambiamento e del progresso, ma sappiamo benissimo che ci sono eredità, anche nelle famiglie, che durano generazioni e generazioni, e che in realtà i cambiamenti sono molto lenti. C’è questa zavorra legata al funzionamento dell’individuo, poi facciamo finta di adattarci e di essere diversi da quel che siamo, ma alla fine lo zoccolo della cultura, anche non espressa, o la lingua, sono cose che non cambiano. C’è questa schizofrenia tra la contemporaneità e il passato, che spesso viene negato o anche rimosso.

Territori come questi vengono dipinti come idilliaci, paradisi terrestri dove venire in cerca di pace. Immaginare una storia di morte qui, stride, più che non pensarla in un ambiente metropolitano.

In realtà il racconto al quale pensa lei, è quello dei media. Gli etnologi e chi si occupa di territori descrivono il luogo turistico come molto problematico. Sono aspetti molto studiati anche da sociologi, psicologi. I problemi si conoscono, ma prevale la visione più superficiale dei media e della pubblicità. Ma naturalmente uno scrittore non pesca solo da quell’immaginario lì, va a scavare dove fa male, nelle cose più nascoste. Una cosa però non esclude l’altra, sono rappresentazioni parallele, ed esiste molta letteratura sulla parte grigia di questi luoghi. E comunque fatti di sangue, anche in Alto Adige, ne succedono tanti, basti pensare all’alto tasso di suicidi che parla da solo. E comunque, in generale, anche in questi luoghi, di fatti che colpiscono nel profondo ce ne sono eccome.

Sacrifio nasce come romanzo, diventa lavoro teatrale e poi documentario. Lei che è il “padre” di questa storia, come si è relazionato con gli altri linguaggi usati per raccontarla?

I registi del pezzo teatrale hanno chiesto a me di fare l’adattamento del testo, quindi sono anche l’autore. Loro hanno fatto la regia, servendosi di attori giovani e non professionisti, alcuni molto dotati, affiancati da due attori di una certa età e super conosciuti. Questa formula di affiancamento di attori esordienti e famosi è interessante. La loro poi è una scelta più naturalistica rispetto al mio testo, ma rimane una lettura intelligente e fatta bene. Il passo successivo ancora, è il documentario su quest’operazione teatrale che coinvolge i ragazzi, gli attori non professionisti. A questa parte del progetto però, non ho partecipato. 

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