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April 24, 2014

People I Know. Georg Zeller, uomo di cinema

Anna Quinz

Georg Zeller è cresciuto nella campagna intorno a Stoccarda. Ai tempi non c’era internet e per qualche strano collegamento ha saputo dell’esistenza di Zelig, la scuola di cinema bolzanina. Georg aveva due passioni: la medicina e il cinema. Ma “all’esame di ammissione qui – racconta – ho conosciuto gente che mi piaceva e così ho scelto con la pancia”. È iniziata da lì l’avventura nel favoloso mondo del cinema di Georg, avventura mai finita, visto che ancora oggi, il 40enne tedesco lavora nel settore, in grande sviluppo qui sul territorio. La prima esperienza lavorativa: assistente operatore in un grande telefilm girato ad Anterivo con Mario Adorf. Poi ha lavorato come operatore in televisione ma ha anche prodotto video e corti, in vari ruoli. All’inizio dei ’90, è arrivato il primo figlio e l’occasione di lavorare nella scuola Zelig, dove è rimasto per più di un decennio. Da poco ha cambiato lavoro, ora gestisce la sede locale di una società romana che noleggia attrezzatura per il cinema. Perché una passione grande uno se la porta addosso per sempre, come fa Georg che non si è mai accontentato semplicemente di “fare”, ma ha sempre cercato, per amore verso il cinema di “fare di più”. 

Georg, parliamo un po’ del sistema cinema Alto Adige, per il quale ti sei è speso in prima persona.

Il cinema è sempre stato fatto qui in Alto Adige, penso a Luis Trenker, per fare un esempio, e non a caso qui c’era una scuola di cinema prima che ci fosse qualunque altra infrastruttura. Io faccio parte di un gruppo di giovani filmaker che a inizio millennio ha deciso che ci voleva qualche input per dare nuova struttura al settore. Abbiamo creato un’associazione con l’obiettivo di creare un fondo per il cinema, abbiamo lottato e abbiamo convinto le persone giuste, che in tempi brevi ci hanno creduto e hanno realizzato una cosa bella e seria. Da quando esiste il fondo, è cambiato molto. Prima eravamo un gruppo piccolo, ci si conosceva tutti, anche quello di passo Resia che una volta aveva tenuto il boom in un film. La maggior parte proveniva dalla Zelig, nessuno si pestava i piedi, si collaborava. Oggi invece il mercato si è allargato, ci lavora tantissima gente, da posti diversi. C’è stata da un lato tanta professionalizzazione e dall’altra c’è ancora gente che muove i primi passi. Il mercato del lavoro non è più “simpatico” come una volta, è più duro ma questo è anche un bene, vuol dire che c’è lavoro. Ora il grande obiettivo è di professionalizzare ancor di più e di far capire che qui ci sono già professionisti di alto livello. C’è tanta gente che non si deve assolutamente nascondere, ne pensare di valere meno degli altri.

Nella tua lunga carriera, quale l’esperienza cinematografica più memorabile?

A me personalmente piacciono i set piccoli, mi piace lavorare con amici, gente a cui voglio bene. Per questo ho la passione per il documentario, dove si è in 4/5 e si lavora a stretto contatto. I grandi set dove sei uno fra 50 e dove tutti urlano, non mi piacciono tanto, anche se poi a livello di curriculum, puoi raccontare di aver lavorato nel tal film col tal regista. Le esperienze memorabili dunque sono quelle, dove inizi alle 9 del mattino e alle 9 del mattino dopo sei ancora lì. È sempre così, sia nel piccolo che nel grande set: quando inizi a lavorare entri in un altro mondo e la vita normale non te la ricordi neanche più.

E invece, vedere finalmente sul grande schermo un film nel quale hai lavorato, che emozioni ti provoca? 

È un casino… Una regista famosa diceva sempre che ogni volta che vedi il tuo film scopri nuovi errori, nuove cose che vorresti cambiare, senti ridere quando non era previsto o la gente muta su una battuta che per te era spassosissima… ti esponi molto in quel momento e dunque, è molto emozionante.

A prescindere dal cinema, la tua relazione con Bolzano?

Sono venuto perche mi piaceva. Ero stato qui da bambino e mi affascinava questo mix di mondi. Poi è diventata, anche professionalmente, la realtà giusta per me. Da giovane ho pensato che fosse un po’ strettina, ma effettivamente in quegli anni c’era solo un bar aperto dopo le 10 di sera… nel tempo è tutto cambiato. E da quando ho bambini ho trovato che questo è il posto migliore per la vita famigliare. Hai un’offerta incredibile sia culturale che sportiva. Certo quando viaggio mi rendo conto che ci sono nel mondo tante cose diverse, uno si abitua a quel che c’è, ma comunque mi piace vivere qui. Un aspetto molto positivo è poter vivere in 2 mondi, il mio universo si è allargato: posso vedere film in italiano e tedesco, leggere giornali in italiano e tedesco…

Qualche difficoltà ci sarà stata…

Non parlo tirolese, questo è il mio grande limite. Per i tirolesi sono sempre “straniero”. Alla prima parola, capiscono che non sono autoctono e mi rispondono in “Hochdeutsch”. Per tanto tempo avevo solo amici italiani, perché li era chiaro: parliamo lingue diverse, abbiamo culture diverse. Invece coi tirolesi pensi di essere vicino, ma in realtà non è così. La base linguistica è uguale ma tutto ciò che c’è dietro, fino al cibo, è davvero differente.

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