Music

April 16, 2014

Bologna Violenta a Bolzano, intervista allo storico Fulvio Cammarano

Marco Bassetti
Il concerto di Bologna Violenta a Bolzano del 24 aprile sarà aperto da un’introduzione storica sui fatti della Uno Bianca e sui neofascismi ad opera di Fulvio Cammarano: “Le vicende della Banda sono per noi molto istruttive sui mille volti del fascismo odierno”.

S’intitola proprio “Uno Bianca “, il quarto album di Bologna Violenta, uscito il 24 febbraio scorso. Un concept album composto da 27 tracce che ripercorrono altrettanti episodi della storia criminale dei fratelli Savi dal 1987 al 1994. Con Nicola Manzan, il polistrumentista trevigiano con diploma in violino che sta dietro al progetto, abbiamo scambiato due chiacchiere ieri al telefono: il risultato di questa conversazione prossimamente “su questi schermi”. Nel frattempo pubblichiamo l’intervista a Fulvio Cammarano, professore ordinario di Storia Contemporanea presso il dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Bologna, al quale è stata affidata dagli organizzatori – Unclevanja in collaborazione con il Comitato LAC Libertà Andiam Cercando – l’introduzione al concerto di Bologna Violenta a Bolzano: giovedì 24 aprile, a partire dalle ore 21 al Sudwerk.

Dal 1987 e al 1994, la Banda della Uno bianca commise 103 azioni delittuose. A 20 anni di distanza, come si possono inquadrare quei fatti dal punto di vista storico?

La Banda della “uno bianca” ha rappresentato un fenomeno criminale peculiare nella storia d’Italia in quanto si è potuta muovere per oltre sette anni in totale impunità uccidendo 24 persone e ferendone 102. Al di là delle caratteristiche sociali ed antropologiche dei protagonisti è proprio questa impunità a rappresentare il vero volto politico del fenomeno: le imprese criminali della banda poterono estendersi su scala quantitativa e qualitativa proprio perché riuscirono a far leva su caratteristiche solo apparentemente tecnico-professionali o burocratiche dei protagonisti, ma in realtà del tutto politiche, anche dal punto di vista culturale. Si pensi al fatto che due dei tre fratelli Savi erano poliziotti e quindi in grado di controllare le informazioni sulle indagini, all’incapacità degli inquirenti che pur possedendo tra il 1991 e il 1992 tutti gli elementi per arrivare alle conclusioni non riuscirono nell’intento.  Oltre 150 persone furono processate ed indagate erroneamente per le azioni della banda…

Si trattò d’incapacità o di altro?

Questi fattori denunciano ambienti politicamente inquinati e sprovveduti se non volutamente disattenti. Roberto Savi si era già segnalato per comportamenti violenti durante il servizio ed era noto per le sue propensioni razziste… Qui si colloca il tema del controllo della selezione e preparazione delle forze dell’ordine che rinvia al tema della vera natura della cultura politica delle alte gerarchie della polizia e dei carabinieri da cui tutto ciò dipende.

Le loro azioni erano mosse da una sorta di folle “gangsterismo” oppure da un vero piano criminale di impianto terroristico? 

Una banda composta da personaggi violenti e instabili psicologicamente è riuscita ad imporre con la violenza una propria legge, quasi una disciplina territoriale tra le Marche e l’Emilia. L’originario obiettivo delinquenziale si è così trasformato, attraverso il terrore e il controllo dall’interno del corpo inquirente, in un progetto d’imposizione di un proprio ordine criminale con cui si definivano leggi (chi resisteva veniva eliminato senza pietà) e gerarchie razziali (sparatoria contro ragazzi senegalesi, la strage al campo nomadi a Bologna).

Quali cicatrici hanno lasciato su quei territori quei truci delitti?

La memoria di quei delitti è ancora viva in quanto ebbero un carattere di peculiare e gratuita violenza.

Quelle vicende hanno qualcosa da insegnarci nella comprensione e nel contrasto dell’odierno diffondersi dei neofascismi?

Il fascismo oggi è soprattutto un metodo di sopraffazione attuato mediante l’uso indiscriminato della violenza e in quanto tale precede e spesso prescinde dalla finalità di creazione di uno specifico regime politico, accontentandosi di gettare le basi per convivenze civili basate sulla paura, sulla forza e sull’autoritarismo. In questo senso, quindi, le vicende della Banda sono per noi molto istruttive sui mille volti del fascismo odierno.

Ha avuto modo di ascoltare il disco di “Bologna Violenta”?

Non ancora.

Lo storico di professione quale giudizio dà ad un’operazione di questo tipo, al confine tra storiografia e arte?

Mi sembra un’operazione condivisibile da molti punti di vista: assume un linguaggio nuovo ed universale come quello della musica per mantenere viva la memoria, soprattutto tra i giovani, di fenomeni che, pur appartenendo al passato, ci riguardano ancora da vicino.

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