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April 14, 2014

BE NORMAL!: “un concentrato di tutte le giornate di merda possibili”

Anna Quinz
Ultimo appuntamento con gli Altri Percorsi del Teatro Stabile mercoledì 16 aprile è con lo spettacolo BE NORMAL di Teatro Sotterraneo. Un inno alla normalità? Forse si, ma forse anche no. Da vedere per scoprirlo.

Cosa fai per vivere? Ho visto le migliori menti della mia generazione domandarsi se ti pagano, quanto, quante ore al giorno lo fai, per quanto ancora pensi di farlo, lo fai perché senti di doverlo fare o lo devi fare per soldi? Ho visto le migliori menti della mia generazione perdersi e lasciar perdere. Ho visto le migliori menti e anche le peggiori guardare dritto negli occhi il proprio daimon e sparargli, tanto che me ne faccio. Se dovessimo fare uno spettacolo teatrale parlerebbe di questo, ci sarebbero due attori più o meno trentenni, un maschio e una femmina, sarebbero italiani, persone comuni, e dovrebbero farsi un gran culo sulla scena, provare in ogni modo a fare non si sa bene cosa, il pubblico dovrebbe provare pietà per loro, poi per se stesso, poi tutto andrebbe sempre peggio, sarebbe un disastro, e forse potremmo farla finita per sempre con la domanda ‘Certo, teatro – ma di lavoro?’”.

Queste sono le parole che introducono lo spettacolo BE NORMAL! di Teatro Sotterraneo (compagnia parte del progetto Fies Factory). Bastano queste righe, per capire che si tratta di un lavoro che tratta (e mette il dito nella piaga) un tema stringente dei nostri tempi e della nostra generazione. Ecco perché vale la pena vederlo, per aprire un ulteriore ragionamento su un problema comune a tanti, un destino dal quale è necessario sfuggire, invertendo il cerchio, trovando nuove vie, nuove soluzioni, nuove strade per vivere la propria professionalità. Abbiamo chiesto qualcosa di più a Daniele Villa autore dello spettacolo.

Daniele, BE NORMAL! é uno spettacolo sulla normalità? Se sì, cosa significa normalità oggi come oggi? Contrapposto a BE NORMAL! c’è BE LEGEND!. Normalità e leggenda, normalità e fama, successo, notorietà. Mi racconti qualcosa del tuo pensiero su questo binomio?

BE LEGEND! è uno spettacolo in cui coinvolgiamo tre bambini (che cambiano in ogni città) per ricostruire, in forma di docufiction, l’infanzia di alcuni personaggi iconografici (nel bene e nel male): Amleto, Giovanna d’Arco, Hitler. La specificità del personaggio è il centro del lavoro, la riconoscibilità “mitologica” che ci permettere di ricercare nel bambino alcune avvisaglie, anticipazioni, segnali dell’adulto che tutti abbiamo presente. BE NORMAL! invece pone al centro gli anonimi, sulla scena ci sono due attori che non sono nessuno in particolare e che vivono una giornata impossibile perché è come un concentrato di tutte le giornate di merda possibili. Il normale non è definibile se non come paradosso: normale è ciò che lasciamo che accada.  

Lo spettacolo incrocia il tema del lavoro giovanile, dove creatività e cultura non vengono sempre considerati quanto dovrebbero, professionalità ‘serie’ ma piuttosto giochi, divertimenti. Cosa e come si può cambiare secondo te – anche attraverso il teatro – questo sentire comune?

Se avessi davvero la risposta a questa domanda praticherei questa rivoluzione ogni giorno. Qualcosa forse cambierà, perché il lavoro immateriale sarà sempre più presente e decisivo, e le nuove generazioni dovranno padroneggiarlo per essere competitive, quindi passerà l’idea che le idee vanno pagate, e che le competenze relative ad esse sono lavoro e non hobby. Il punto è quanto possiamo influenzare questo processo di modo che si sviluppi in termini di cultura, altrimenti lo lasciamo al dominio del solo mercato, coi suoi criteri di selezione. Questo è il punto, credo. Però è un punto interrogativo, ecco.  

be normal teatro sotterraneoÈ anche un grido di allarme per un paese che non sa cogliere e trattenere i propri talenti, non accorgendosi che creatività e cultura potrebbero essere potenti motori di cambiamento?

Motore di cambiamento (per questo le scelte politiche vanno in altra direzione) e motore economico se concepito come investimento (per questo le scelte politiche vanno in altra direzione). Agli allarmi credo poco, ormai sono connaturati allo stato di cose presente e vengono lanciati da chi dovrebbe ascoltarli. Le sirene antiaeree non fermano i bombardamenti, ti avvertono solo di andarti a rintanare. Ci vorrebbe invece qualcosa che ti facesse male davvero, così che il bunker non basti più. Non lo so se oggi come oggi il teatro può rappresentare un simile “pericolo”, non lo so.

Quante volte ti è stata fatta la domanda: che lavoro fai? E come reagisci, come spieghi?

Milioni di volte. Rispondo teatro. Poi aggiungo “di ricerca”. Con alcuni estendo a “contemporaneo”. Con altri vario con “sperimentale” + “non quello col grande attore e il monologo in proscenio, piuttosto quello fisico, a volte pop, più vicino alla performance, in relazione con le arti visive e le nuove tecnologie…” e lascio dei puntolini di sospensione. Cerco di battere sul fatto che lavoro in circuiti professionali, nazionali e sovranazionali, che non è un passatempo ma qualcosa che coinvolge e appassiona migliaia e migliaia di persone in tutto il mondo, che ci lavorano e/o pagano un biglietto per sedersi in platea. Di solito però la domanda fondamentale è sempre “ma ci campi?”. E dal punto di vista della vita reale devo ammettere che questa è la domanda fondamentale. 

Cosa più di tutto vorresti che il pubblico si portasse a casa dopo aver visto BE NORMAL?

Jung dice che se non ci realizziamo la nostra vita è sprecata. Mi piacerebbe che lo spettatore uscisse divertito, stimolato, magari affascinato, ma anche scosso, inquietato, mi piacerebbe che la testa gli facesse come un click: “ecco, ma in effetti, io, cosa cazzo sto facendo del mio tempo?”. Ognuno poi ha le sue risposte.

A che punto del vostro percorso si colloca lo spettacolo ? E ora, dove va il vostro percorso? 

BE LEGEND! e BE NORMAL! Fanno parte del Daimon Project, un percorso biennale sul tema della vocazione, dell’immagine innata, delle attitudini. Vogliamo continuare a muoverci dentro questa ossessione ma ruotando il punto di vista. In ponte c’è un progetto che debutterà in estate (Santarcangelo), una coregia con un artista di Riga (Lettonia), Valters Silis. Lavoreremo su un progetto a cavallo fra Prima e Terza Guerra Mondiale, analogie e differenze fra la storia e il possibile. Dei milioni di soldati poco più che maggiorenni massacrati nelle trincee della Grande Guerra si parla spesso come di Lost Generation, fra i sopravvissuti c’erano – tra gli altri – Musil, Wittgenstein, Tolkien… quanti daimon abbiamo perso in quel conflitto? “Normal” è ciò che lasciamo che accada.    

http://www.teatrosotterraneo.it/ 

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