Music

April 14, 2014

Musica live a Bolzano (6), Bonagura: “Il Pippo è la struttura migliore oggi possibile in città”

Marco Bassetti
Con la sesta puntata della nostra inchiesta sulla musica live a Bolzano abbiamo raccolto la posizione di Sergio Bonagura, coordinatore dell’Arci di Bolzano, consigliere comunale in quota Pd e presidente della Commissione culturale del Comune. Un nuovo spazio per la musica? “Facciamo i conti con la realtà”.

Un invito a prendere in analisi la situazione specifica di Bolzano nel suo complesso, quello proveniente da Sergio Bonagura. La discussione sulla musica live a Bolzano, a suo parere, deve tenere in considerazione alcuni elementi strutturali (il bacino di utenza dei concerti, la ricca programmazione, l’annosa questione del disturbo della quiete pubblica) e congiunturali (la situazione di crisi e i conseguenti problemi di bilancio degli enti culturali), altrimenti rischia di arenarsi ancora prima di partire. Da coordinatore dell’Arci di Bolzano, Bonagura risponde alle critiche e difende con forza la programmazione culturale del Pippo, struttura gestita in collaborazione del Papperlapapp: “La nostra non è una struttura pensata per essere affittata a terzi: offriamo questa possibilità dal momento che spazi per la musica dal vivo in città non sono molti, ma non è la nostra ragion d’essere”. Da presidente della Commissione cultura del Comune di Bolzano invita gli operatori che spingono per la creazione di un nuovo spazio dedicato alla cultura giovanile a fare i conti con la realtà: “O c’è una strategia seria dietro, magari supportata da un’analisi di mercato specifica, oppure il nuovo spazio rischia di scontrarsi con tutte le difficoltà che affliggono le altre strutture che già ci sono nella nostra città”.

Il Pippo ha ricevuto critiche riguardo alla struttura e all’organizzazione della proposta musicale. Cosa rispondi?

Di anno in anno abbiamo assistito ad un rafforzamento della proposta. Siamo passati da 10-15 date nel 2007-2008, anno in cui il Papperla ha cominiciato a organizzare concerti, ad avere 30-45 date all’anno. A questi eventi musicali poi si aggiungono gli spettacoli di teatro e di cinema. La struttura nel complesso è impegnata circa 2-3 giorni alla settimana, mi sembra un buon risultato. 

Quindi la struttura ti sembra adeguata rispetto alla domanda proveniente dal territorio e dagli operatori culturali?

Per rispondere a questa domanda, secondo me occorre tenere ben presenti alcuni fattori determinanti che riguardano una città come Bolzano.

Il primo.

Come dimostrano diverse esperienze imprenditoriali, anche recenti, riempire uno spazio, anche piccolo, a Bolzano non è una cosa scontata. Il bacino di spettatori della musica rock dal vivo comprende 300-500 persone e queste persone non possono essere richiamate da un evento tutti i giorni. Poi, quando ci sono due eventi programmati lo stesso giorno, questo pubblico è portato a scegliere e a dividersi. 

Il secondo.

L’annoso problema del disturbo della quiete pubblica. Bolzano non è una citta con una lunga tradizione di musica live, ha iniziato a muoversi da 15-20 anni e, nonostante i piccoli passi in avanti, sente molto questo problema. Il Pippo da questo punto di vista è probabilmente la struttura migliore: vicina al centro storico e con un’ottima insonorizzazione per il fatto che è completamente interrata.

Insomma la migliore quadratura del cerchio possibile?

Dato il particolare contesto in cui ci troviamo, credo di sì. E credo anche che al Pippo debba essere attribuito un merito: quello, grazie al lavoro portato avanti in collaborazione tra Arci e Papperla, di aver contaminato i pubblici. Una volta sarebbe stato impensabile mischiare il “pubblico rockettaro”, radicato soprattutto nelle valli, con il “pubblico indie” della città. Il nostro obiettivo è quello di avere sempre di più un’offerta che parla a tutti. Poi non dimentichiamoci che lo “stage” è solo una parte della nostra attività: l’offerta del Pippo inizia con il “food”, prosegue con “chill” e si completa con lo “stage”. La musica è un aspetto importante, che connota fortemente la struttura, ma non è l’unico punto della nostra mission.

Quali sono i punti forti del progetto Pippo?

Prima di tutto la nostra struttura non ha una vocazione commerciale, la sinergia tra contribuzione pubblica e “auto-imprenditoria” seve per coprire i costi. Poi la struttura è sempre aperta per collaborazioni e ospitalità: Pippo è un luogo di promozione e produzione culturale aperto alle diverse realtà della città. Nella nostra programmazione cerchiamo di dare spazio a tutti, mantenendo un equilibrio tra attività prodotte da noi e attività svolte in collaborazione con enti e associazioni che, come noi, non hanno il lucro come finalità.

E alle proposte dei promoter attivi nel settore musicale che spazio offre il Pippo?

Non abbiamo una disponibilità illimitata e un calendario troppo fitto di eventi non è sostenibile. Quindi, coerenti con la nostra missione, privilegiamo le collaborazioni con le associazioni culturali senza fine di lucro. Non siamo una struttura pensata per essere affittata a terzi: offriamo questa possibilità dal momento che spazi per la musica dal vivo in città non sono molti, ma non è la nostra ragion d’essere.Musica live a Bolzano

Rispetto alla programmazione musicale, qual è la risposta del pubblico più giovane?

Da questo punto di vista, diventa centrale la questione dei generi. Su questo ha ragione Tachi, per anni abbiamo identificato la musica dal vivo con la musica rock in tutte le sue declinazioni. Ma oggi esistono altri generi, come l’elettronica e l’hip-hop, che hanno maggior presa soprattutto sul pubblico più giovane, generi che nelle programmazioni musicali non sono mai stati considerati centrali. Nel momento in cui al Pippo abbiamo iniziato a dare spazio a questi generi, la risposta dal parte del pubblico è stata molto buona. Si tratta di un pubblico che esprime esigenze diverse e modalità diverse di frequentare il luogo della cultura.

E con questo occorre fare i conti…

Certo. Pensare che le nostre sensibilità culturali e generazionali di player del settore debbano essere le uniche ad avere diritto ad un riscontro allontana, invece di avvicinare, i nuovi pubblici.

Da questo punto di vista, la creazione di un nuovo spazio dedicato alla cultura – modulabile e flessibile, capace di ospitare modalità diverse di fruizione – potrebbe avere un senso?

Dobbiamo sempre tener conto delle esperienze passate. A Bolzano c’è stata l’esperimento del Kubo, una grande sala che ha fatto la fine che ha fatto. Poi ci sono stati alcuni tentativi imprenditoriali che non sono andati a buon fine. Alla luce di queste esperienze e tendendo anche conto che l’offerta culturale complessiva in città è molto ampia, la proposta di aggiungere un altro spazio non mi sembra praticabile. O c’è una strategia seria dietro, magari supportata da un’analisi di mercato specifica, oppure il nuovo spazio rischia di scontrarsi con tutte le difficoltà che affliggono le altre strutture che già ci sono nella nostra città. In più, chi spinge per avere un nuovo spazio, non tiene conto di un altro aspetto.

Quale?

Che viviamo in una situazione di crisi. Se fino a qualche anno fa per il nostro target pagare 10 euro per un concerto era una cosa normale, ora non lo è più. Quindi oggi quello del pubblico che non affluisce è un grande problema per chi organizza eventi. Il dibattito in atto poggia su una contraddizione di fondo: da una parte si dice che le strutture non sono sufficienti, dall’altra si dice il pubblico non risponde. Un elemento esclude l’altro.

Quindi l’ipotesi di un nuovo spazio culturale non fa i conti con la realtà?

Oggi tutte le istituzioni culturali della città, dal Teatro Stabile all’ Orchestra Haydn, hanno raggiunto il limite fisiologico a livello economico. Quindi chi oggi dice che bisogna investire in qualcosa di nuovo, se vuole intercettare fondi pubblici, deve dire dove rintracciare le risorse. A livello di risorse pubbliche non abbiamo dati confortanti: se pensiamo al bilancio del Comune dei prossimi anni, ci troviamo di fronte a tagli dei servizi sociali e alla fatica a mantenere i servizi ordinari. In questa situazione pensare ad una nuova struttura, nella logica della contribuzione pubblica, significa fare la lista delle cose da chiudere. Se invece vogliamo cambiare le modalità con cui si gestiscono e si organizzano gli spazi,  credo sia venuto il momento che l’impresa privata faccia un passo avanti.

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