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April 11, 2014

Quando c’era Berlinguer

Andrea Beggio

Quando c’era Berlinguer… queste poche parole per evocare un’epoca in cui l’austerità era sinonimo di di virtù e  non teorizzazione ragionieristica consistente nel rubare ai (troppi) poveri futuro, salute, vita e diritti per consentire a pochi un’accumulazione ingiustificata di ricchezza e potere.

Forse uno dei pregi del  documentario di Walter Veltroni così intitolato, sta proprio nell’aver saputo spiegare come in realtà questo importante uomo politico sia riuscito a mettere in piedi in Italia il più grande partito di massa intorno ad importanti ideali quali: l’uguaglianza, la libertà e la solidarietà. La folla presente al suo funerale, non certo composta solo da militanti di partito, ne è la lampante dimostrazione. Un partito che aveva l’autorevolezza per rifiutare per esempio la messa in discussione della scala mobile, istituto  che verrà abrogato con la benedizione di Craxi, Amato e purtroppo anche dei sindacati.

Si potrebbe dire quindi che la morte di Berlinguer coincida di fatto con l’inizio di un periodo di progressiva e inarrestabile perdita, a livello politico, culturale e sociale di tutte le conquiste fatte dai movimenti di massa progressisti nel nostro paese.

Fino a qui tutto bene quindi….

Il documentario ha l’indubbia utilità di far conoscere attraverso i materiali di repertorio l’altissimo valore di questo grande politico, ma dall’altra parte, per una scelta di autoreferenzialità di Veltroni e per la scarsissima qualità di alcuni contributi, alcuni dubbi iniziano spontaneamente a farsi largo.

In primo luogo il caro Walter Veltroni, appoggiando la cosiddetta svolta della Bolognina (con le successive orrende mutazioni del grande partito dei lavoratori da PCI a PDS a DS … fino al renzianesimo di questi giorni), si trova ad una distanza siderale dalla politica di quegli anni, anzi, è proprio grazie a certi sdoganatori della precarietà che, per l’appunto, i ragazzi intervistati all’inizio del documentario, non hanno idea di chi sia Berlinguer.

Il personaggio è scomparso dalla memoria, perché nelle menti dei suoi successori, sono scomparse le sue idee. Dal documentario emerge quindi da un lato un Berlinguer che, portandosi appresso l’etichetta di comunista in un’Italia ottusamente bigotta e reazionaria, riuscì a raggiungere percentuali di consenso altissime, e dall’altro invece, per differenza un grande vuoto che è appunto in parte rappresentato dalla meteora Veltroni.

Un po’ come se Quo si mettesse in testa di scrivere la biografia di Walt Disney… o magari, sempre per restare in una dimensione di utopia… come se, per raccogliere delle testimonianze autorevoli su Berlinguer, intervistassi … che so… Iovanotti (la J non è refuso)… ma Veltroni, eminenza grigia della sovrastruttura culturale ideologica di questa nuova sinistra disimpegnata e fallimentare ma piena di amore e gioia di vivere è riuscito ad accontentarci regalandoci per ben 2 volte le preziose perle del famoso cantante Iovanotti (forse per i trotzkisti l’artista è più conosciuto con lo pseudonimo di Gino Latino). Se a quel punto avessero distribuito dei sacchetti per il vomito, avrei pensanto ad una performance di living theatre, ma ahimè ciò non è accaduto.

…. e mi sento ancora più triste quando vedo il compagno Berlinguer esalare i suoi ultimi respiri durante il suo ultimo comizio politico …. bzzzz….. bz…zzzzz…..

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