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April 8, 2014

Elisa Nicoli senza pesare sulla terra: “Il dentifricio me lo faccio da me”

Marco Bassetti
Nel suo nuovo libro “Senza pesare sulla terra”, pubblicato da Ediciclo, Elisa Nicoli narra la sua esperienza nel mondo dell’autoproduzione e della riduzione degli sprechi. La presentazione avverrà giovedì 10 aprile a Bolzano, presso l’Eco library del’Eurac. L’abbiamo intervistata.

Elisa si presenta all’appuntamento con una borsa fatta a partire da un ombrello. “Bello sarebbe” – le dico – “costruire un ombrello a partire da una borsa”. Difficile lo so, ma so anche che lei potrebbe farcela. Infatti da sola non si fa solo le borse, ma anche i detersivi e i cosmetici e anche il dentifricio. La casa? Se l’è arredata da sola senza spendere una lira, col passa parola, riutilizzando cose inutilizzate. Di queste e di tante altre cose parlerà giovedì all’Eurac a partire dalle 20.00, in occasione della presentazione del suo quinto libro, fresco di stampa. Le abbiamo chiesto qualche anticipazione. 

Come nasce la tua avventura eco-editoriale?

Laureata in scienze della comunicazione, non avevo nessuna intenzione di diventare giornalista. Volevo fare la documentarista e di fatto, tra le varie cose, lo sono anche diventata. Poi ho frequentato un master in comunicazione ambientale che mi ha portato a proporre alla casa editrice di Firenze Terra Nuova di distribuire un mio documentario. È così che ridendo e scherzando scoprono che faccio detersivi in casa e mi chiedono di scrivere un articolo: l’articolo, uscito a dicembre 2007, è stato un successo e da allora non ho più smesso. Il primo libro nasce su ispirazione di una serie di articoli scritti per Terra Nuova: “L’erba del vicino”, edito da Altreconomia, sulla raccolta di piante selvatiche.

Il secondo libro?

Dopo anni e anni di sperimentazioni e laboratori per adulti sui detersivi autoprodotti, “Pulizie creative”. 

Il terzo.

Sul riuso creativo dell’immondizia, “Questo libro è un abat jour”.

Quarto.

Nato a novembre dell’anno scorso, “100 cult in padella”, sull’autoproduzione di cibo industriale.

Ed eccoci alla tua ultima fatica, “Senza pesare sulla terra”. Come è nato?

Mi ero rivolta alla casa editrice Ediciclo perché volevo scrivere dei libri di viaggio: io cammino molto e mi piacerebbe camminare scrivendo. Questa era la mia idea, ma all’editore è sembrato più interessante che io scrivessi la mia storia.

Nel libro ripercorri un po’, in maniera autobiografica, alcuni dei temi trattati nei tuoi precedenti libri, aggiungendo però anche temi nuovi, come quello dell’abitare.

Sì, nel primo capitolo – “Abitare” – ho cercato prima di tutto di fornire al lettore le coordinate principali della mia vita, tra Bolzano, Padova e Roma. Ma poi affronto la domanda: come arredare? Quando ero studente abitavo in case già arredate, ma poi, una volta tornata a Bolzano, ho preso in affitto una casa completamente vuota, non c’era nulla, nemmeno la cucina. Nel libro racconto come l’ho arredata senza spendere un euro.

Gratis?

Mi ero messa in testa che in due settimane avrei recuperato tutti i mobili e così è stato. Grazie al passa parola tra amici e parenti. Su Facebook ho trovato il letto. L’armadio me l’ha lasciato la precedente inquilina. Ho comprato solo il frigo.

Il concetto, anche nel caso dell’arredamento, è che tendiamo ad accumulare un sacco di cose inutilizzate o a buttare via cose ancora funzionanti. E tutto sta nel saperle riutilizzare.

Esatto, questo è il concetto ecologico che sta alla base. Però dietro c’è anche un aspetto più esoterico, diciamo… ero talmente convinta che avrei trovato tutto, che effettivamente l’ho trovato. L’ispirazione mi è venuta dal libro “Vivere senza soldi” che racconta l’esperienza di una donna che da dieci anni ha eliminato del tutto il denaro dalla propria vita.

Quindi recuperare e riutilizzare, ma anche autoprodurre. Parlaci di questo aspetto.

Tantissime cose me le faccio da me, dai detersivi ai cosmetici ai vestiti alle borse al cibo, divertendomi come una matta. Il divertimento è un ingrediente fondamentale quando si parla di autoproduzione. Non dove essere vissuta come una fatica, altrimenti non si va da nessuno parte. C’è bisogno di un minimo di tempo e soprattutto di testa.

C’è qualcosa che ancora non riesci ad autoprodurti?

Il dentifricio me lo faccio da me, ma non sono ancora soddisfatta. Sui cosmetici ci sto lavorando, ci vuole tantissima scienza: per intanto so fare solo quelli base, scrub e cremine. Mia mamma mi dà grandi soddisfazioni, mentre mio padre non ha molto apprezzato la crema da barba. Un’altra cosa che voglio sperimentare in futuro sono le pastiglie per la lavastoviglie.

Parallelamente all’ecologia, nel libro affronti il tema della socialità attiva. Come si legano questi due aspetti nella tua esperienza?

Dopo anni e anni di solitudine in cui tutti mi guardavano male e mi davano della pazza, mi sono resa conto che bastava cambiare tipo di frequentazioni. Così ho trovato un sacco di persone che si esaltano come me con queste sperimentazioni. Motivarsi da sola è dura, lavorare insieme ad altri è tutta un’altra cosa. E la qualità della vita è infinitamente maggiore. La felicità l’ho trovata attraverso delle relazioni sane. 

Un po’ la conclusione di “Into the wild”, ma senza lasciarci le penne…

Esatto, “Happiness is real only when shared”. Questo è un po’ il succo di tutto il discorso. 

Foto: Matteo Vegetti – franzproduction

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