Music

March 14, 2014

Cotto e Giovanardi portano il Chelsea Hotel a Bolzano

Marco Bassetti
Massimo Cotto e Mauro Ermanno Giovanardi il 18 marzo al Teatro Cristallo di Bolzano faranno rivivere il mito del Chelsea Hotel, il più importante hotel della storia del rock. Un viaggio sul filo del ricordo, tra racconto e musica.

Dal Chelsea Hotel, sulla 23esima strada a New York, sono passati un po’ tutti: cantanti, artisti, scrittori e poeti. Lì Bob Dylan ha scritto lì “Sad Eyed Lady Of The Lowlands” e Leonard Cohen e Janis Joplin hanno consumato una breve storia d’amore. Arthur Clark ha scritto 2001: Odissea nello spazio e Sid Vicious ha accoltellato Nancy Spungen. In origine un condominio, poi trasformato in albergo, Chelsea Hotel è stato per lungo tempo un luogo magico, crogiolo di artisti e personaggi pittoreschi, sbandati e leggende viventi, dove “ogni storia aveva diritto di cittadinanza, anche quelle più assurde, grottesche, incredibili. Tipo quella che sostiene che in una notte di plenilunio dal giardino dell’ultimo piano è stato dissotterrato uno zombie”. A metà tra reading e concerto, lo spettacolo Chelsea Hotel ricostruisce questo grande affresco umano, tra storia e leggenda, amore e violenza, solitudine e senso di comunità. Grazie al racconto di Massimo Cotto, giornalista e autore radio-televisivo, e alla voce intensa di Mauro Ermanno Giovanardi, cantante dei Carnival of Fools e dei La Crus, le vite e le brucianti passioni di quegli straordinari personaggi che hanno fatto la storia del rock risplendono in tutta la loro accecante potenza. Ne abbiamo parlato con Massimo Cotto, che dello spettacolo è anche autore.

Come è nata la leggenda del Chelsea Hotel?

Per capire il successo del Chelsea Hotel la figura del proprietario, Stanley Bard, è fondamentale. Ti permetteva di rimanere nell’hotel anche se non avevi soldi per pagare l’affitto a patto che tu fossi un artista. Questo ha creato un enorme giro di artisti, più o meno conosciuti, più o meno affermati. Chelsea Hotel è stato per molti anni un punto di ritrovo fondamentale. Per me raccontare questa storia ha significato raccontare un mondo che non c’è più, un tempo in cui si viveva davvero di musica, in cui era molto facile che musicisti, scrittori, poeti ed artisti collaborassero insieme in maniera del tutto spontanea e informale.

Come hai lavorato alla scrittura dello spettacolo?

La prima volta che sono stato al Chelsea Hotel è stato con Battiato nel 1999, in occasione del suo primo concerto negli Stati Uniti, alla Town Hall di New York. Lui era ospite dell’Hotel Michelangelo e io invece mi piazzai al Chelsea Hotel. Passando molto tempo lì, ebbi molto tempo per conversare con il proprietario, ma anche con il portiere, e raccolsi un sacco di storie meravigliose. Quelle storie ho deciso di ritirarle fuori quando l’hotel è stato chiuso, non era possibile che venissero dimenticate…  Allora sono tornato a New York, ho comprato tutti i libri che ho potuto trovare sull’argomento e, mettendo insieme i libri con i racconti diretti delle persone, è nato lo spettacolo.

Perché per la cornice musicale dello spettacolo è stato scelto Mauro Ermanno Giovanardi?

Perché Mauro è perfetto, il perfetto anello di congiunzione tra rock e canzone d’autore. Poi ha dentro di sé quel fondo di tristezza, quella voce un po’ dolente che s’intonano perfettamente con l’atmosfera che si respirava al Chelsea. Da questo incontro si è creata una magia speciale e poi è nato, come dice sempre Mauro, uno spettacolo fortunato… lo spettacolo ha girato tanto, più di 30 date, 25 città. La struttura dello spettacolo è molto semplice, ma penso tocca corde profonde. E poi noi ci divertiamo tanto a portarlo in giro.

La lista degli ospiti del Chelsea Hotel è infinita e strabiliante, da Bob Dylan a Jack Kerouac, da Patti Smith a Sid Vicious, da Dennis Hopper a Iggy Pop, da Edith Piaf a Dee Dee Ramones … Ma a quale di queste storie ti senti più affezionato?

La storia d’amore tra Leonard Cohen e Janis Joplin, poi rievocata da Cohen nella canzone “Chelsea Hotel # 2”, è quella che mi ha sempre colpito di più. La storia fugace di due solitudini che s’incontrano davanti all’ascensore racchiude in sé tutta la poesia del Chelsea Hotel. L’incontro amoroso che durò solo due ore tra il più grande dei poeti in musica, perché per me Cohen è superiore persino a Dylan, e la donna che “cantava con l’utero” è emblematica di tutta una storia, di tutta un’epoca straordinaria e forse irripetibile.

Cos’è adesso il Chelsea Hotel, tutto finito?

È stato venduto ai giapponesi che lo stanno trasformando in un mega-residence di lusso, un luogo in cui si respirerà sicuramente ricchezza ma in cui non si respirerà più la leggenda di un tempo. Io non riesco a capire come non abbiamo voluto se non altro preservare quella grande storia: potevano trasformarlo in qualcosa di diverso, ma mantenerne almeno in parte la struttura. Forse è un segno dei tempi. Non sono una persona nostalgica ma questo triste epilogo fa molto male.

Ecco, parliamo di nostalgia. Davanti a questi racconti, è molto difficile non farsi catturare dalla nostalgia, no?

Hai ragione, ma a me non piace molto il termine “nostalgia” perché indica un desiderio di vivere nel passato. Credo molto nel valore dei ricordi se questi aiutano a vivere meglio il presente. Non dimenticare quanto di grande è successo un tempo ci aiuta a guardare avanti con fiducia. Comunque hai ragione, se pensi a cosa è successo al Chelsea Hotel in trent’anni di vita non può non venirti un po’ di nostalgia. Per me che faccio questo lavoro, pensare che in quell’epoca era normale per un giornalista incontrare le tre J, Jim Morrison, Janis Joplin e Jimi Hendrix, fa ovviamente un certo effetto. È stata un’epoca pazzesca!

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