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February 18, 2014

Cradle Rockers #70. Nella cameretta: il caos

Gloria Gaio


Nella cameretta: il caos. Sembra che qualcuno abbia dato l’ordine di scatenare l’inferno. Guardo le due A e respiro profondamente. 

“Adesso mettete tutto in ordine”

“Ma non ci riusciamo… Da sole…” (Amelia incarna sempre la voce del duo)

“O mettete tutto a posto o domani niente calze” 

Mi spiace minacciare, ma a volte non c’è soluzione. E l’unica cosa che funziona adesso ė questa.

“Pantaloni blu!”

Questa magica parola, “blu”, fa scattare come una molla la Terribilessa, che inizia a riordinare i giochi. Anita la segue.

“Ma uffa…”

“Dovete trattare bene i vostri giochi, altrimenti poi si rovinano o si rompono e non potete più giocarci” (una bella ramanzina…)

“Stai calma, dolcezza.” Ha pure la manina alzata, Amelia.

Nella rassegna di giochi, vedo la puppe (a pezzi) e penso che sia giunto il suo momento: “ragazze, questa puppe è troppo rotta, dobbiamo buttarla via, va bene?” 

Seguita da Amelia, accompagno la bambola in balcone, nel sacchetto della spazzatura.

Dopo qualche minuto… 

“Mamma… Maaaaamma!!”

“Dimmi Amelia”

“Mamma… Ma io AMAVO quella puppe!”

“La AMAVI?”

“Si”

“E come mai le hai staccato la testa?”

“Ma… Ma non sono stata io.”

“Ah no.”

“No.”

“E chi è stato?”

“È stato Emanuele!”

“Amelia, non è vero. Ricordo benissimo che un giorno eri arrabbiata e sei entrata in camera tua. Poi ho sentito un grugnito e dei rumori e sei uscita con la testa della puppe in mano dicendomi che si era staccata da sola.”

“Mmmmmh….” Mi guarda truce.

Finita li. La storia dell’amore verso la puppe più strattonata dell’ultimo anno (fu un regalo di Natale 2013) finisce con la puppe squartata e cestinata: un braccio, la testa e il corpo. Non aveva nome. Era una sbrodolina che non ha mai sbrodolinato. Negli ultimi giorni Anita continuava a volerla riaggiustare. No way. Guardo Anita, che ha il moccolo perenne, altro che sbrodolina, e capisco perché li chiamano “mocciosi”. 

“Mamma-moccio!”

“Arrivo!”

E intanto con la linguetta se lo risucchia.

“Che schifo, Anita”

E lei ride, o soffia il naso senza fazzoletto.

“Lanita non capisce niente, ė una zucca” dice Amelia con fare da maestrina. E la chiama proprio così: Lanita. 

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