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February 14, 2014

Emanuele Guidi: Bolzano, arte contemporanea, responsabilità e la nuova arge/kunst

Franz

È “dei nostri” da poco tempo, eppure è già entrato a far parte del DNA dell’arte contemporanea bolzanina. Lui è Emanuele Guidi, 35 anni, di Massa Carrara ormai da tempo basato a Berlino, curatore indipendente e ora anche direttore artistico di ar/ge kunst, uno dei più interessanti spazi per l’arte a Bolzano. Fin dall’estate scorsa, quando per le prime volte veniva in Alto Adige, Emanuele ha subito cercato di entrare in dialogo e relazione con il territorio, incontrando, conoscendo, girando. Oggi, a qualche mese di distanza, è come se qui ci fosse sempre stato. Raccolta l’eredità dell’ottimo predecessore Luigi Fassi, Emanuele ha conquistato il suo spazio proponendo in modo chiaro – attraverso il suo lavoro nella galleria – la sua idea dell’arte, la sua ricerca, le sue visioni.
L’abbiamo incontrato, per farci raccontare di tutto questo e di tanto altro.

Emanuele, ormai hai due mostre bolzanine all’attivo ed una in corso ma sei ancora molto “fresco” nella tua esperienza in Alto Adige. Quando hai avuto la notizia del nuovo incarico alla ar/ge kunst, come ti sei preparato? Come hai pensato di relazionarti e avvicinarti a questo particolare territorio?
I tempi sono stati brevi: sono stato nominato a fine maggio 2013 e ho realizzato la prima mostra a inizio settembre. In questi tempi brevi ho voluto fare la cosa più naturale: presentarmi. Dunque i primi 2 progetti – che sono stati presentati sotto il nome di Prologue – volevano essere una premessa, un’apertura. Mi sembrava corretto aprire lo spazio facendo vedere quale fosse il mio background, quali i temi che m’interessano e quali i temi che – credo – riuscirò a sviluppare nei prossimi 3 anni qui ad arge anche in rapporto con la città. Mi ha interessato da subito il senso di comunità che esiste qui e per questo a questo tema ho dedicato la prima parte del prologo, presentando il lavoro di Stephen Willats, che mi ha formato, a fianco a quello di artisti più giovani e che secondo me hanno il giusto approccio verso l’idea di comunità. Nella seconda parte del prologo invece ho presentato un progetto più rivolto al paesaggio: in che modo il paesaggio può formare le modalità nelle quali una comunità si muove e cresce? E come di conseguenza il paesaggio può formare l’individuo, in primis l’artista? In questo, la figura di Gianni Pettena, è centrale.

La mostra che abbiamo aperto nel 2014 è la prima di una serie di solo projects: l’artista olandese Falke Pisano che ho invitato in una collaborazione a quattro mani con il collettivo editoriale Archive Books. Tengo molto a questo progetto perché sviluppa un’altra dimensione già iniziata nel “prologo”, che è quella della relazione tra pratica artistica e pratica editoriale. Allo stesso tempo è sia un progetto di ricerca sul rapporto tra soggetto e collettività sia una collaborazione che cerca di espandere l’idea di mostra come formato di presentazione. Il progetto si articola in tre parti: una struttura/scultura centrale, organizza lo spazio ed il tempo della galleria attraverso tre configurazioni differenti e, di volta in volta, anche i contenuti che questa ospitano, variano. Sicuramente è un progetto complesso che richiede anche una certa attenzione e partecipazione da parte del pubblico.

argekunst_ph ivo corràQuali erano, e sono, invece le tue aspettative e le progettualità?
Ho trovato un ambiente molto accogliente. Ospitalità è una parola che mi piace usare rispetto a Bolzano ed è un valore che condivido e che vorrei fosse centrale nel lavoro che faccio e farò qui alla ar/ge kunst. Sto cercando di capire quali sono i modi per sviluppare questo tipo di ospitalità in una istituzione per l’arte contemporanea. Mi piacerebbe dare anche una dimensione spaziale a questa idea. Quel che vorrei fare nel 2014 è invitare artisti ad agire nella prima stanza della galleria e dare alla seconda stanza una caratterizzazione di luogo d’incontro. Perché credo che un luogo per l’arte contemporanea debba avere anche questa responsabilità, quella di farsi spazio fisico per il dialogo. Abbiamo già organizzato due eventi discorsivi, il 22 di Febbraio avremo un workshop-performance con il duo Curandi Katz che partirà dall’atto di produzione di un libro per riflettere sulle modalità di circolazione di informazioni oggi. Mentre il 14 di Marzo ci sarà una lecture-performance di Falke Pisano e Paolo Caffoni di Archive Books. Vi invito a partecipare!

Hai parlato di responsabilità. ar/ge kunst è una galleria pubblica e pertanto ha una grande responsabilità verso la comunità. Nel contempo, si è sempre distinta, facendo un lavoro intelligente, attento, curioso, ma non sempre facile. Dunque, spesso è stata percepita come luogo “difficile”. Tu come pensi si possano conciliare responsabilità verso la collettività e livello curatoriale alto?

Credo che le cose debbano andare di pari passo. Io cerco di invitare gli artisti a ragionare sul loro percorso, ma anche a far sì che le loro produzioni (quelle fatte apposta per arge) entrino in relazione con la città, trovando appigli, punti che possano facilitare la comunicazione con la comunità. Uso spesso la parola “references” – un’espressione che viene da Stephen Willats, uno degli artisti del primo prologo bolzanino – e che spiega come la ricerca di queste references (fonti) comuni con il pubblico sia centrale per creare una comunicazione e dialogo con esso. Ed anche se questi punti di contatto sono estremamente lontani, sono comunque possibili chiavi di accesso per produrre un terreno di incontro. Da qui è possibile cercare di espandere il dialogo. Certo non è semplice e certamente  deve essere un processo bi-laterale.
Comunque credo che ar/ge kunst abbia le dimensioni e lo status di uno spazio che debba fare principalmente ricerca. È vero che è uno spazio pubblico, è vero che ha determinate responsabilità verso la comunità – che però sono diverse da quelle per esempio di un museo, che ha la struttura e la possibilità di implementare una forte mediazione. Credo che ad ar/ge kunst sia necessario continuare a fare ricerca sul linguaggio dell’arte e che questa debba rimanere una delle sue priorità.

Bolzano e l’Alto Adige sono territori spesso auto centrati, dove si tende a mettere “alla testa” delle istituzioni culturali persone locali e localmente conosciute e riconosciute. Tu in questo senso, oltre alla responsabilità di dirigere uno spazio di ricerca, hai in più il fatto di essere “lo straniero”. Tu già hai dimostrato la volontà di diventare parte della comunità, frequentando spazi ed eventi, incontrando persone, entrando in relazione. Dunque questo dell’estraneità di origini è un problema che ti poni?

Ci sono tanti modi di diventare parte di una comunità. Chiaramente c’è una mia curiosità di fondo, voglio conoscere questo territorio, entrando in relazione con varie realtà. Il board e la presidenza di ar/ge kunst già con la precedente direzione artistica di Luigi Fassi, avevano già trasgredito a questa “regola” non detta secondo cui il direttore debba essere locale. Mi sento dunque anche in dovere di rispondere a questa scelta, continuando una ricerca iniziata prima di me e continuando un dialogo anche con altre città, come per esempio Berlino, dove vivo. Credo che il board di ar/ge kunst voglia spingere in questa direzione. Chiaramente il dialogo sulla città è fondamentale, ma con il giusto equilibrio.

argekunst_ph ivo corràBolzano è una città che ha una relazione conflittuale con l’arte contemporanea. Da un lato c’è una forte volontà di internazionalizzarsi di stare al passo con il mondo, dall’altra spesso qui si pecca di provincialismo. Tu che ne pensi?

Io vengo da Massa Carrara che è provincia per eccellenza. Dunque so cosa vuol dire avere un rapporto conflittuale con arte e cultura contemporanea e credo che lì sia molto più estremo di quanto possa essere qui a Bolzano. Il provincialismo di cui parli inizio a capirlo forse ora, ma non credo sia un problema di Bolzano in particolare. Ogni luogo lo ha, qui non l’ho sentito così forte, anche se ne sento parlare molto dalle persone. Forse lo sentite più voi. Ci sono un certo numero di operatori nel sistema dell’arte che peccano dei loro provincialismi, ma credo che Bolzano abbia un grande potenziale. Qui ho trovato più di quanto mi aspettassi. La sfida per me è anche capire qual è il percorso che ar/ge kust deve fare, in autonomia rispetto ad altri enti e situazioni che fanno il loro personale discorso sull’arte contemporanea, ricavando ognuno il proprio ambito di azione. Provincialismo non è dunque una parola che userei, Bolzano è già molto aperta. E poi l’arte è un settore di nicchia di per sé, per definizione, ed è una sfida che va avanti ovunque, da New York a Berlino. Siamo una piccola sfera all’interno del campo più ampio che si chiama cultura, e bisogna dunque lavorare molto e in molti modi differenti.

Photos by Ivo Corrà

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