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January 17, 2014

Ancora qualcosa da dire sulla (geniale) campagna #coglioneno

Anna Quinz
Giovane, creativo e freelance si, ma #coglioneno. Una geniale campagna virale di video che da giorni impazza nel web unisce le voci di tanti professionisti. Ma il loop del "non c'è budget per questo progetto", pone alcune - tristi - domande in un sistema paese tutto da rifare.

Ormai ha fatto il giro del web, andata e ritorno, e il ritornello (oggi hashtag) #coglioneno è ormai sulla bocca di tutti. Meritatamente. Perché chiunque faccia un qualche tipo di lavoro creativo, indipendente, da freelance, da libero professionista e simili, quando ha visto i video lanciati su youtube da Zero (video peraltro tecnicamente di altissimo livello), ha urlato (dentro di sé, ma magari anche fuori): “è vero! È vero! È proprio così che mi dicono sempre! (e io, appunto, non sono un coglione, ecchecazzo!)”

E così l’effetto #solidarietàcollettiva, o quello #l’unionefalaforza hanno fatto il resto. Perché è proprio così, innegabile, sacrosanto, più vero del vero. Quel che bisogna sperare è che i video non siano girati solo tra soggetti solidali, tra coloro che fanno un qualche tipo di lavoro creativo, indipendente, da freelance, da libero professionista e simili. Perché sentirsi rappresentati e avere una voce è importante, anzi fondamentale, ma il messaggio dovrebbe arrivare soprattutto un po’ più in alto, lì dove ci sono i politici che per questa categoria sociale non fanno nulla, per quelli che certe cose all’idraulico non le direbbero mai, ma a tutti noi le dicono praticamente ogni giorno.

Però, dopo la prima reazione “bravi!”,  “finalmente!”, “così si fa!” e via dicendo, io mi sono fermata un attimo a pensare e mi è venuta in mente una cosa. Molto triste, a dire il vero.

Noi di franz siamo esattamente quella categoria di cui sopra: siamo un’impresa creativa composta da giovani che fanno un qualche tipo di lavoro creativo, indipendente, da freelance, da libero professionista e simili. Dunque, noi come gli altri le frasi del video le abbiamo sentite mille volte, in mille varianti e variabili, in mille contesti e situazioni. La cosa triste però, è che la fatidica frase “per questo progetto non c’è budget” e tutto quel che segue, noi, l’abbiamo anche detta.

E qui scatta la vergogna – prima – perché guardando i video, l’idraulico siamo noi, l’altro è il nemico da combattere, e la rabbia – poi – perché io non voglio essere il nemico. Questo secondo me è l’aspetto più triste e amaro dei tre geniali video di Zero: il farci rendere conto che siamo totalmente immersi in una spirale viziosa, che ti porta ad essere il buono della storia oggi e il nemico domani. Un #gattochesimordelacoda, un #circolovizioso eterno. E così parte il ritmo perenne che ci mangia e schiaccia tutti (o almeno molti):

  1. sono un freelance e magari decido di fare impresa, perché ho un sogno, ma anche per far crescere il paese – perché no.
  2. tu grande impresa/cliente/ecc hai bisogno delle mie competenze professionali ma non hai budget per me, perché tanto io mi diverto, lo metto in curriculum e via andare.  
  3. Io con la mia impresa sto alla canna del gas.
  4. Ho un progetto, che è una figata, davvero e mi serve un collaboratore.  
  5. Vedi punto 3.
  6. Io giovane imprenditore freelance di belle speranze, mi ritrovo a chiamare un altro giovane imprenditore freelance di belle speranze e a dirgli che non ho budget per lui (che lo mette in curriculum e che si diverte, almeno questo ho la decenza di non dirlo).
  7. Le imprese alla canna del gas ora sono 2.

Il meccanismo è malefico e malato. Non aiuta la creatività (che insieme alla bellezza potrebbe salvare il mondo, secondo me) né tantomeno l’economia. Un disastro annunciato, di cui tutti siamo involontari e sofferenti complici. La macchina si incastra, si rompe, si blocca. E trovalo tu un tecnico disposto ad aggiustarla. Perché si sa, per questo progetto – ahimè – non c’è budget. 

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There is one comment for this article.
  • Serena Osti · 

    La questione è reale oggi più che mai, credo serva innanzitutto abbattere la crisi sociale che imperversa nelle teste degli italiani, che si ostinano a credere nelle glorie di un passato che non c’è più (Roma antica, il Rinascimento e il boom economico degli anni 60-80) e non hanno il coraggio di affrontare il presente nè lasciare che coloro che ne fanno più parte – i giovani – possano costruire una nuova società.

    Per approfondimenti sullo stato delle economie creative consiglio l’inchiesta di Brave New Alps/Cantiere per Pratiche Affermative: http://www.pratichenonaffermative.net/inquiry/en/, progetto parte del dottorato di Bianca Elzenbaumer alla Goldsmith University di Londra http://www.designingeconomiccultures.net/. Per iniziare invece a lavorare sullo spirito, consiglio a coloro che ritengono di averne bisogno l’intelligente manuale di self-help di Julia Cameron http://www.ibs.it/code/9788830414433/cameron-julia/via-dell-artista.html.