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January 15, 2014

Alessandro Gassmann e Riccardo III: “un cervello senza un cuore non va lontano”

Anna Quinz
Torna a Bolzano Alessandro Gassman: il suo Riccardo III è una miscela tra Frankestein e il clima gotico di Tim Burton. Un Riccardo cinematografico e profondamente immerso nella contemporaneità. Un Riccardo che parla di conquista del potere e del nostro presente. Attuale come solo Shakespeare sa essere. Al Teatro Stabile di Bolzano dal 16 al 19 gennaio.


Ancora una volta mi ritrovo in piena “ansia da prestazione”. Nel mio telefono ho il numero di cellulare di Alessandro Gassmann, ho con lui un appuntamento telefonico, sto controllando che telefonia e registratore funzionino alla perfezione e mi sto chiedendo se le domande preparate per lui sono quelle buone. 
Gassmann torna a Bolzano portando con sé un classico dei classici: Riccardo III di William Shakespeare (peraltro uno dei personaggi shakespeariani che preferisco). Una rilettura la sua assolutamente immersa nel contemporaneo, che anche grazie alla trasposizione fatta da Vitaliano Trevisan diventa un testo più adatto all’oggi di qualsiasi cosa scritta, che so, ieri.
Ecco cosa mi ha raccontato, con la sua voce densa e profonda, al telefono, Alessandro Gassmann.

Alessandro, dopo diversi lavori contemporanei, perché Shakespeare? E perché proprio Riccardo III?

Shakespeare perché è più moderno di “Roman e il suo cucciolo” (l’ultimo lavoro da regista di Gassmann ndr) e più attuale. Soprattutto questo Shakespeare, che parla della conquista del potere e del non rispetto delle regole. Di questo volevo parlare. Poi mi è capitato di leggere un adattamento di Vitaliano Trevisan: mi ha colpito l’immediatezza del suo linguaggio e ho pensato che fosse la persona giusta per fare un lavoro di questo tipo su Shakespeare. L’intento iniziale – che poi ci ha dato conforto – era di farne uno spettacolo popolare, di semplice comprensione per un pubblico non necessariamente preparato. Vitaliano ha fatto questo, dandoci un adattamento funzionale in questo senso, rispettoso del testo senza utilizzare le difficili terminologie spesso usate nelle traduzioni shakespeariane, ma solo parole che sono usate nell’italiano parlato oggi. Poi, da regista parto sempre dall’idea di costruzione di un mondo, fantasioso come quello che ho cercato di costruire con Riccardo o uno più realistico come con altri spettacoli fatti prima. In questo caso ho aggiunto un mondo gotico-crepuscolare con riferimenti chiari al cinema di Tim Burton in particolare e devo dire che le due cose ci stanno regalando uno spettacolo incredibile dal punto di vista del risultato. Il pubblico comprendendo tutto quel che diciamo parteggia, capisce chi sono personaggi, i meccanismi psicologici interni alla storia. Se la scommessa era fare spettacolo popolare, sono contento che risultato sia molto vicino a quel che avevo immaginato.

Riccardo è di certo uno dei personaggi più complessi di Shakespeare, con la sua crudeltà, la sua mostruosità. Com’è stato, da attore, relazionarsi a questo uomo, simbolo assoluto della cattiveria?

Mi sono divertito, intanto portando il personaggio alla mia fisicità. Non potevo essere piccolo e gobbo, ma volevo tenere intatto il discorso sulla diversità e la mostruosità di Riccardo e così ne ho fatto un gigante nel quale c’è l’embrione di un cinema che amo molto, l’horror degli anni ‘20 e ‘30, Boris Karloff, Frankenstein… Ho lavorato molto sull’ironia e sulla straordinaria intelligenza di questo personaggio. È un uomo con un enorme cervello e un piccolissimo cuore. Riccardo è la dimostrazione che un cervello senza un cuore non va molto lontano. Sicuramente riesce a conquistare il potere perché non rispetta le regole, per la sua mancanza di coscienza e di anima.

È questo aspetto a renderlo così attuale?

La conquista del potere senza il rispetto delle regole: quale panorama migliore per parlare di questo tema che l’Italia di oggi? Drammaticamente lo leggiamo ogni giorno sui giornali, la nostra classe politica e dirigente dà, ha dato e temo darà, quotidiana dimostrazione d’inefficacia, di scorrettezza e di non rispetto delle regole e dunque molti, compresi i giovani, si potranno riconoscere in coloro che hanno preparato loro un paese che speravamo poter essere migliore. La generazione dei 50enni non ha lavorato bene in questo senso e l’attualità di Shakespeare è già tutta nel suo testo. Il successo di questo spettacolo – come sempre succede con Shakespeare – è Shakespeare stesso. Noi siamo stati molto fedeli e cerchiamo tutte le sere di parlare e usare le parole shakespeariane in modo moderno, senza declamarlo come se fosse cosa altra dalla realtà. Shakespeare è la realtà, e noi dobbiamo solo ringraziarlo per questo.

Nella sua nota allo spettacolo Trevisan scrive “Dovremo fare affidamento su tutta la nostra incoscienza, questo è certo”. Davvero siete stati incoscienti?

Io e Vitaliano ci siamo incontrati sullo stesso territorio. Ci piace un teatro in cui si possono prendere dei rischi, siamo andati a fondo senza freni, seguendo l’ispirazione e la direzione dello spettacolo, e questo ci ha ricambiato in modo straordinario. A teatro bisogna rischiare, con il rischio di prendere delle cantonate. E in questo caso c’erano molte possibilità di prenderle, però ci è andata bene, siamo stati fortunati. Devo anche dire che sono accompagnato sul palco da attori straordinari che ogni sera mi regalano interpretazioni incredibili e che meritano un successo personale fuori dal comune. Sì, siamo stati felicemente e fortunatamente incoscienti.

Ci ha già detto dei riferimenti a Tim Burton e all’horror anni ’20, ma i riferimenti e le tecniche cinematografiche dello spettacolo, non finiscono qui…

Ho usato delle tecnologie che mi aiutano a raccontare la storia in maniera più serrata, con dissolvenze ed effetti cinematografici che mi permettono di evitare buchi da “cambio scena”, tanto che questo spettacolo dura 2 ore e 15 contro le solite 3 ore del Riccardo III. Ma non volevamo farne un bignami, non volevamo sminuire nulla. Credo infatti che l’ossatura generale di Riccardo ci sia tutta. Shakespeare era ridondante perché parlava ad un pubblico in buona parte composto da analfabeti e aveva bisogno di spiegare molto per far capire cosa succedeva, oggi di questo non abbiamo bisogno e possiamo concentrarci sulle finalità di Shakeaspere: raccontare che cos’è la conquista del potere.

Concludo con la domanda necessaria: quali i prossimi progetti di Alessandro Gassmann?

Sto già lavorando al prossimo spettacolo, un testo della drammaturgia contemporanea, basato su un fatto realmente accaduto, con undici donne in scena, uno spettacolo sui diritti dei lavoratori. E dopo il film di “Roman e il suo cucciolo” che mi ha dato grandissime soddisfazioni, ha vinto molti premi, ed è stato un’esperienza bellissima, sto scrivendo l’idea di un secondo film. Come sempre da trent’anni vivo in questa staffetta tra teatro e cinema. Tra poco finirà il mio mandato al Teatro Stabile del Veneto e lascerò il posto a qualcun altro: credo sia giusto creare discontinuità con un sistema italiano in cui si considera la poltrona come feudo personale. Questo accade troppo spesso nel nostro paese, non va bene, e non accadrà in Veneto. 

Photo by Federico Riva

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