La crisi del V secolo #04. Il grande cinema italiano

Quit: Guarda questa foto che ho fatto l’altro giorno…
Produttore cinematografico italiano: Bella, è Toni Servillo?
Q. No. Non so chi sia ma sono abbastanza sicuro che non fosse Servillo. Ero a Parigi.
P. Beh ma lui è di casa da quelle parti. Quello di Servillo e Sorrentino è un cinema globale.
Q. Se per cinema globale intendi film dove i protagonisti non passano tutto il tempo ad urlarsi addosso tocchiciandosi come efebi che si contendono un boscaiolo norvegese mentre urlano “perché il sogno degli anni settanta è mortoo perchèèè” o alternativamente picchiano la moglie insoddisfatti dei risultati della Roma in una caricatura razzista e autoassolutoria del popolo tipica di quella parte d’Italia che non manda i figli alle scuole americane di Roma, beh sì, il loro è un cinema estremamente globale.
P. Ecco vedi, allora poteva benissimo essere Servillo.
Q. Ti dico di no. Il tizio ha cambiato espressione mentre veniva verso di me. E non ha detto neanche una volta “fessa”.
P. Allora in effetti non poteva essere lui. Però potresti usare questa immagine così chiaramente servilliana per scrivere un soggetto che vada bene per Toni Servillo.
Q. Non lo so, preferirei partire pensando a una buona storia, più che agli attori.
P. Ma certamente. Basta che alla fine ne venga fuori qualcosa che possa andare bene per Toni Servillo.
Q. Adoro come sei sensibile alle mie esigenze, mi ricordi le bollette del gas. D’altro canto le estorsioni cartacee sono il vertice mancante del triangolo di dolore che ci unisce, amico produttore. Con una bimestrale da 560 euro non contino su di me alle manifestazioni contro il riscaldamento globale. Quindi in virtù dell’inevitabilità del circolo delle stagioni puoi farmi un esempio di storia Servillo-compatibile?
P. Un giornalista che fa due pezzi al mese ma siccome ha scritto un libricino 30 anni fa nel florido mercato editoriale italiano, dove con 16 copie vendute a una prozia zia vai in classifica e ti scopi le minorate, abita in una mega appartamento con terrazza di fronte al Colosseo. È magicamente ricco e annoiato e siccome è un intellettuale raffinato e nichilista passa le sue serate con rappresentanti di giocattoli ed equivalenti cinematografici della Lipperini a ballare canzoni di Bob Sinclair.
Q. Una storia realistica di stringente attualità.
P. E’ il ritorno del grande cinema italiano.
Q. L’importante è avere chiari i temi caldi, le esigenze narrative di un paese.
P. Quasi tutti i miei amici vivono lo straniamento esistenziale di Jepy, il geniale personaggio uscito dalla fervida mente di Sorrentino.
Q. I miei amici no, assomigliano sempre più a “Natural born killers”, e quando il governo Letta abolirà gli happy hour l’allegra penisola diventerà una gigantesca riedizione della prima mezz’ora di “Salvate il soldato Ryan” ma più violenta.
P. Sai che quel film mi ha sempre procurato delle enormi erezioni?
Q. Il punto è che il giorno che si dovesse fermare il flusso di salatini sareste fottuti.
P. Come generazione non valete un cazzo, diciamoci la verità. Vorrei vedere quanti di quegli stronzi con due lauree e tre master a 12mila euro l’uno in organizzazione di eventi etnici che aiutano il mondo a sorridere, avrebbero i coglioni di comprare una Ferrari azzurra come ho fatto io.
Q. Pochi in effetti.
P. Ecco. E poi tre milioni di euro di incassi la prima settimana cosa ti dicono?
Q. Crisi irrevocabile della scuola pubblica e delle capacità ermeneutiche del pubblico italiano?
P. No. C’è fame di cinema globale, nuovo innovativo, spiazzante. Basta con la conservazione e i clichè: è ora di rischiare. Dovresti riscrivere “I vitelloni”. Ma questa volta ambientarlo a Novi Ligure, magari con una breve apparizione di Erika-la-martricida.
Q. Beh lei la vedrei bene nel ruolo del negozio di madonne.
P. Scordatelo quel ruolo Fellini l’aveva pensato per Toni Servillo, lo fermò solo il fatto che il sommo al tempo non era ancora nato. Abbiamo una grande occasione per fare ciò che non fu possibile fare ai tempi.
Q. Ma poi chi userai come protagonista?
P. Il grande Toni Servillo. Ricordati che da bambino lo chiamavano l’Eddie Murphy di Afragola, una volta fece 15 personaggi diversi nello stesso film. Era talmente bravo che nessuno se ne accorse. Tutti credevano fosse un monologo.
Q. A questo punto perché non far scrivere anche la sceneggiatura direttamente a Servillo?
P. Perché a Toni Servillo lo devi pagare, perché a Toni Servillo ci piace la fessa.
Q. Sento un minaccioso sottointeso nell’aria.
P. Vuoi un’arachide?
Q. spero per te che ci sia una solida opzione per dei mini pretzel sul contratto.
P. Certamente. Ti ho mai parlato della mia Ferrari azzurra?
Q. Audace. Mi sembra di sì, ma dimmi di più.
P. In pratica funziona così: devi avere sempre l’ufficio pieno di mini-pretzel, sperare che nasca una generazione di alienati individualisti…