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December 9, 2013
Opus Magnum 13 per il carcere Karlau di Graz: le ali libere dell’immaginazione
Karin Mantovani
È già inverno, benché il calendario non abbia ancora sancito l’inizio ufficiale e codificato della stagione più rigida e pungente dell’anno e nelle nostre città già si respira aria di Natale, di dolci fritti e vin brulè fumante. Un po’ fuori rotta, rispetto al percorso battuto dai turisti a caccia di gingilli per le feste, in una delle vie laterali e più silenziose del centro di Trento, io e i due protagonisti del progetto Opus Magnum 13 ci siamo dati appuntamento per conoscerci e parlare della loro opera.
Sono Rossella Libardoni e Viktor Kröll. Lei trentina, di Levico, lui austriaco, di Graz. Una coppia non solo nel fare arte, ma anche nella vita. Giovani, carini e creativamente occupati, potrei dire. Da mesi lavorano a quattro mani alla loro opera e si sono concessi solo un piccolo scampolo di tempo da trascorrere qui nella nostra regione, pochi giorni appena, prima dell’inaugurazione del loro progetto, l’Opus Magnum 13, che si terrà il prossimo 12 dicembre a Graz.Il baretto che ci ospita e che fa da cornice alla nostra chiacchierata, l’ha scelto Viktor il giorno prima del nostro incontro. Non è di certo uno di quei locali alla moda, modernamente asettici, no. L’arredo vanta qualche decennio, pochi spazi sono lasciati al caso come se, provando quasi una sorta di horror vacui, la gerente dalla cofana bionda avesse riempito e riempito il bar di ogni cosa le venisse sotto mano. Ma in maniera ordinata, che non stona. Viktor deve aver fatto questa scelta forse per la familiarità che ha avvertito con il Fasching’s Gasthaus di Graz che ha accolto lui e Rossella nei mesi in cui hanno lavorato al loro progetto. Un posto senza lunedì, un posto indifferente ai cambiamenti, un posto dove gli avventori si possono sentire a casa, seduti a tavola a gustare un piatto come fosse cucinato dalle mani della propria nonna.
Il ristorante si trova a pochi passi da quel muro, lungo 300 metri, che Rossella e Viktor hanno deciso di restituire ad una nuova vita, ad un nuovo dialogo con il resto del quartiere e, perché no, della città. Si tratta infatti di un tratto della cinta muraria di Karlau, il carcere di massima sicurezza di Graz che i nostri due artisti dal 19 settembre hanno trasformato, giorno dopo giorno, mese dopo mese, in un’opera di street art, forse il più esteso murales di tutta l’Austria.
Ma come è stato possibile realizzare una simile opera proprio sul muro di cinta di uno dei tre carceri di massima sicurezza dell’Austria, ho chiesto a Viktor: “In Austria esiste un istituto chiamato Institut für Kunst im öffentlichen Raum che offre agli artisti la possibilità di realizzare delle opere d’arte che vadano ad inserirsi nel territorio. Noi ci siamo appoggiati all’ente di riferimento di Graz in Stiria e da lì siamo partiti. Era primavera inoltrata e in poco tempo abbiamo avuto l’approvazione del nostro progetto ed i finanziamenti. A questi si è aggiunto anche il sostegno della città di Graz. Con il Ministero della Giustizia e dunque il carcere di Karlau, i tempi sono stati un po’ più lunghi ed è trascorsa tutta l’estate prima che noi potessimo iniziare a realizzare il nostro progetto”.
Come è stato vissuto ed accolto il vostro lavoro dagli abitanti del quartiere dove di trova il carcere, Rossella? “Karlau si trova in un quartiere molto popolare della città, un quartiere un po’ defilato abitato da persone umili, non molto abbienti. Molti di quelli che sono “fuori” dal carcere un volta erano dentro e questo legame noi l’abbiamo respirato. La gente ci ha mostrato grande entusiasmo e positività. Tutti, dai più giovani ai più anziani, hanno mostrato curiosità nei confronti della nostra opera e hanno provato a cimentarsi nell’interpretazione di ciò che stavamo raffigurando. Si è creato un vero e proprio dialogo interattivo e dinamico con la città e i suoi abitanti”.
Ecco, proprio a ciò che è raffigurato sul muro volevo arrivare, Viktor: cosa ritraggono tutti quei punti neri su sfondo bianco? E perché avete utilizzato solo il colore nero? “Beh, la scelta del colore nero deriva da una mia “mancanza” visiva. Non riesco, infatti, a distinguere bene i colori e l’utilizzo del nero mi risultava semplicemente più congeniale. Inoltre, il mio passato da grafico concettuale, mi ha condotto a trovare nel codice binario del bianco e nero il linguaggio più corrispondente alle mie idee. Se un tempo, per il mestiere che facevo, ero fortemente orientato alla ricerca di soluzioni e strategie ora, con questa nostra opera, ho voluto percorrere una strada del tutto diversa, dove solo l’improvvisazione, l’imprevisto e l’interpretazione potevano essere le chiavi di lettura del nostro lavoro. Non ci sono infatti figure, non sono rappresentati soggetti riconoscibili. L’occhio dello spettatore è chiamato ad unire i punti per riconoscere, sulla parete del carcere, quei profili, quelle forme che la sua fantasia, la sua autonomia di osservatore gli ha fatto vedere. Un processo del tutto simile a quel gioco che tutti noi abbiamo fatto, da bambini ma non solo, di associare guardando il cielo delle forme e delle figure ben definite alle nuvole di passaggio.
300 metri di parete, suddivisi in 38 segmenti pari a 25 metri quadrati al giorno per un totale di 950 metri quadrati lavorati a quattro mani… in tutte le condizioni di tempo? “Praticamente sì! Nella nostra tuta e con la maschera in viso per proteggerci dalle esalazioni del bitume – il colore nero che abbiamo utilizzato per realizzare i punti – abbiamo continuato a imprimere ed imprimere la parete. La polarità del bianco e nero è stata anche una vera e propria polarità tra uomo e donna!” si sono sorrisi l’un l’altra Rossella e Viktor.
Il bitume è il colore più resistente che Viktor abbia trovato. La sua resa è estremamente lucente appena steso e così anche durante i primi tempi. Poi, via via, sbiadisce fino a perdersi quasi del tutto passati tre anni. Rossella e Viktor sanno che quando il 12 dicembre prossimo consegneranno la loro opera alla città non sarà un’opera finita. Sì, perché luce, condizioni di tempo, notte e giorno eserciteranno un costante cambiamento sulla percezione del muro dipinto.
Per la prossima opera i nostri artisti hanno in mente colore, qualcosa di monumentale, ed un recupero di una struttura presente sul territorio trentino. Restiamo in attesa…
Poto by Lupispuma.com
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