Music
December 5, 2013
Mario Venuti al Cristallo contro “l’Italietta spudorata delle oggettine sul tacco dodici”
Marco Bassetti
Con trent’anni di carriera sulle spalle, 7 dischi e una miriade di collaborazioni (da Battiato a Carmen Consoli, da Cesare Basile a Raf, da Cesare Cremonini ad Antonella Ruggero), Mario Venuti è uno che ha saputo dare un’impronta riconoscibile alla canzone italiana degli ultimi decenni. Sempre con leggerezza e discrezione, spesso lavorando nell’ombra, dietro le quinte, regalando i suoi versi alla voce di grandi interpreti. La sua è una musica suonata in punta di dita, pensosa ma leggera, delicata ma profonda, semplice ma non banale. Con L’ultimo romantico (2012) – l’ultimo tassello della sua discografia – Mario Venuti è tornato sulle scene per cantare la necessità della passione, del furore artistico. Quel fuoco creativo che bruciando, al di là di calcoli e convenienze, può dare una direzione alla nostra esistenza.
Hai detto “In un periodo come quello che stiamo vivendo la parola romantico dovrebbe acquisire il suo antico significato”. Quale?
Negli ultimi tempi il significato di “romantico” si è un po’ svilito, diventando sinonimo di “sentimentale”. Il romanticismo autentico, invece, ha a che fare con un fuoco di passione, con il furore che pervade l’artista in maniera totale. Il musicista romantico per eccellenza, Beethoven, non può essere certamente essere definito un sentimentale.
E perché oggi è importante riscoprire questo significato antico?
Perché i tempi vanno in direzione assolutamente contraria. Viviamo in un mondo dominato dalla finanza e dall’economia, siamo ossessionati dai tassi e dagli spread. Ecco allora che il lavoro del musicista, per contrasto, deve assumere dei contorni “romantici” nel senso più pieno del termine.
Questo concetto viene ripreso anche nel primo singolo estratto da “L’ultimo romantico”, dal titolo “Quello che ci manca”: “Io credo che l’amore non è quel che abbiamo ma quello che ci manca”…
Lì in realtà si parla di amore in senso più concreto. Il fatto è che siamo talmente tesi a cercare l’amore perfetto, idealizzato, che non ci rendiamo conto di quello che abbiamo: la realtà ci sembra sempre mancante di qualcosa, incompleta, più povera rispetto alla fantasia, alle aspettative, al desiderio. C’è una battuta di un film che dice “la vita di coppia non esiste più”: ovviamente è un’esagerazione, ma certo è che oggi l’amore è una sfida più difficile che in altri tempi.
Tutt’altra atmosfera, invece, quella che si respira nel secondo singolo, “Fammi il piacere”, che si muove sinuoso all’interno di un ritmo disco-funk. L’obiettivo polemico è la mercificazione del corpo delle donne.
Una musica di quel tipo è servita a sottolineare la frivolezza contro cui si scaglia il testo. Senza voler fare moralismi, in quel pezzo cerco di raffigurare l’Italietta allegra e spudorata che abbiamo visto sfilare in questi anni… Questa processione di “oggettine” sul tacco dodici che, inchinandosi davanti al potente di turno, ha riportato la condizione femminile indietro di decenni.
Infatti canti “sui tacchi se ne sta l’Italia che traballa sempre ma non cade mai”. Cos’è che ci mantiene in piedi?
Ci sono tantissime cose per cui gli italiani sono amabilissime persone e altrettante cose per cui sono detestabilissime. Forse è proprio questo equilibrio che ci fa stare ancora in piedi.
A livello musicale “Fammi il piacere” mi ha ricordato il Battisti di “Ancora tu”. È stato un riferimento voluto?
No, non è stata una cosa consapevole. Ma Battisti ce l’abbiamo tutti nel dna e, considerando le stratificazioni decennali di ascolti che ci portiamo dietro, una cosa può venire fuori anche senza volerlo.
Ho letto che l’album è dedicato a Pino Donaggio, un romantico nel senso più sentimentale del termine… Una boutade?
Sì, mi sono divertito a giocare con questo paradosso. Il fatto è che di solito i cantanti inseriscono nei dischi dediche e citazioni colte, io invece ho voluto citare Pino Donaggio, un cantante popolare, autore di una canzone che si chiama “L’ultimo romantico”… una canzone di un sentimentalismo molto tradizionale, esattamente il contrario del romanticismo a cui io miro.
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