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November 6, 2013

Nel nuovo Turris Babel, le scuole dell’Alto Adige spiccano per innovazione

Marco Bassetti
Presentato lo scorso 18 ottobre il numero speciale di Turris Babel “Costruire Pedagogie/für Bildung bauen”. Cinque scuole di nuova costruzione/ristrutturazione dimostrano la forte spinta innovativa che caratterizza l’Alto Adige nell’esplorare la relazione tra spazio e apprendimento.

Questa volta la notizia è ottima e fa ben sperare sul futuro del nostro territorio. Perché se un territorio investe energie, intelligenze e denaro nello sviluppo educativo delle nuove generazioni, significa che il territorio è vivo e vitale. E anche la politica, queste volta, sembra essere proprio al passo coi tempi. Le normative provinciali in materia di edilizia scolastica, infatti, sono “ad oggi riconosciute come le più innovative in Europa”. A sostenerlo è Beate Weyland, professoressa della Libera Università di Bolzano e membro della rete inter-istituzionale altoatesina spazio&spprendimento (ce ne eravamo occupati qui), nonché curatrice insieme all’architetto Sandy Attia del numero speciale di Turris Babel – rivista della Fondazione Architettura di Bolzano – dal tiolo “Costruire Pedagogie/für Bildung bauen”. L’Alto Adige è da considerarsi, dunque, un importante laboratorio d’innovazione a livello internazionale? Nel campo della sperimentazione della relazione tra architettura ed educazione, sicuramente sì. Ne abbiamo parlato con la Professoressa Beate Weyland.

Nel numero si presentano le Normative di Edilizia Scolastica del 2009, che stanno rivoluzionando il modo di pensare all’architettura delle scuole in Alto Adige. Lungo quale percorso virtuoso si è arrivati a normative così avanzate?

Queste normative, ad oggi riconosciute come le più innovative in Europa, sono il frutto di un processo di revisione condivisa al quale ha partecipato, oltre ai rappresentanti degli assessori alla scuola, un variegato gruppo di lavoro suddiviso per aree tematiche. Se posso utilizzare le parole di Maurizio Patat, che ha coordinato il processo, “Le Direttive per l’edilizia scolastica vogliono essere uno strumento semplice e comprensibile per contribuire a realizzare opere soddisfacenti dal punto di vista urbanistico, architettonico e funzionale. Uno strumento flessibile in grado di accompagnare una scuola in costante evoluzione, rendendo possibile l’introduzione di nuovi indirizzi didattici, di nuove materie di insegnamento e di nuovi metodi di apprendimento”.

In cosa consistono, brevemente, i punti di maggiore forza innovativa di queste normative?

La progettazione della scuola discende da un concetto organizzativo che ne definisce l’orientamento pedagogico ed il suo prevedibile sviluppo, soprattutto riguardo al numero delle alunne e degli alunni. È proprio dal profilo pedagogico che nasce il concetto architettonico che poi si ordina al principio della flessibilità, declinato in tutti i suoi aspetti, organizzativi, distributivi e funzionali. Inoltre con le nuove normative il dimensionamento della scuola discende dal numero presente e futuro degli alunni, definendo una superficie standard per alunno e non più stabilendo a priori il numero di aule di dimensioni prefissate.Scuola dell’infanzia di Silandro

Il numero speciale di Turris Babel si concentra su 5 edifici scolastici, quali?

La nuova scuola elementare di Monguelfo, di cui si era sentito molto parlare per l’approccio didattico innovativo che vi si è realizzato; la ristrutturazione della scuola elementare di lingua tedesca di Egna, nota per le interessanti soluzioni architettoniche offerte da Walter Angonese insieme agli interventi artistici di Manfred Alois Mayr; la nuova scuola elementare in lingua tedesca di Rodengo, appena terminata e progettata dallo studio Pedevilla Architekten; la nuova scuola dell’infanzia in lingua tedesca di Silandro, firmata dall’architetto Christian Kapeller; la scuola dell’infanzia-asilo nido e centro famiglie nel nuovo quartiere Firmian a Bolzano, progettato dallo studio MoDus Architects, Sandy Attia e Matteo Scagnol. Faccio presente che le cinque scuole recensite non sono state scelte in ordine all’innovazione o alla relazione tra spazio e apprendimento: costituiscono oggetti interessanti per il mondo dell’architettura e solo in questo numero vengono analizzati sotto due prospettive diverse. Esse inoltre sono state costruite prima delle normative del 2009, quindi senza una esplicita richiesta di ordinare l’architettura a una pedagogia.

Per la prima volta le recensioni sono il prodotto dell’incontro di due sguardi differenti, quello degli architetti e quello dei pedagogisti. Quali sono i vantaggi di una “recensione parallela”?

La novità consiste proprio nel mettere a confronto due letture molto diverse tra loro, quella dei progettisti con le loro categorie di riferimento e quella dei pedagogisti, o di coloro che abitano le scuole, quindi insegnanti, dirigenti, esperti del settore. È stato un modo per dare voce a diversi punti di vista, lasciando ciascuno libero di offrire una descrizione dell’edificio a seguito di un sopralluogo. La doppia lettura dei progetti svela i diversi atteggiamenti di fronte al fenomeno architettonico e risulta utile per entrambi gli “universi”, architettura e pedagogia, che pare finalmente abbiano iniziato a parlarsi.

Come si è svolto il Suo lavoro di curatrice, all’incrocio tra settori disciplinari, professionalità, saperi ed esperienze molto diverse tra loro?

La curatela del numero è il frutto di un’intensa collaborazione con l’architetto Sandy Attia. È stata un’esperienza straordinaria che ha dato concretezza allo slogan “dialogo tra pedagogia e architettura”. Io ho avuto il compito di seguire e coordinare insieme alla rete “spazio&apprendimento” tutti i contributi di carattere pedagogico, lei si è impegnata a seguire i rapporti con i progettisti e la redazione. Insieme abbiamo pensato a questo intreccio stretto, alternando tra loro gli articoli di diversa estrazione, coinvolgendo i soggetti più significativi (utenza, committenza, progettisti) del processo progettuale. Lo scopo era di mostrare che la scuola si sostanzia nell’incontro tra punti di vista divers, che insieme possono realizzare progetti forti e validi. Nei mesi in cui abbiamo lavorato al numero ho avuto modo di parlare con persone di varia estrazione e con esperienze molto diverse tra loro: la cosa straordinaria era che tutti erano disponibili al confronto e pronti a offrire un contributo che potesse sostenere l’approfondimento sui temi.Scuola elementare di Egna

In occasione dell’uscita del numero di Turris Babel, il 19 ottobre è stato organizzato un tour alla scoperta di alcune scuole della provincia. Proviamo a percorrerlo virtualmente: prima tappa, Polo per l’infanzia e centro famiglie nel quartiere Firmian a Bolzano.

Interessante di questo edificio è innanzitutto la sua collocazione strategica in un quartiere nuovo che pian piano sta prendendo corpo.  Si manifesta dunque una volontà politica di fare della scuola anche un centro civico di accoglienza delle famiglie, punto di riferimento e di socializzazione per la cittadinanza. Gli architetti hanno interpretato in maniera interessante questo aspetto, offrendo intrecci tra scuola dell’infanzia, asilo nido e centro famiglie. Vi sono corti centrali che possono favorire eventuali scambi tra i diversi mondi e questo continuo richiamo visivo, tra dentro e fuori, tra sopra e sotto, tra diversi segmenti del percorso di sviluppo del bambino, garantisce quella continuità tra diverse esperienze formali e informali dell’apprendimento che qualifica i buoni progetti educativi.

Seconda tappa, Scuola elementare di Egna.

In questa scuola l’intervento progettuale interessante si ritrova sin dall’entrata – appositamente studiata come spazio più piccolo, con un soffitto più basso del previsto – che separa il mondo esterno e quello interno. Questo luogo insolito, un po’ ristretto e buio, è squarciato da una grande sopraluce rotonda che guarda verso il cielo e verso l’ampliamento della scuola, e da un angolo finestrato che si apre verso l’atelier. Ed ecco il secondo spazio interessante della scuola: questa sala per le attività manuali e creative, che si trova nel piano interrato, finestrata anche in direzione della piazza e del paese. Un’officina di lavoro che comunica con la comunità a proposito delle sue operose attività. Il terzo spazio sorprendente è l’aula all’aperto che si trova al terzo piano dell’edificio, un luogo che separa la terra dal cielo con una rete metallica incrociata nel sottotetto: la pavimentazione, appositamente studiata come quella dei campi di pallacanestro, è aperta alle più diverse declinazioni pedagogico-didattiche.  A questi spazi si aggiungono le soluzioni innovative offerte nella zona ampliata della scuola, dove l’aula è costituita da tre spazi interconnessi: zona classe, guardaroba, spazio gruppo, suddivisi da una parete in legno curvilinea con porte scorrevoli a tutta altezza.Scuola elementare di Rodengo

Terza tappa, Scuola elementare di Rodengo.

La particolarità di questo edificio consiste nella sua collocazione, come scrive l’architetto Carlo Calderan nella sua recensione: “un grande volume a quattro piani che emerge dai cupi pendii boscosi della gola della Rienza”. In effetti è una scuola che si nota da lontano, arrivando in questo piccolo paese di montagna, e che poi all’interno dell’abitato si confonde tra le case, come per magia. Un edificio semplice, bianco, con lo schema tradizionale delle aule e dei corridoi, ma con immense vetrate che si affacciano sulla valle e che incorniciano una natura spettacolare. Il tutto vivacizzato da un pavimento rosso che invita a conoscere i suoi risvolti sulla didattica e le dinamiche educative.

Da questa chiacchiera sembra proprio che l’Alto Adige possa essere considerato un laboratorio di eccellenza nel campo dell’indagine e della sperimentazione della relazione tra spazio e apprendimento, è così?

Certamente l’Alto Adige si distingue per l’impegno di capire quale sia il ruolo dell’architettura nella costruzione di una scuola: semplice “contenitore” del lavoro dell’insegnante o spazio in grado esso stesso di stimolare ed arricchire il processo educativo? Le riflessioni pedagogiche a questo proposito si collocano in un vasto ambito di ricerca sul quale i paesi di lingua Tedesca stanno già lavorando da più tempo. In Alto Adige si è sempre prestata molta attenzione alla qualità dei nostri edifici scolastici eppure oggi, agli occhi di molti pedagogisti, essi paiono inadeguati ad ospitare nuove forme di apprendimento. All’architettura si chiede di più e le tabelle delle vecchie norme per l’edilizia scolastica non bastano più per garantire un edificio funzionante. La provincia ha reagito tempestivamente approntando una profonda riforma del quadro normativo, capace di recepire le istanze di rinnovamento del mondo della scuola: non  un rinnovamento stilistico ma tipologico dell’architettura scolastica, di cui si osservano i primi significativi risultati.

Foto: nell’ordine Polo per l’infanzia nel quartiere Firmian a Bolzano; Scuola dell’infanzia di Silandro; Scuola elementare di Egna; Scuola elementare di Rodengo

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