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November 6, 2013

L’arte giovane fa Boom! Intervista ai curatori di The Others, la più innovativa fiera d’arte torinese

Anna Quinz
Prima "uscita ufficiale" di franz fuori dai confini di Trentino Tirolo e Alto Adige. franzmagazine goes to The Others, fiera per l'arte giovane e indipendente a Torino dall'8 all'11 novembre (cioè questo week end, preparate la gita fuori porta!).

Questo week end a Torino, accanto ad Artissima, in un ex carcere si svolgerà la fiera The Others. Un concetto innovativo di fiera, uno spazio per gallerie indipendenti – profit e no profit – un luogo dove indagare le nuove tendenze e le nuove correnti che scorrono nel complesso e magmatico sistema arte. Per capire dove e come va. Noi ci saremo, e per farvi capire meglio di che si tratta, abbiamo intervistato Stefano, Olga e Roberta i giovani intraprendenti curatori della fiera torinese.  

Stefano, in Italia e nel mondo le fiere d’arte spuntano come i funghi. Cosa rende The Others unica? Quali i suoi punti forti? Anche rispetto ad Artissima, storico salone torinese che si svolge in contemporanea a The Others (o viceversa)?

In Italia le fiera più che spuntare, purtroppo tornano sottoterra. KunStart a Bolzano non si farà più. Le uniche novità nel nostro Paese, The Others esclusa, è Set Up a Bologna e Flash Back a Torino, quest’ultima però punta sull’arte antica e moderna e non contemporanea. Per il resto, Arte Fiera ha diminuito il numero di padiglioni, Arte Verona pure. A Torino Artissima ha registrato una forte diminuzione degli espositori italiani (specchio della situazione economica e legislativa del nostro paese), mentre la neonata Gap al primo anno ha dieci gallerie partecipanti. Non uno scenario troppo confortante. 

In tutto questo The Others si rivolge a spazi e gallerie giovani e un pubblico nuovo. A livello europeo l’unica fiera paragonabile in termini di costi di partecipazione e giovani proposte è la Stroke Art Fair di Moncaco di Baviera e Berlino che di fatti è un successo. I primi due anni di The Others anche lo sono stati. Quest’anno speriamo lo sia ancora di più. 

Riguardo al paragone con Artissima, beh è un confronto che non regge per una questione di finanziamenti, sponsorizzazioni, storicità e via dicendo. Inoltre Artissima è una fiera classica, riservata esclusivamente alle gallerie. Mentre The Others è aperta da sempre a tutti gli operatori profit o no-profit che lavorano con gli artisti emergenti. Puntando alla continua ricerca di nuovi spazi, alcuni dei quali sono alla loro prima fiera in assoluto, per certi versi la fiera funziona da incubatore per Artissima.  

Idem vale per gli sponsor e i premi. Nutella e Nikon, lanciati nel mondo dell’arte da The Others, sono passati alla fiera principale, quindi noi ne abbiamo trovati altri e, anzi, ne abbiamo aumentato il numero. Tutto comunque rientra nello spirito della fiera. Trovare sempre idee nuove.    

Ha ancora senso oggi il concetto di fiera? Il web non ha reso obsoleto il momento fieristico, il suo sistema espositivo e di vendita? Voi come cercate di differenziare la vostra offerta, essendo The Others una fiera dalle forti connotazioni innovative, giovani… una fiera 2.0?

Certo che ha senso. Il web non può e non si sostituirà mai alla fruizione dal vivo. Chi ha provato a legare arte e virtuale ha quasi sempre fallito. Anche progetti ambiziosi come VIP Art Fair, la prima fiera d’arte virtuale, e Amazon Art hanno avuto molte critiche e risultati molto deludenti. L’arte ha bisogno di un pubblico reale, è così da millenni e ci sarà un motivo, credo. The Others a livello di innovazione tecnologica è messa come tutte le altre fiere mondiali: ha un sito web e usa i social network. Di più non credo si possa chiedere. Inoltre l’arte ha molte volte dimostrato di saper mal digerire l’impatto con la tecnologia, soprattutto se questa viene a interferire o sostituirsi con la creatività umana. Prendiamo la letteratura generativa della metà degli anni ’90. Che fine ha fatto la rivoluzione del testo che dicevano ci sarebbe stata? Un bell’esempio di quello che invece può essere un legame interessante tra tradizione, innovazione, tecnologia e creatività lo presenteranno nel loro stand i ragazzi di Technificio e Linostype con Stamopatica. Un tirabozze costruito sul modello delle macchine di stampa medievali, ma assemblato con componenti open source realizzate da una stampante 3D, verrà usato per stampare manualmente i lavori di vari artisti contemporanei. 

Olga, come funziona la selezione dei vostri espositori? Chi è il vostro pubblico? Il target “classico” delle fiere d’arte, come risponde alle proposte di The Others? Ed esiste un nuovo pubblico di giovani “aspiranti collezionisti”?

La selezione si è basata sul chiedere un progetto per una mostra vera e propria e non per uno stand di fiera. Il tema comune è “boom!” come risposta alla crisi, un tema ironico e positivo, che mette al centro il potere visionario e sovversivo, energetico e creativo dell’arte, in ogni sua buona espressione di sistema, dall’opera e l’artista, al gallerista al curatore. Ognuno può fare dei piccoli boom, che insieme sono un coro detonante. Questo speriamo sia The Others.

Sulla maggior parte dei singoli progetti, poi, siamo intervenuti collaborando nel definirlo meglio, suggerendo, discutendo, perché alla fine ognuno fosse qualcosa di conosciuto, condiviso, familiare. Durante i giorni della fiera vorremmo portare in giro le persone raccontando ogni singola mostra per conoscenza diretta.

Dal vostro punto di vista privilegiato, come vedete il sistema arte oggi? Sopratutto parlando di giovani? Giovani artisti, giovani galleristi, giovani curatori… e per giovani non intendo solo per anagrafe, ma per modo di pensare e di lavorare, i un’ottica di de-istituzionalizzazione, indipendenza, innovazione…

Questa parola “sistema” diventa un po’ una categoria vuota, così come il concetto di fiera, a forza di usarla e abusarne.

Io vedo una generazione nuova, trasversale a età e appartenenze, che non pensa più tanto al sistema come contenitore necessario e ambito nel quale poter esistere e fare. Come riferimento che certifichi “l’essere artista”. Sono germinazioni autonome e indipendenti che fanno, che si inventano le loro storie e avventure creative ed espositive, in questo senso innovando senza intenzione e rendendo obsoleti, elefantiaci e inutili certi meccanismi e  strutture piramidali. Lo stesso vale per i galleristi, cioè quelle figure di operatori che vogliono lavorare su un progetto culturale espositivo. C’è più leggerezza e freschezza, meno lamentazio, che invece connota il vecchio sistema. Il mondo è ormai questo, e io provo a viverci dentro, cercando il mio buco nella rete. Non c’è un intento sovversivo o antagonista.  È una naturale contro-cultura che si sta diffondendo. 

Stefano, bilancio delle edizioni passate e prospettive per l’edizione 2013 che casca in un momento sempre più grave di crisi economica (e non solo) che si sente anche nel mondo dell’arte?

Nei primi due anni The Others ha avuto circa 24 mila visitatori ripartiti in quasi ugual numero nelle due edizioni. Quest’anno ci sono più espositori, più performance, più concerti, più installazioni site specific. Insomma, ci dovrebbero essere ancora più motivi per visitarla. La parola crisi l’abbiamo usata come antidoto e non come scusa. Il BOOM! che è il tema di quest’anno è un’esplosione creativa e propositiva.  

Roberta, allora parliamo proprio di questo. “BOOM!”, parla di crisi, come avete costruito e con quali finalità, questo concetto?

In realtà il nostro progetto non parla di crisi, semmai “usa” il termine per puntare il focus sul suo esatto opposto. Mettere in crisi è un atteggiamento e una scelta che abbiamo condiviso con i nostri interlocutori, in primis le gallerie, gli artisti e gli operatori che costruiscono il progetto The Others – gli altri – senza i quali non avrebbe avuto senso parlare di finalità.  Mettere in crisi (la crisi) vuol dire affrontare una situazione di reale difficoltà, senza tanto nascondersi, e scovare una formula capace di garantire qualità e di puntare ai contenuti. L’investimento qualitativo è il comune denominatore del progetto Boom che, ribassando il costo di partecipazione, agisce in maniera inversamente proporzionale sul progetto e sui contenuti. Un po’ come nello sport: si è trattato di accettare una sfida, farla propria e trovare i mezzi necessari per raggiungere l’obiettivo. Con tantissima volontà e solo un pizzico di fortuna.

Crisi = stimolo?

Lavorando al concept di Boom ci era venuto in mente un possibile teaser: un montaggio, una manciata di minuti, composto da stralci d’interviste e  testimonianze televisive dell’ultimo anno (dalle dirette della Casa Bianca agli spot pubblicitari di detersivi o macchine monovolume) nelle quali la parola “crisi” è stata indubbiamente lo slogan più gettonato. Ora, ci siamo immaginati quei discorsi e quegli spot sostituendo la fantomatica parola con il nostro Boom!. Il risultato sarebbe stato un esaltante scoppiettare a doppio senso: onomatopeico da una parte e linguistico dall’altra. Boom = esplosione e Boom = crescita.

Allo stesso modo, abbiamo chiesto a ciascun espositore di The Others di trovare una parola simbolica a corredo del proprio progetto. In fiera spunterà una compagine di sinonimi e contrari, una filastrocca di definizioni vocata a interpretare il Boom come stimolo a inventare nuovi scenari e proporre nuove sfide.

Il concetto di fiera per essere vivo e rispondere a quelli che sono i suoi interlocutori nel sistema, deve continuamente evolvere, stare sulla pelle di quella parte di sistema a cui si riferisce e relaziona. Questo per dare un progetto e una casa che abbiano un senso, che offrano reali possibilità di conoscenza, presentazione, contatti. Relazioni vitali che diventino un’esperienza, possibile solo live, nel momento in cui la si vive e condivide. Se è così, allora ha motivo di essere.

www.theothersfair.com

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