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October 30, 2013

People I Know. Luca Dalmasso: Bolzano, Berlino, Emirati Arabi. Una vita in viaggio tra “cravatte” e dj set

Anna Quinz

Luca Dalmasso ha 35 anni e al momento si divide fra Bolzano, Berlino e gli Emirati Arabi. Ha appena concluso un certificato post-laurea di Marketing in Germania e ha iniziato a collaborare con alcune realtà, nel settore del Marketing e del Management di eventi. Economista per formazione, negli ultimi 7 anni ha lavorato per MicroGate, azienda altoatesina produttrice di strumenti elettronici ad alta tecnologia per l’astronomia, la biomeccanica, le telecomunicazioni e la tempistica. Per l’azienda Luca era International Sales Manager, sempre in giro per il mondo, in particolare in Medio Oriente. Ma Luca non è un tipo da giacca, cravatta e ventiquattrore. E così a un certo punto la voglia di cambiare e fare nuove esperienze, l’ha portato a lasciare il lavoro e “fuggire” a Berlino. Mecca tra le altre cose della musica elettronica, la sua grande passione del giovane bolzanino che è infatti  anche dj e produttore musicale, insieme al compagno di avventure dj Matt con il quale ha fondato il collettivo Makeout Club. Da sempre attivo sulla “scena” musicale locale, Luca è un professionista capace, curioso ed entusiasta, che in tutto ciò che fa mette tutta l’energia possibile, anche quella necessaria per decidersi a rimettersi in gioco e iniziare una nuova vita.

Luca, dopo anni di lavoro “serio”, perché prendersi una pausa e “fuggire” a Berlino?

E’ successo all’inizio dell’anno, sentivo di “stagnare” un po’… e così mi sono rimesso alla prova.  Non è stata una scelta facile e indolore, ma volevo crescere ancora e soprattutto impegnarmi su qualcosa di più creativo. Berlino è una città cosmopolita e appassionante, che ti bombarda di input, in cui se vuoi “fare”, l’unico limite sei tu, non ci sono “paletti” imposti da altri. Non sarà per forza un punto di arrivo, è servita più che altro a farmi tirare il fiato: è il posto perfetto per formarsi e allo stesso tempo coltivare i propri interessi.

Vista la tua esperienza in azienda, pensi che l’Alto Adige abbia mezzi e risorse (economiche, umane, ecc) per imporsi nel mondo? Quali secondo te i settori di sviluppo su cui puntare? 

Dal punto di vista economico l’Alto Adige ha i mezzi e le risorse necessarie. In questo contesto specifico, mi pare che le politiche provinciali vadano nella giusta direzione (anche se in qualche caso potrebbero essere più concrete e incisive): si valorizza il patrimonio ambientale locale, si premia l’eccellenza, si punta sulla ricerca e sulla formazione. Competere a livello internazionale è una sfida che in gran parte prescinde dalla gestione locale. Al momento l’Italia – soprattutto finanziariamente, fiscalmente e amministrativamente – non offre la situazione ideale per chi desidera mettere in pratica le sue idee imprenditoriali o creative. Proprio per questi motivi, a mio parere, i settori destinati a sopravvivere saranno quelli ad alto valore aggiunto, in cui il vantaggio competitivo viene costruito su base qualitativa e la gestione dei costi non risulta così problematica. 

Hai spesso lavorato con il Medio Oriente. Pensieri, impressioni di quei luoghi?

Gli Emirati Arabi, e soprattutto Dubai e Abu Dhabi, sono una realtà molto affascinante, diversa da quella europea. Sotto molti punti di vista (stile di vita, urbanizzazione, gestione della sicurezza, imprenditorialità) assomigliano agli Stati Uniti. Quello che maggiormente li contraddistingue è l’ospitalità. Gli aspetti che personalmente mi hanno colpito di più sono l’approccio assolutamente innovativo nel governare e la loro capacità di correggersi velocemente imparando da altri modelli e dai propri errori. Così facendo, laddove sono ancora presenti criticità, come ad esempio nelle politiche del lavoro, in poco tempo fanno passi da gigante. A volte ho l’impressione che la loro monarchia sia più equa e lungimirante della nostra democrazia.

Cosa significa la musica per te? E crearla, che è diverso dal semplicemente suonarla?

La musica ha accompagnato ogni fase della mia vita, non potrei farne a meno. Mi ha dato la forza di superare fasi difficili della vita, mi ha fatto crescere, ha aperto la mia mente, grazie ad essa ho fatto esperienze altrimenti impensabili. Non sarei lo stesso senza. Creare musica elettronica è una sfida stimolante, un modo per crescere e esprimersi allo stesso tempo.

Come sei riuscito a conciliare un lavoro come il tuo con il fatto di essere dj?

Grazie alla passione. Se una cosa la fai per divertimento, non ti pesa mai, anche se sei stanco morto. Spesso ho fatto i salti mortali per far convivere le due cose, ma ne è sempre valsa la pena.

Limiti – anche rispetto al tema musicale – di Bolzano/Alto Adige? Pregi invece?

I pregi sono molteplici: gastronomia, clima e natura su tutti. Dovremmo anche imparare a trarre maggiore vantaggio dall’eterogeneità dell’Alto Adige, una ricchezza spesso sottovalutata. E proprio qui cominciano i limiti: ho l’impressione che, di fatto, il senso di comunità e la convivenza fra i due maggiori gruppi etnici non vengano promossi né a livello istituzionale né indirettamente, ad esempio incoraggiando e sostenendo il sottobosco culturale, le cui espressioni spontanee sono spesso considerate elemento di disturbo. Un maggiore supporto, anche passivo, alla cultura “non istituzionalizzata” contribuirebbe ad abbattere le barriere sociali e ci renderebbe più consapevoli della fortuna di vivere in una terra come la nostra.

Progetti per il futuro? Sogni? Prossime destinazioni?

Cercare una sfida che possa farmi crescere costantemente e, se ci sarà la possibilità, continuare a studiare e ad approfondire. Allo stesso tempo, vorrei continuare a dedicarmi alla musica il maggior tempo possibile. 

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