Music

October 29, 2013

Pimples, Wrinkles and Rock’n’Roll #29. Invasioni barbariche al Papperlapapp

Eva Corre

È martedì mattina: mi alzo. Sono un po’ in anticipo sulla tabella di marcia, ma ricordo proprio ora che ieri ho parcheggiato la macchina nella via dal bollino blu ed io ho il giallo. Penso di spostarla, prima che il vigile mi possa far la multa, e prima di uscire porto con me il sacchetto dell’umido, che ho prudentemente messo in quello di plastica per non lordare le scale condominiali. Ormai sono abile nel trattenere il sacchetto di plastica mentre getto nell’apposito bidone quello di carta con l’umido. Ma accidenti, non posso perdere tempo, magari mi tocca girare un po’ per il parcheggio! È un attimo: il sacchetto di plastica mi sfugge dalle mani e cade anch’esso nel bidone dell’umido. Dai, ce la posso fare, basta allungare un po’ il braccio per ripescarlo. “Gufen Franz”, la vicina impicciona del primo piano, è affacciata alla finestra e sta già tenendo d’occhio i miei movimenti. Allungo il braccio, ma naturalmente mi sfuggono di mano le chiavi di casa, che finiscono nel fondo del bidone quasi vuoto. Panico. Ora ho recuperato il sacchetto di plastica, ma in fondo al bidone ci sono le chiavi…

Un pezzetto di cavo elettrico semirigido, modellato ad amo, fa fortunatamente al caso mio: ripesco le chiavi, vado a casa a cambiarmi (a questo punto sono riuscita a sporcare la camicia), scendo, vado a spostare la macchina e naturalmente la trovo con la multa. Faccio tardi al lavoro e pensare che quando mi sono alzata ero in anticipo. Poi torno a casa, preparo il pranzo per i figli studenti che arrivano verso le due. I teen mangiano lamentandosi del menù, poi cercano di convincermi che, in fondo in fondo, un tre preso nel quiz multirisposta non è poi così malaccio (c’è anche il due). Inghiotto qualche rospo per mantenere il self control, quindi rassetto casa, faccio la spesa per il giorno dopo, carico la lavatrice, preparo cena curando meglio la scelta del menù, mangio, sistemo i piatti e mi siedo finalmente sul divano. A questo punto che cosa potevo fare? Guardo l’orologio. Stasera c’è un concerto, hardcore o giù di lì, ci vuole proprio. Il lieto fine dopo il disastro. Andiamo.

Un concerto “da leoni”, organizzato coraggiosamente di martedì, mi ci vuole proprio per raddrizzare la giornata: il live di General Lee + Fall Of A Rising Sun al Papperlapapp. Ingresso 5 Euri, prezzo assolutamente anticrisi. Iniziano i Fall Of A Rising Sun: il cantante invita il pubblico ad avvicinarsi al palco, chiamando a gran voce “Ragazziii!”. Al secondo “Ragazzi” io accenno un passo, il Marito non si muove: evidentemente non stanno chiamando quelli della sua categoria. Si è entrati in atmosfera e l’attesa cresce.

Gli headliner vengono dalla Francia, li sento parlare mentre sistemano gli strumenti. Quando mi capita di udire la lingua francese non posso far altro che pensare alla Creme Brulè, alla Saint Honorè, ai bignè e alla crema Chantilly. L’immagine dei miei dolci preferiti, si polverizza nell’istante esatto in cui i musicisti iniziano a suonare: cantano in inglese, la loro musica è “robba” dura, altro che Mont Blanc. Sono in sei: due chitarre, due bassi, il batterista e il cantante che suona anche i tamburi, messi lì in mezzo al palco. Usano sonorità dalle sfumature un po’ oscure, molto interessanti per quelli come me, che in gioventù ascoltavano musica dark. Ma sono solo poche note di chitarra, qualche giro di basso, quelli giusti per rallentare il ritmo e poi ripiombare nel metal hardcore (o giù di lì). Altro che crema Chantilly! Questa musica fa pensare semmai alla presa della Bastiglia o ad una invasione barbarica, nel senso buono della parola. La cosa più emozionante è il modo con cui riescono a coinvolgere tutto il pubblico. Non possiamo parlare di prime o seconde file: il palco del Papperla e la platea sono poco più grandi del salotto di casa mia. Il caldo è infernale, saremo una trentina o una quarantina, non riesco a contarli, sono sempre tutti più alti di me.

I General Lee non sono certo come quei musicisti che fanno le belle statuine sul palco, questi pogano suonando e cantando in mezzo al pubblico, tirandosi dietro i fili delle chitarre elettriche, spingendo i più sportivi avanti e indietro, lì, ad uno sputo dal mio smartphone. Alla fine il cantante, con i capelli grondanti sudore che gli nascondono il viso, ringrazia il pubblico abbracciando calorosamente quelli che casualmente si trova davanti e naturalmente viene ricambiato. Pubblico e musicisti sembrano tanti calciatori in delirio dopo aver fatto gol. Riesco ad evitare l’umido abbraccio del cantante per un soffio, di umido ne ho già odorato abbastanza stamattina.

Il concerto del martedì inizia presto e finisce presto, ma ti mette di buon umore ed è un ottimo digestivo per i rospi. Nota per gli amanti del fitness: grazie all’headbanging è sparito anche quel fastidioso dolorino alla cervicale. Ho solo una piccola richiesta al Centro Giovanile Papperlapapp: quella stramaledetta bevanda analcolica di cui sembrano riforniti tutti i centri giovanili, il misterioso “Guaranito”, lo vogliamo buttare via una volta per tutte?

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