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September 25, 2013

People I Know. Giuseppe Schettino, videomaker: vivere delle proprie passioni

Anna Quinz

Giuseppe Schettino – classe ’80, bolzanino – nella vita fa film. Non è però uno di quelli – vista la recente attenzione dell’Alto Adige verso il cinema – che hanno scoperto tardivamente le possibilità offerte da questo settore professionale. Giuseppe ama il cinema fin da quando nel lontano 1987, suo padre e i suoi zii inaugurarono quella che per oltre 25 anni è stata un’importante videoteca di Bolzano: VideoTutto LuFraM. “A rileggere il nome ora è terribilmente anni ‘80 – racconta – ma mi ha permesso di vivere il cinema in maniera estremamente forte e personale: poter guardare quali e quanti film volessi, discuterne con amici e clienti, capire qualche logica di mercato, tutto mi ha fatto sempre dire, fin da piccolo -oltre all’astronauta- di voler fare il regista”. Oggi il sogno di Giuseppe è realizzato, anche grazie alla sua casa di produzione Peperonitto Film in Abruzzo dove vive e dove dimostra lavorando ogni giorno – dopo tanti successi e premi prestigiosi – che la cultura e la creatività possono essere sbocco professionale efficace per quei giovani intraprendenti che sognano di vivere delle proprie passioni.

Giuseppe, dalla passione di ragazzo per il cinema, come si è evoluta la tua strada professionale?

Fino all’età di 24 anni le strada della vita mi avevano condotto Altrove. Al ritorno da un lungo viaggio in Nicaragua, come volontario del progetto Los Quinchos, qualcosa è scattato: raccontare della povertà, del disagio sociale, degli orfani non era altrettanto potente del mostrare una foto. È stato un colpo di fulmine (intellettuale) l’aver scoperto la potenza delle immagini. Poi il destino ci mette sempre la sua: Da Picchio il Mela (n.d.a. Matteo Meloni) mi dice: “Hanno appena aperto il bando per la selezione alla scuola ZeLIG, perché non ci provi?”.

Opportunità offerte dalla scuola?

Alla ZeLIG devo molto: in primo luogo la preparazione tecnica, che mi ha permesso di deviare per alcuni anni dal ruolo di regista ricoprendo altri ruoli tecnici senza grosse difficoltà, consentendomi di restare sempre a galla. Le devo anche l’avermi fatto scoprire il documentario. Poi, finito il tempo protetto della scuola, delle sperimentazioni, dell’idealismo e forse anche del cinema documentario stesso, ho capito che era il momento di fare sul serio.

Il documentario è ancora un genere poco conosciuto e spesso frainteso. A te perché piace?

Con il documentario si può raccontare una piccola storia particolare che però ha in sé la trama di un messaggio più ampio, che in molti possono cogliere, spesso dai connotato antropologici e sociali, di forma universale. Vista e udito degli autori, attraverso la regia, diventano il personale punto di vista della narrazione; rispetto al cinema, il documentario è fatto di attimi spesso irripetibili, di emozioni non sempre controllabili e di personaggi che non seguono un copione, ma che sono semplicemente loro stessi. Fino alla fine, non sai come andrà a finire anche se sei tu il regista. Il cinema, sotto questo aspetto, è più facile: hai lo sceneggiatore che scrive, una troupe che cura ogni dettaglio, attori che interpretano il ruolo come vuoi, con la possibilità di ricreare tutto, dalle luci alle location.

Come sei finito in Abruzzo?

Mi ci sono trasferito inizialmente part-time: al cuor non si comanda. Poi decisi di autodeterminarmi: se la precarietà avrebbe dovuto essere il mio stile di vita, che lo fosse almeno senza un padrone. Nel 2008, grazie a finanziamenti statali per giovani imprese, ad Avezzano in provincia de L’Aquila, è iniziata l’avventura di Peperonitto Film, momento che segna uno straordinario spartiacque nella mia vita professionale e personale. Coincide con il trasferimento definitivo in Abruzzo, nel cuore del Parco Nazionale. Con essa, che nel frattempo è divenuta un polo di aggregazione per i “cinematografi” d’Abruzzo e non solo, siamo riusciti a costruire con fatica una solida realtà sul territorio marsicano in primis, che, grazie a ponti professionali, si muove agilmente tra le coste di Roma e Pescara. Siamo nati con l’intento di dimostrare che in Italia si può fare cultura e “camparci”.

L’Alto Adige è ormai terra di cinema. Tu, che sei un po’ dentro e un po’ fuori, che ne pensi?

Trovo curioso il fatto che io abbia lasciato Bolzano anche per seguire il sogno del cinema, che ha il suo fulcro a Roma, e di come, senza quasi accorgermene me lo sia ritrovato alle spalle. Tutto ciò mi lascia perplesso perché l’Alto Adige non è mai stata terra di tradizione cinematografica, sia nell’ospitare produzioni che nel produrle. Certo è lodevole l’iniziativa di ZeLIG e della provincia di corsi di formazioni per figure basi del cinema, ma rischia di trasformarsi nell’ennesima nicchia altoatesina e di formare professionisti chiamati solo nel caso si giri qui. Forse sarebbe servito più protezionismo verso chi, già non avendo possibilità di accedere a finanziamenti ministeriali, finisce per non averne neanche altrove, per le giovani case di produzione che usano i soldi per fare, e per giovani professionisti non ancora affermati che potrebbero avere così il loro fatidico banco di prova.

Foto di Thomas Righetti

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