Titolo originale: In Trance
Regista: Danny Boyle
Di cosa parla: il furto di un quadro di Goya, all’interno di una casa d’aste, sventato e/o realizzato grazie all’intervento di un ambiguo James McAvoy, che, durante la rapina, subisce un’amnesia e solo grazie all’ipnosi potrà cercare di recuperare la propria memoria dei fatti.
Cosa spacca: la storia è narrata in modo volutamente intricato e macchinoso, il dover ricorrere all’ipnosi per svelare la misteriosa sparizione di un’opera d’arte è solo il pretesto per condurre lo spettatore nelle ambiguità di tutti i protagonisti. La scenografia rimanda continuamente al binomio inconscio/ragione, sapientemente rappresentato nella contrapposizione tra gli esterni, una Londra ordinata e geometrica, e gli interni, appartamenti e locali, dove giochi di luci e specchi estraniano e distolgono dalla linea della verità lo sguardo di protagonisti e spettatori. Come appariamo e come siamo realmente?
La colonna sonora è ben calibrata, misurata e quasi non si stacca dalla pellicola, accompagnando senza disturbare le immagini sullo schermo.
Cosa fa schifo: il gioco dell’ambiguità tra realtà ed illusione (o sogno) può stancare verso la fine, ed alcune scelte di sceneggiatura sembrano un po’ tirate. Il film promette molto, ma lascia l’amaro in bocca di una realizzazione migliore non raggiunta.
Menzione speciale: la capacità dell’autore di disegnare i personaggi in modo coerente, lasciando che la trama ne sveli, lentamente, la vera natura, proprio come l’ipnosi porta lentamente a galla (o nasconde) i ricordi.
Consigliato a chi: a chi ama l’arte nel cinema, a chi si domanda se l’ipnosi sia “una cosa seria”
Voto ponderato: 7