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September 5, 2013

Liceo Carducci: una scatola nuova da riempire di teste, a partire da oggi

Anna Quinz

Oggi a Bolzano è iniziata la scuola. Stamattina sono stata “travolta” da un’interminabile colonna (in fila per due, come da copione) di bimbi che guidati dalle loro maestre andavano da non so dove a non so dove.

Questo naturalmente mi ha fatto tornare bambina per un momento, poi ragazzina, poi adolescente, passando in rassegna tutte le scuole frequentate in 13 anni di onorato servizio di studentessa. Nel cuore, naturalmente, il posto d’onore ce l’ha il liceo. Forse perché segna la tappa di formazione più significativa (e più vicina in termini di tempo). Io sono una “da classico”, nello specifico, una “carducciana”. E devo dire che noi del Carducci siamo sempre stati (quasi tutti) molto fieri del nostro liceo. A volte pure un po’ snob, ma quale adolescente liceale non lo è?

Ecco perché oggi mi piace pensare alla mia scuola, che oggi inizia un suo corso tutto nuovo visto che da pochissimo è stato inaugurato il suo nuovo look. A me il vecchio Carducci con i suoi banchi vecchi, la sua atmosfera un po’ dimessa da luogo vissuto e “consumato” piaceva un sacco, ma devo ammettere che il nuovo edificio profumato di fresco, fa la sua p*** figura.

Come tutti i nuovi edifici (specialmente pubblici) inaugurati in città, il dibattito si è acceso nei giorni scorsi. Chi vede la nuova architettura come un freddo e scuro cubo senza anima, chi la vede come una spesa non necessaria.

Ma cosa c’è di più necessario di una scuola, mi chiedo? E se la suddetta scuola è senz’anima nella sua architettura, non è forse questo un problema minimo visto che a fare l’anima di una scuola non sono i suoi muri ma le anime vive che ci passano attraverso, quelle dei professori e degli studenti soprattutto?

Il Carducci di oggi – rispetto ai miei tempi – potrà vantare spazi meglio organizzati, finestre senza piccioni che ci fanno l’harakiri (ricordi indimenticabili), banchi nuovi e attrezzature all’avanguardia. E tutto questo è bello, buono e giusto. Perché è diritto di ogni studente di vivere i suoi anni (e le sue ore) migliori in un luogo sicuro, confortevole, stimolante.

Ma la cosa che conta davvero non sono né le tecnologie né le pareti verniciate di fresco, né tantomeno la scatola nuova che ora si mostra alla città. Quello che conta sono le anime di cui sopra e soprattutto i cervelli che popolano questa scatola, che la trasformano in un luogo vivo dove si disegna il futuro, anche il nostro non solo quello dei giovani che oggi per la prima volta ne hanno varcato la soglia.

La scuola è il nostro valore più grande, banale ma vero. La scuola è la piattaforma dalla quale la società chi viene si forma e si lancia nel mondo. La scuola è il luogo che tutti – cittadini, politici, istituzioni – dovrebbero tenere in palmo di mano, prendendosene cura ogni giorno con tutte le forze a disposizione.

Perché è da lì che tutto inizia, è da lì che le nostre esperienze prendono forma, che sia un liceo o una qualunque altra scuola. È lì che si impara a vivere e a sapere, ad essere adulti pensanti e consapevoli, è lì che professori – che si spera siano sempre illuminati dalla scintilla della trasmissione di conoscenza – insegnino ciò che sanno passandolo di mano in mano e di cervello in cervello.

Io ho un rispetto enorme per la scuola, per i professori (solo quelli illuminati) per presidi visionari che cercano di fare della propria scuola un’eccellenza (penso ad esempio ad Andrea Pedevilla, preside – appunto – del Carducci), di bidelli che ogni giorno accolgono con un sorriso gli studenti, che siano svogliati o pieni di curiosità.

Questa è la cosa su cui puntare e investire, questa è la cosa che assessori e ministri devono considerare prioritaria, questa è la scatola da riempire – non di palestre attrezzate o computer di ultima generazione, ma di saperi e persone sapienti – se vogliamo che questo paese tutto, rinasca dalle sue ceneri.

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