Music

August 31, 2013

Cronache da un concorso #8. Diario giornaliero di uno studente di pianoforte dal Concorso Pianistico Busoni

Alessandro Tommasi
Iniziato il Concorso Pianistico Busoni, che come ogni due anni, porta il meglio del pianoforte a Bolzano. Il giovanissimo Alessandro, ancora una volta si infila alle audizioni, alle prove, ai concerti, segue da vicino ogni fase, butta l'occhio dietro le quinte, bevendo birra con i concertisti. Un diario giornaliero, dalla prestigiosissima competizione che infiamma il fine agosto bolzanino.

E’ finito.
Quasi non ci credo. Il verdetto è stato emesso: il trono resta vacante. L’eletto che potrà assurgere al ruolo di Premio Busoni e guidarci in anni di pace e saggezza ancora non ha fatto la sua comparsa.
Tono epico a parte, approvo in pieno la decisione della giuria. Il potenziale per avere un primo premio quest’anno c’era tutto, ma sono stati tutti scartati nel corso della competizione e dunque per chi è rimasto è giusto così.
Vorrei spendere qualche parola comunque sulla prova di ieri sera. Ovviamente i premi non si danno solo in base al concerto della Finalissima, ma è indubbio che questo abbia un grande peso. E ieri ci si è rivelato in tutta la sua imprecisione causa stanchezza e i suoi rubati eccessivi un pianista con carattere, completamente diverso da come avevamo imparato a conoscerlo.
Sto parlando di Rodolfo Leone, piazzatosi secondo, che è riuscito a tirare fuori dal suo terzo concerto di Rachmaninov (Ancora? Basta!!) un suono portentoso, un’idea musicale innovativa ed è riuscito a imporsi sull’orchestra che di certo non ha dato vita facile. Rispetto alle Finali con Mozart l’orchestra ha comunque fatto dei grandi passi avanti, anche se ancora fa fatica a stare dietro ai concorrenti. Conoscendo la Haydn però, da biasimare non è solo l’orchestra ma anche, e soprattutto, il direttore, che da anni ormai si occupa delle prove con orchestra e ha sempre dato un cattivo spettacolo rendendo dura la prova ai concorrenti.
Leone è però stato solo l’ultimo dei concorrenti di ieri sera, l’hanno preceduto Akihiro Sakiya e Dmitry Shishkin. Il primo ha purtroppo fatto una prova non all’altezza delle capacità precedentemente mostrate, mentre il secondo c’ha offerto un Tchaikovsky di ottima fattura, molto raffinato, ma anche molto monotono e macchinoso. Ho potuto comunque apprezzarne la sublime tecnica che come sempre eccelle nelle scale e negli arpeggi, realizzati alla perfezione e con un suono stupendo, per quanto molto omogeneo, anche troppo.
Altra grande soddisfazione è stata vedere il gran numero di premi che il tedesco Fabian Müller s’è portato a casa, a dimostrazione del fatto che a lui spettava di diritto un posto nei primi tre. Ma con quarto posto, premio della critica, premio come miglior brano di Busoni e premio come miglior esecuzione della composizione contemporanea, si è portato a casa una buona dose di denaro e concerti in giro!

Ma fine, non voglio più pensare a premi, finali, prove, esecuzioni, commenti. Questo concorso ormai è terminato e si spalancano le porte verso la prossima edizione, che sarà la numero 60 e, come sempre, l’amore per i numeri tondi porterà qualcosa di ancora più stupefacente!
Intanto forse è il caso di guardarsi un po’ indietro. Sembrano passati mesi dalla prima prove delle semifinali, ancora senza tutta la giuria, senza il mio collega Nino a tenermi compagnia durante le prove e con cui scambiare commenti, senza aver già instaurato un buon rapporto con candidati e giurati come ogni volta poi puntualmente accade. Mi viene sempre da ridere al pensiero che prima di parlarci sembrano persone inavvicinabili. Giovani concertisti, anziani maestri, personalità già affermate, personalità che dovranno affermarsi. Poi in realtà basta poco per rendersi conto di quanto siano spesso esseri umani uguali agli altri, magari con qualche storia in più da raccontare, magari con qualche speranza per un futuro in cui poter fare ciò che è il loro grande sogno: suonare. Ma sono magari semplicissimi ragazzi, catapultati in un mondo di concorsi con cui non sempre si trovano a loro agio, che vanno nel panico prima di salire sul palco, che si rattristano per ogni cosa andata male appena scendono, che sono curiosi di visitare una città che per loro è completamente diversa, perché magari in Italia non ci sono mai stati, per quanto Bolzano non sia esattamente una tipica città italiana. Penso che ciò che mi porterò più dentro saranno le osservazioni, l’affinamento dell’udito tramite il confronto, il capire sempre nuove cose e lo scontrarsi con opinioni e pareri sempre diversi. E come esperienza personale, al di là di tutto ciò che pianisticamente ho imparato (per quanto ora mi devo rimettere sotto a studiare sullo strumento e magari mettere in pratica ciò che ho potuto vedere), dicevo, ciò che come esperienza personale mi rimarrà davvero sarà l’aver ospitato Oxana Shevchenko. Si sottovaluta l’ospitare un candidato. E’ una cosa bellissima, probabilmente una delle più belle esperienze che si possano fare. Ho ancora vividi ricordi di quando abbiamo ospitato Antony Baryshevsky, due anni fa, di ogni cosa accaduta, dalla difficoltà iniziale all’abbraccio commosso dell’ultimo saluto, senza sapere quando e se ci saremmo rivisti, ma sapendo che ci saremmo ancora sentiti. E sapete? Continuiamo a farlo! Anche qualche giorno fa ci siamo sentiti e abbiamo commentato insieme i risultati del Busoni prima della Finalissima, informandoci delle nostre rispettive vite e delle nostre particolari avventure e terminando, come sempre, con la speranza di poterci rivedere e per me di poterlo risentire il prima possibile.
Con Oxana è stato diverso. Primo perché la fanciulla è molto più espansiva, parla un inglese perfetto e ci si trova a suo agio e dunque adattarsi è stato molto semplice. Secondo perché mi trovavo proprio con una persona completamente diversa. Ci conoscevamo già da tempo, fin da Busoni in cui arrivò quarta, quattro anni fa, in cui con voce tremante e insicura le chiesi un autografo senza sapere se me l’avrebbe concesso o mi avrebbe cacciato a male parole, e io stesso le avevo chiesto due anni fa di prendere parte a questo Busoni, principalmente per poter avere l’onore di ascoltarla di nuovo!
E’ stato davvero triste vederla sfruttare l’occasione di essere in Italia per visitare suoi amici (com’è più che giusto!) perché ha ridotto di molto i giorni che abbiamo potuto passare insieme. Ma come mi ricordo tutto ciò che è stato Antony, mi ricorderò tutto ciò che abbiamo passato insieme in quei sei giorni. Fin dal suo arrivo, i bagagli, lo zaino stracolmo di spartiti, smollare la roba in camera e poi veloci verso l’auditorium, che Radu Lupu suona Schubert! E i giorni dopo, le nottate passate a chiacchierare davanti ad un tè o una camomilla (con grande disappunto di mia madre che ci sentiva anche nel cuore della notte), le colazioni insieme, l’organizzarsi per i pasti, il farle da supporto, ma anche criticarla quando chiedeva pareri sinceri su come avesse suonato, l’attendere insieme i risultati delle prove e scoprire chi era passato, mentre mi stritolava con foga la mano per l’ansia. E ancora, il giorno dopo aver scoperto che non era passata, accettato con tanta tranquillità che sembrava addirittura contenta, ora poteva essere finalmente libera e farsi un giro per Bolzano che ancora un po’ conosceva meglio di me, dagli anni scorsi! Un intero giorno in cui avrei potuto riposarmi e studiare, ma che si è trasformato in una giornata interamente dedicata a lei, per potersi vivere gli ultimi momenti insieme fino all’ultimo. Questo è ciò che ti dà ospitare un candidato, soprattutto se cerchi davvero di instaurarci un rapporto. E’ un’amicizia che può durarti un’intera vita, un sapere di poter contare su una persona, dovessi andare a Kiev, dove abita Antony, o a Losanna, dove Oxana si sta per trasferire e in cui mi ha già invitato, perché devo assolutamente andare non appena si sarà ambientata e ovviamente a mia volta l’ho invitata a Padova, da cui poi poter andare facilmente anche a farsi qualche bella giornata in giro per Venezia.

Sono cose che rimangono. E’ più delle foto scattate davanti ad una pizza con Antony o del servizio fotografico che Oxana, trasformatasi in una vera turista, ha fatto a me e al panorama bolzanino. E’ un legame stupendo, che mi fa solo attendere con più gioia e più partecipazione il prossimo concorso. Perchè il Festival Busoni è bello, è interessante, merita moltissimo ed è il più adatto per un pubblico, con tutti i suoi nomi importanti, ma il Concorso crea vere emozioni e te le fa esperire sulla pelle come poco altro. Anche la tradizionale consegna dei premi, con tutta l’ansia, il desiderio di scoprire quanto c’hai preso, chi ha vinto, SE qualcuno ha vinto, che premi sono andati dove, meglio ancora se con qualcuno con cui condividere quei momenti, in questo caso l’onnipresente Nino, il Premio Bolzanino per le battute squallide sui pianisti Luca e come guest star Anna Bernard, la quale dopo lunghe pressioni (e invito ufficiale dal boss P.P. Keinrath) ha accettato di seguire me e Nino all’incontro con la giuria post concorso e ha potuto appurare quanto siano utili queste occasioni per stringere contatti e ricevere proposte di studio e anche lavoro. Tra l’altro ringrazio ancora Karoline Fink, presidentessa degli Amici del Busoni per averci concessoo anche quest’anno quelle magnifiche esperienze che sono i buffet e le degustazioni con giuria e altri personaggi. Sono proprio quelle le occasioni in cui conosci i lati umani dei pianisti che prima erano così distanti che sembrava quasi non potessi nemmeno parlarci! E sono quelle le occasioni in cui bersi qualche bicchiere di vino o qualche birra fra amici. O riconfermare la propria sfiga trovandosi sempre in mezzo quando cade una birra e il contenuto della bottiglia ti finisce su scarpe e pantaloni (non è colpa mia questa volta!!) o quando cade un bicchiere e si fracassa (nemmeno questa!) o insomma, qualsiasi cosa venga rotta io sono sempre in mezzo, che sia colpa mia o meno. Si vede che porto proprio sfortuna. Ma due risate e della birra sui calzini alla fine rimane solo l’odore e la serata prosegue al meglio, come sempre.

Non posso credere che per quest’anno sia finito, che dovrò aspettare l’anno prossimo per tornare alla carica e due anni per poter rivivere queste esperienze. Sembrano così tanto tempo che potrebbero non arrivare mai, che potrei essere chissà dove allora, oppure essere sempre nello stesso posto.
Ma basta con la tristezza, con i ricordi e con questo stupido sorriso beato che ho stampato in faccia da quando ho iniziato a scrivere quest’ultima pagina di cronache da un concorso. Piuttosto che non rimpiangere che sia passato, preferisco proiettarmi verso la sicurezza che in futuro, non importa se non prossimo, tutto ciò accadrà di nuovo, e molte molte molte altre volte!

Noi ci rivedremo per altri articoli, altre interviste e altre cose a caso, un po’ come sempre.
Nel frattempo spero di avervi ben intrattenuto con i miei racconti, le mie personalissime (eppure non sempre scorrette) opinioni e le mie particolari avventure alla cinquantanovesima edizione del Concorso Pianistico Internazionale Ferruccio Busoni.

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