Music

July 27, 2013

Frankie HI-NRG all’apertura del MUSE: “Una grande festa per la cultura”

Marco Bassetti
Inaugura oggi il nuovo Museo delle Scienze di Trento progettato da Renzo Piano nel nuovo quartiere Le Albere. Nella lunga maratona inaugurale, dalle 18 del 27 luglio alle 18 del 28 luglio, tanti gli ospiti da Giovanni Lindo Ferretti a Patrizio Roversi, da Telmo Pievani a Frankie Hi-NRG.

“I primi concerti di rilievo per Frankie furono quelli che introducevano i Run DMC e i Beastie Boys durante il tour italiano del 1992, un buon mezzo per rendersi noto prima di pubblicare l’album d’esordio, Verba Manent, che uscì nel 1993”. Così inizia la biografia ufficiale, che compare suo sito internet. Nomi importanti e date importanti per uno che vive in Italia e di mestiere fa il rapper. Il 93 è lo stesso anno di Rapadopa di DJ Gruff, era l’inizio di una grande stagione per la scena hip hop nostrana. Oggi viviamo un’altra golden age del rap italiano, con tutte le contraddizioni che la caratterizzano, e Frankie HI-NRG è ancora lì, a fare la sua cosa. Quella che gli viene meglio: incastrare pensieri e rime, immagini e parole. A 44 anni e con 20 di carriera sulle spalle non ha nessuna intenzione di gettare la spugna, alla faccia dei truci membri del Truceklan e di tutti gli pseudo MC della penisola. E, anzi, va avanti per la sua strada, con l’orgoglio di chi ha capito che sapere fa rima con potere.

Sei tra gli ospiti della 24h inaugurale del MUSE, il nuovo polo scientifico ad alto tasso tecnologico che mescola divertimento, gioco e sperimentazione e riflessione collettiva in nome del sapere, 120 addetti, 60 ricercatori. C’è chi, nonostante tutto, investe in maniera seria nella cultura…

Ogni volta che nasce un nuovo museo è una festa, essere coinvolto in un’occasione così lieta non può che farmi molto piacere. Per quanto riguarda il mio contributo alla serata, si tratta di un dj set: metto musica per il piacere di far ballare la gente. So che sarò affiancato da un vj che farà uno show di immagini. Insieme cercheremo di trovare la sinergia giusta per offrire un buon spettacolo.

Tu sei vicino al mondo dell’edutainment, dell’intrattenimento culturale. Tra le altre cose, qualche anno fa, ha contribuito con una prefazione rap al libro” School rocks!” di Antonio Incorvaia e Stefano Moriggi. Il succo è questo “lo studio finalmente ti svaga, partendo da Platone e arrivando a Lady Gaga”. Ci spieghi il senso?

Io penso che l’importante sia ragionare in termini di cultura, senza ragionare sull’altezza di una cultura rispetto ad un’altra. Naturalmente non tutto è cultura nel senso accademico del termine, ciò non toglie però che certi elementi della cultura pop possano essere utili per avvicinare i ragazzi alla cosiddetta cultura alta. E viceversa: per chi è abituato a confrontarsi sempre con grandi temi può essere utile avere dei ragguagli su quanto succede un gradino più sotto per raggiungere una miglior comprensione dei tempi che viviamo.

Quindi è utile che un professore conosca, accanto all’opera di Platone, anche l’opera di Lady Gaga?

Certo, visto che oggi Lady Gaga influenza più persone di Platone è fondamentale tenere presente quello che Lady Gaga fa e dice, senza bollarla semplicemente come un fenomeno da baraccone. Anche perché i fenomeni da baraccone, in quanto fenomeni, meritano di essere guardati e, in quanto baraccone, hanno l’attenzione di tante persone. Quindi è giusto studiare quello che cattura l’attenzione di molti.

Il tuo modo di fare rap è sempre stato molto legato a questo desiderio di comprendere, di studiare la realtà che ti circonda, unendo pensieri, parole e musica. Oggi che il rap è diventato un fenomeno di massa anche in Italia, si sente in giro tanta musica e tante parole, ma di pensieri c’è una grande penuria. Come giudichi l’attuale scena hip hop italiana?

La scena hip hop italiana purtroppo l’ho sempre seguita poco. Certo non ho una grande passione per il rap che le classifiche di oggi normalmente propongono, fatta qualche accezione: il mio collega e amico Caparezza propone sempre cose fresche e interessanti, lo considero come uno dei migliori. C’è da dire che il rap è un genere musicale multiforme, che attinge da tante fonti e ha varie correnti. A seconda di chi lo fa cambia l’intento, un po’ come nella pittura: non si può parlare di pittura in generale, si può fare pittura in infinite maniere. Quello che sta andando adesso nel mondo hip hop è indubbiamente all’insegna del disimpegno, mentre io ho sempre cercato di fare un passo avanti, di superare il disimpegno… e di entrare in casa, di arrivare perlomeno al tinello (risate).

Magari fosse solo disimpegno, il disimpegno può essere molto nobile. Invece quello che emerge spesso è una visione del mondo ipermaterialista, fatta di donnacce, denaro, cocaina e gangsterismi assortiti….

I De La Soul erano degli alfieri del disimpegno ma quanta meraviglia c’era nel loro modo di fare e vivere la muisca. Io ho nella mente e nel cuore alcuni pilastri dell’hip hop tra cui KRS-One, forse il primo che è riuscito a puntare efficacemente l’attenzione sull’edutainment, sull’importanza dell’intrattenere fornendo dei punti di vista, dei contributi, raccontando delle cose che possono essere utili. Non dico che il rapper abbia un ruolo ecumenico, però dico che qualunque persona che abbia la fortuna di avere un pubblico dovrebbe impiegare una porzione del proprio tempo a suggerire dei punti di vista, anche scomodi, anche correndo il rischio di non ottenere il plauso della gente. Ci sono invece dei rapper che ricorrono a degli argomenti, a dei temi, a delle battute a d effetto per accattivarsi un pubblico giovanissimo, avendo a cuore il proprio successo più che la proposizione di qualcosa di migliore.

In quest’ottica, come giudichi Snoop Dogg che abbandona i panni del gangster per diventare Snoop Lion, spacciandosi addirittura come la reincarnazione di Bob Marley?

Ma non lo so, ne ha fatte di tutti i colori, per un certo periodo della sua vita è stato anche attore e produttore di film porno. Indubbiamente le cose che fa come Snoop Lion sono fighe, come erano fighe le cose che faceva prima: lui è bravo a far la sua cosa. Poi cosa pensi effettivamente nel suo intimo non lo so, non so se abbia davvero scoperto una via più religiosa o se abbia invece fiutato un trend che promette bene dal punto di vista commerciale. Poi si sa che il filo rosso che unisce tutta la produzione di Snoop è in realtà un filo verde (risate)… quindi non stupisce molto che sia finito in Giamaica.

In questo momento storico in cui il rap è tutto e il contrario di tutto si inserisce anche il tuo scontro con il Truceklan. Davanti ad uno spettacolo così avvilente (non linko il video di Duke Montana per elementare senso del decoro, ndr), non hai mai avuto voglia di mollare tutto?

Ma stiamo scherzando? Ci tengo a dire che non ho mai avuto un dissidio con il Truceklan o con i suoi esponenti. Semplicemente fui intervistato quando alcuni membri del Truceklan vennero coinvolti in un’operazione di polizia e dissi che se uno sceglie di fare il gangsta all’americana rischia poi di essere trattato come un gangsta all’americana. Non avendo gradito questa mia dichiarazione, alcuni componenti di quel gruppo hanno pensato bene di cogliere l’occasione per farsi un po’ di auto-promozione. Ovviamente non sono queste le cose che possono spingere una persona a smettere di fare musica, manco mi facesse un pezzo contro Kanye West o Jay-Z. Insomma, chissenefotte! Non sono queste le cose che mi fermano.

Stai lavorando al disco nuovo?

Sì, uscirà prossimamente, non so se entro la fine di quest’anno o all’inizio del prossimo. Sono in studio e sto facendo un disco che mi piace parecchio, spero che piacerà anche ad altri.

Pensi che questo periodo d’oro per il rap italiano possa portare dei vantaggi anche a chi fa rap da vent’anni come te?

Non lo so. Il pubblico che ascolta i rapper del momento ricerca un certo tipo di messaggi e quindi, non trovandoli nella mia musica, molto probabilmente non apprezzerà. Fondamentale per me è differenziarsi, avere una personalità propria. Ho 44 anni e i pischelli di vent’anni di oggi hanno un’altra visione del mondo, hanno vent’anni in un’epoca diversa da quella in cui io avevo vent’anni. Quando io avevo vent’anni ho scritto “Fight da faida”, loro scrivono dell’altro. Non so se si tradurrà in vantaggio il fatto che oggi c’è del rap in ogni radio, ma il mio cerco di mettercelo sempre dentro alle radio.

www.muse.it

Print

Like + Share

Comments

Current day month ye@r *

Discussion+

There are no comments for this article.

Archive > Music