Alle porte di Thunnhäuser, ho visto cose che voi umani

23.07.2013
Alle porte di Thunnhäuser, ho visto cose che voi umani

Thunnnnn! Sembra il suono che si sente quando, camminando distrattamente per le strade della città, si va a sbattere con la testa contro un palo. Che sorpresa! Che figura di merda… Invece questa cacofonica, aristocratica onomatopea ci ricorda che anche nel Tirolo del sud o nell’Adige del nord si può perdere il lavoro con il classico e sempre efficace calcio nel culo. Volendo rimanere sul binario tragicomico che queste drammatiche situazioni producono, si potrebbe accostare l’espressione attonita degli odiosi angioletti prodotti dall’azienda locale con quella dei lavoratori ai quali ha voltato le spalle.

A tale proposito questa intervista a Peter Thun realizzata dal canale tv2000 ci mostra una situazione di fiaba legata al marchio dell’azienda, dalla quale però nelle ultime scene emerge quell’inconsapevole ed agghiacciante razionalità che caratterizza l’imprenditore neoliberista. Ad un certo punto, infatti, l’aristocratico imprenditore sudtirolese, sollecitato dall’intervistatore, dichiara che, pur essendo amante dello stile, è contento di pagare il vestito confezionato dalla sua sartina qualche decina di euro.

Se ci fosse ancora posto per confrontarci con la barbarie del nostro tempo, accompagnata da un’etica del lavoro disumana, si potrebbero gustare questi altri estratti nei quali il nostro Thun si stupisce del fatto che i suoi compatrioti sudtirolesi, impiegati nella fabbrica da lui diretta, chiedano degli aumenti salariali costringendolo a trovare rifugio in Cina. Oppure potremmo gustarci la parte nella quale ci spiega come valorizza i fedelissimi e disciplinati operai cinesi, premiando le loro idee con tupperware o cesti di frutta… l’importante è il pensiero.

Lungi dal voler giudicare l’azienda Thun in maniera più severa di altre, ritengo comunque che di un pensiero neoliberista – che in questo periodo, in maniera quasi naturale, emerge dai discorsi di molti imprenditori – non ci sia assolutamente bisogno. Al contrario, recuperando un ruolo nobile che l’impresa privata dovrebbe avere nella nostra società, si dovrebbe sostenere ciò che la nostra Costituzione, nella parte dedicata ai diritti e doveri dei cittadini, enuncia all’articolo 41:

L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.

Si potrebbe facilmente dimostrare che le imprese che delocalizzano arrecano danno alla libertà ed alla dignità umana, nel momento in cui adottano modelli di produzione senza tutele per i lavoratori o per l’ambiente.

Tornando in Alto Adige: una volta che i milioni di angioletti giungono in Italia, vengono accolti da tutti a braccia aperte come se fossero dei veri sudtirolesi (quando si tratta di merci non siamo assolutamente razzisti, anzi). Questa presenza come produttrice e questa contemporanea assenza come potenziale datore di lavoro, tipica di molte imprese che hanno scelto di produrre all’estero, ha una natura doppiamente predatoria che si realizza da un parte occupando una fetta di mercato ed impedendo ad altri di farvi parte, dall’altra non creando occasioni di lavoro. Durante le feste natalizie bolzanine continueremo quindi a portare per mano orde di turisti ipnotizzati dai buoni sentimenti ad accaparrarsi l’ennesimo angioletto thailandese (pare che i tailandesi siano più fedeli e disciplinati dei compagni cinesi e comunque mai come gli altoatesini) da Thuniversum, accollandoci anche i costi sociali della disoccupazione che ha contribuito a creare.

Ma non tutto è negativo, un antico proverbio cinese recita infatti: il privilegio di lavorare per un imprenditore aristocratico sta nel fatto che al momento del calcio in culo indosserà un bel paio di morbide scarpe in pelle finemente lavorate a mano… questione di stile.

Immagine in alto tratta dal progetto “Statt der Engel” – un progetto dell’Osservatorio Urbano/Lungomare (Angelika Burtscher, Roberto Gigliotti, Daniele Lupo) che analizza il branding dell’Azienda Thun,  presentato a varie mostre in Austria. Ulteriori info trovate qui

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