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June 19, 2013

People I Know. Christian Martinelli: fotografo e reporter, con un cubo gigante racconta il mondo

Anna Quinz
Venerdì scorso a Ortisei ha inaugurato la mostra “Still Life”, visitabile fino al 30 giugno, del fotografo Christian Martinelli - meranese di origine, ma ormai cittadino del mondo - e del collettivo Cube Stories, che con un cubo enorme fotografa la realtà.

Christian Martinelli ha 43 anni è nato a Merano, ha origini un po’ sarde e un po’ trentine, da poco vive in Austria, in un maso in mezzo ad un bellissimo bosco vicino ad Innsbruck, e di professione fa il fotografo e reporter.Nei suoi tanti viaggi, lavorando al fianco di organizzazioni non governative, come ad esempio SOS Kinkerdorf, Christian ha documentato la guerra in Bosnia e il terremoto ad Haiti, passando per l’Asia, l’Africa e il Sud America. E poi ancora, ha spesso lavorato in centri psichiatrici, in Moldavia, Sicilia e più recentemente a Casa Basaglia a Merano. Al momento sta lavorando a un grosso progetto per la Lebenshilfe Austria: per due mesi documenterà la vita degli “ospiti” dei centri in tutto il territorio austriaco, dalle comunità abitative, alle officine artigianali, alla vita di tutti i giorni. Da qualche anno gira ovunque, oltre che per i reportage, con un enorme macchina fotografica – un cubo di 8 metri cubi – che non passa inosservato e che lascia sulla realtà circostante un segno indelebile. Esperienze forti, ma per uno come Christian, che si definisce fotografo per necessità, tutto questo diventa importante come l’aria: “Conoscere, viaggiare e dare vita a qualcosa che prima non esisteva è per me fondamentale”. 

3Christian, tra i tanti reportage fatti, quale l’esperienza più forte?

Tra tutti i reportage che ho fatto una delle esperienze più intense è stato a Port-au-Prince capitale di Haiti. Il terremoto del 2012 fece in poco più di 2 minuti 220.000 morti. Io sono arrivato dopo qualche mese, ma tutto era come se fosse appena successo. Tutt’oggi parte delle macerie giace ancora ai lati delle strade. Il centro città è completamente raso al suolo, come se un’ onda avesse spianato palazzi case e tutto ciò che si trovava davanti. Mentre in quasi tutta la città i piani superiori delle case o sono crollati o gravemente compromessi.

Un palazzo di 5 piani collassato su se stesso alto non più di 4 metri, con all’interno centinaia di persone, il palazzo del parlamento, di struttura apparentemente nuova e resistente, spezzato in due e centinaia e centinaia di case completamente distrutte. Per assurdo il ricordo più forte che mi porto dietro da questa esperienza non è tanto ciò che ho visto, ma piuttosto ciò che “non” ho sentito. Anche se non ho vissuto dal vivo questa tragedia è tale la distruzione che un rumore sordo e fortissimo mi si è creato nella mente e mi ha accompagnato per tutto il periodo di permanenza sull’ isola… e ancora oggi e impresso indelebile nei miei ricordi.

Oggi la comunicazione visiva è molto cambiata. Com’è il reporter 2.0? 

Ogni giorno al mondo vengono scattate più di due miliardi di fotografie! Trovo, questa meravigliosa attitudine allo scattare foto per il semplice bisogno di ricordare gli avvenimenti, un’ottima pratica sociale. Peccato che di questa immensa quantità di immagini quasi nessuna venga riguardata né  tantomeno stampata. Per quel che mi riguarda al momento mi dedico ad una fotografia 8.0, che sono esattamente i metri cubi che compongono la “camera-cubo” che utilizzo. Non è esattamente un sistema pratico e maneggevole ma oggi che tutti sono fotografi e scattano fotografie, mi sembra il miglior modo per distinguersi dalla massa.

cubestoriesParliamo allora del progetto Cube Stories. Come nasce, come si gira il mondo con un cubo di quelle dimensioni?

Cube Stories nasce 4 anni fa in Cina dove mi trovavo con  Andrea Pizzini per un progetto nella Mongolia Interna. Un’intuizione nata una notte riflettendo con Andrea sulla fotografia. Il cubo non è altro che una enorme macchina fotografica e si differenzia dalla cosiddetta camera stenopeica per il fatto di possedere un obiettivo, un otturatore e un diaframma. Questa camera è capace di produrre immagini positive a colori su carta di grandi dimensioni (1×1 metro) e di eccezionale qualità. L’utilizzo di questa camera-cubo risulta essere, a causa di dimensioni e il peso, piuttosto laborioso. Il tutto viene trasportato con un piccolo furgone ed è praticamente impossibile lavorare da soli.

Analogico versus digitale. Pregi e difetti delle due modalità?

Non credo ci sia una competizione in corso. Dell’analogico apprezzo la sua “lentezza” nell’esecuzione la sua “sincerità”. Necessita di una buona dose di premeditazione e riflessione in fase di ripresa e di una buona conoscenza artigianale nella fase di sviluppo e stampa. Le cose che non mi piacciono della fotografia digitale sono in primo luogo, la semplicità con cui è possibile modificare la realtà e poi il fatto che attraverso la ripresa e la  post produzione, si possa correggere ogni genere di errore. La mancanza di analogia tra realtà e la sua rappresentazione, aggiunta all’ambiziosa rincorsa alla perfezione, stridono con un mondo decisamente più analogico ed imperfetto. 

2Cosa ti porti dentro – personalmente e professionalmente parlando – del tuo luogo di origine? Cosa invece eventualmente “rinneghi” avendo viaggiato tanto e visto il mondo?

Le mie origini sardo-trentine non fanno di me un vero e proprio”sudtirolese”, ma devo dire che malgrado l’assenza di radici culturali, a questa terra sono molto affezionato e mi sento decisamente a casa. Sono cresciuto tra Merano e Belluno, dove ho passato tutte le estati dei miei primi 12 anni di vita: il periodo senza dubbio il più intenso e spensierato della mia gioventù. Sono da qualche tempo un italiano residente all’estero e quindi considero, per il momento, l’Alto Adige la mia seconda residenza. Non ho “quasi” nulla da rinnegare e proprio il fatto di aver visto molti luoghi mi fa capire che, nel bene e nel male, in questa terra si può vivere serenamente. Sono 1000 le critiche che si potrebbero fare, ma basterebbe pensare a luoghi, anche non lontani da qui, per comprendere che lamentarsi di vivere in questa terra vorrebbe dire ignorare la realtà delle cose.

Sei un giovane padre, cosa condividi con suo figlio delle tue passioni? Che valori desideri trasmettergli?

Giovane?? A parte gli scherzi, la condivisione del mio lavoro con Emil si trasforma inevitabilmente nei suoi confronti, in una evidente assenza. Fortunatamente ho anche la possibilità di passare tanto tempo a casa con lui e Monika, la mia compagna, dove ci occupiamo prevalentemente del giardino e dell’orto. Se io e le persone che lo circondano saremo stati solidali, giusti, onesti e così via allora saremo stati di buon esempio e forse anche lui un giorno avrà fatto suoi questi ideali.

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