People I Know. Luca Di Bari: “sogno un giorno di insegnare ad altri giovani”

12.06.2013
People I Know. Luca Di Bari: “sogno un giorno di insegnare ad altri giovani”


Avere 20 anni, e goderseli tutti. Luca Di Bari è giovanissimo, ha 20 anni, appunto, è studente dell’Istituto Professionale per il commercio di Bolzano, vive a Merano con il padre ma arriva da Napoli. E sogna di fare l’insegnante. Che non si dica, ascoltandolo, che i giovani oggi non hanno più ideali, sogni, prospettive. Luca ha tanta energia ed entusiasmo, che riesce a canalizzare in modo positivo e propositivo. Responsabile e sensibile, pieno di interessi, sportivi e culturali, capace di divertirsi, ma in modo sano, Luca osserva il suo tempo e i suoi coetanei con occhio critico e attento, sperando un giorno di essere un professore capace di formare altri giovani menti, come i suoi maestri hanno fatto con lui. Un cervello pensante, Luca, con tutta la solarità che – dalla sua città di nascita, Napoli – ha portato con sé nella sua nuova casa nel nord altoatesino. 

Sta per finire l’anno scolastico, progetti per l’estate?

Manca una settimana e come al solito nulla è ancora deciso. Come ogni estate credo che passerò a Napoli a trovare mia madre e mio fratello che vivono lì. Ho un tirocinio da affrontare in luglio e non vedo l’ora di cominciare, anche perché al giorno d’oggi i giovani necessitano di esperienza nel mondo del lavoro molto più che in passato. In agosto farò il volontario alla festa pro Emergency che si tiene ogni anno a Merano. Tengo molto alla causa e al gruppo che ci lavora. Poi, chiaramente, il resto del tempo sarà dedicato al divertimento, ai tornei di pallavolo e ai concerti.

Manca poco al diploma, progetti per il futuro?

Dovrei dire: un passo alla volta? Forse, ma sono un sognatore e come tale viaggio molto nel futuro con la mente. Vorrei frequentare la facoltà di lettere a Trento, facoltà che mi interessa, perché scrivo poesie e perché ho sempre desiderato sin dai primi anni dell’adolescenza di insegnare. Ho avuto già la fortuna di farlo, grazie a una mia professoressa che come interrogazione mi ha “messo dall’altra parte”, permettendomi di spiegare alla classe una lezione e interrogare, e grazie anche al mio allenatore di pallavolo, che mi ha permesso di allenare la squadra.Quindi se possibile vorrei continuare, professionalmente, in questa direzione.

L’insegnamento dovrebbe essere una vocazione. Che tu evidentemente hai. Dal tuo punto di vista, cosa significa “trasmettere conoscenza”, come lo vorresti fare?

Per me “trasmettere conoscenza” ha due significati, uno è il senso che tutti gli attribuiscono, ossia quello di svolgere un programma e insegnare “la lezione”, argomenti e temi che si ripetono negli anni per ogni classe e che sicuramente sono importanti per la vita di uno studente. L’altro – che secondo me è più importante – è quello di saper guidare un alunno alla conoscenza di se stesso, condurlo verso la conoscenza e il riconoscimento dei propri mezzi, valori e capacità, in maniera da potersi costruire anche da solo un futuro. Il saper valorizzare una persona, farne emergere i pregi e insegnare a trarre dai difetti un valore su cui migliorare, è secondo me il vero compito di un professore.

Napoli e Merano, città agli opposti?

Napoli e Merano sono due mondi differenti, quasi non sembra possibile che siano nello stesso paese. Non parlo delle persone, molto spesso la gente del sud crede che qui la gente sia fredda e poco propensa ad aiutarti, poco socievole. Ma non è così, anzi, ho trovato molto più facile far amicizia qui che a Napoli in alcune occasioni. Qui in Alto Adige invece si crede che Napoli sia solo la pattumiera d’Italia, e si dimentica quanta cultura e quanto ci sia da imparare da quella città, al pari di Roma, Venezia e Firenze. La principale differenza, però – e questo è un fatto – tra Merano e Napoli è l’organizzazione. Basta pensare a come l’Alto Adige in generale lavori sul turismo e come gestisca una quantità di turisti impressionante.  A Napoli, ci sono un’immensità di “attrazioni” per i turisti, ma a volte nemmeno i napoletani conoscono queste doti della città. Volendo scoccare una freccia a favore di Napoli potrei parlare della “movida”: infatti la città offre molto di più rispetto alla piccola Merano, e i giovani hanno ogni sera un locale diverso da poter conoscere e frequentare.

Movida napoletana versus movida altoatesina?

Io sinceramente mi diverto in maniera semplice, forse diversa da quella dei miei coetanei: alle serate in città al bar preferisco una buona cena a casa di amici, bevendo certo, ma cercando di farlo in maniera il più responsabile possibile, magari concludendo il tutto con buona musica – perché no? – suonata da noi.

Per quanto riguarda i giovani, si è già detto molto sul fatto che bevono troppo, qui in Alto Adige. Più preoccupante, secondo me, non è il bere in sé per sé, ma il fatto che i ragazzi non conoscano altri modi per divertirsi. L’Alto Adige propone molti eventi culturali tra i quali anche concerti ma i ragazzi sfruttano poco queste occasioni. Anche solo andare al cinema il sabato sera per alcuni, è impensabile. La provincia, penso, dovrebbe impegnarsi di più nella valorizzazione di questi eventi.

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