Music

June 6, 2013

Tachi è tornato un’altra volta sulla scena, l’intervista (part 1)

Marco Bassetti
Marco Cecchellero, meglio conosciuto come Tachi, è un MC bolzanino attivo dal 1997. Per un periodo aveva mollato, deluso e frustrato dalla piega che stava prendendo la scena rap. Ma adesso, Tachi è tornato.

Con il suo nuovo EP fresco di stampa, Tachi sarà tra i protagonisti di Playoground l’8-9 giugno in Piazza Tribunale. L’ascolto di “Un’altra volta” (in freedownload dal 30 aprile su nidosound.com) ha confermato tutte le buone impressioni suscitate dal singolo “Cicatrici e lividi”: rap di ottima fattura, diretto e senza fronzoli, rime studiate e basi potenti. Tutto molto lontano dalle mode e dalle facili pose dell’hip hop fasullo e tamarro che oggi va per la maggiore. In Tachi si riconosce la conoscenza e la consapevolezza di chi è cresciuto a pane e rime, beat e sudore, a partire da quella magica stagione – erano i tardi anni Novanta – in cui l’hip hop in Italia era vissuto come una vera e propria cultura undeground, fatta di eventi, di incontri, di scambi, di impegno, di lavoro e di ricerca. A tutto questo Tachi ha partecipato, quell’aria l’ha respirata , scrivendo, rappando, allenandosi in freestyle con gli amici al parco, organizzando eventi qui a Bolzano e partecipando a importanti contest in giro per l’Italia. Poi ha deciso di mollare tutto, spinto dalla rabbia e dalla frustrazione: il mondo del rap si stava trasformando, un nugolo di ragazzini senza arte né parte aveva preso in mano il microfono calpestando la storia e la dignità di un genere nato per essere altro, per essere arte, per essere passione, resistenza. Uno spettacolo che, a chi ama il rap come Tachi, è parso disgustoso, intollerabile. Ma ai grandi amori, si sa, è difficile dire addio…  Così Tachi è tornato, è tornato sulla scena per dire la sua, per dimostrare di che pasta è fatto. “Un’altra volta”.

Nei nuovi pezzi si sente molta ricerca a livello di rime e di testi. Come lavori ad un pezzo nuovo, prima il testo o la musica?

Ci sono quelli che partono dal testo ma io prima devo avere la base, perché il flow e la metrica cambiano molto in rapporto alla base. E poi magari la base ti dà già il mood del pezzo, ti indica uno stato d’animo… Ci sono esempi fighi tipo base allegrissima e testo arrabbiatissimo, però io in generale preferisco che base e testo vadano nella stessa direzione. Una volta che ho la base mi metto a scrivere, oggi a scrivere sono molto lento. Quando era ragazzino veniva tutto più facile, spesso erano pezzi autocelebrativi tipici dell’hip hop, “tu non vali un cazzo mentre io ti faccio il culo”, questo era la sostanza del pezzo. Oggi mi piace fare cose più pensate.

Come nel pezzo che s’intitola “Il tempo”…

“Il tempo” è il pezzo in assoluto più vecchio, l’ho scritto tre anni fa. Con quel pezzo avevo partecipato ad Upload e avevo vinto il Premio della giuria “come migliore personalità artistica del festival”… che quando me l’hanno detto… (risate). Sono stato molto lusingato del premio ma dopo il festival non ho fatto più niente di sto pezzo. L’ho ritirato fuori adesso perché mi sembra suoni ancora bene. Quando l’ho scritto andavo ancora all’università (Tachi ha studiato Lettere a Trento, ndr), sempre alternando studio e lavoro, ero abbastanza sotto pressione… “Ti dicono stai fermo, ti dicono stai buono / tu devi essere il meglio, io sono ciò che sono”. Questo è il tema del pezzo, il fatto di dover essere sempre al top, dovendo fare sempre i conti con il tempo: “Tutto passa col tempo, ma il tempo non passa mai / ma è col tempo che raccogli i frutti di quello che fai”. Sentivo il peso del tempo ma mi rendevo anche conto che è solo col tempo che si riesce a raggiungere qualcosa, ad arrivare ad un punto.

Tachi

Tu sei arrivato ad un punto?

Sì, sono molto contento di questo. Quel pezzo era legato ad un periodo particolare, poi ho trovato un lavoro che mi piace, lavoro al centro di formazione dell’Eurac… mi piace molto, mi piace l’ambiente, ho migliorato molto il mio tedesco… nel frattempo sono andato a vivere con la mia ragazza che adesso è incinta e a novembre divento papà.

Cavolo, congratulazioni! Stai raccogliendo ottimi frutti, direi… Ma non hai mai inseguito il sogno di vivere di rap?

No, in maniera seria no. Anche perché ho avuto la fortuna di iniziare a fare rap abbastanza in tempo per potermi godere robe fighissime, il rap italiano fine anni Novanta, gente come Kaos, Neffa… ho avuto l’onore di organizzare molte serate, Kaos ha dormito a casa mia, dj Trix nel mio salotto, Moddi nel mio letto… ma ho anche avuto la sfiga di iniziare troppo presto per beneficiare in qualche modo dell’attuale esplosione del movimento rap in Italia. Poi io per come sono fatto, e qui faccio anche dell’autocritica, non ci ho mai creduto più di tanto. Non mi sono mai reputato abbastanza bravo per poter fare il salto. Quando ero uscito con il mio primo demo “Evasione” avevo ricevuto una recensione super positiva dalla rivista Groove ed ero rimasto contentissimo… ma comunque, sono sincero, non ci ho mai creduto più di tanto. Vedendo in giro gente molto più brava di me fare la fame e ho sempre pensato “perché dovrei farcela io che sono molto più scarso?”.

Oggi nel rap è forse più facile farcela, ma è la qualità a pagarne il prezzo…

Io per un periodo ho smesso di fare rap proprio per questo. Fare rap mi metteva molto stress, ore e ore ad allenarmi in freestyle, tutto l’impegno per organizzare le serate… Per poi vedere gente più scarsa di te che fa carriera e quelli veramente forti che non mangiano neanche una rosetta. Questo mi metteva talmente tanto nervoso che ho deciso di dire basta.

E ora come vivi questo divario?

A un certo punto mi sono detto “devi fare un lavoro su te stesso, devi sbattertene”. E ora sai cosa penso? A novembre divento papà e se Fedez e Club Dogo vendono un mucchio di dischi chissenefrega. Che vadano a cagare!

[to be continued…]

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