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May 30, 2013

IFFI 2013: Bianco, nero o semplicemente cinema

Francesca Di Giovanni

Ieri era il primo giorno di programmazione ufficiale dei film in concorso all’IFFI. Tre le sale occupate dal Festival: Leokino 1 e 2 e il Cinematograph. A dare il via è “Lionel” di Mohammed Soudani, della categoria Shorts & Kids, seguito da “Noire ici, blanche là-bas” di Claude Haffner, della categoria Documentari. Molto movimento fuori dalle sale cinematografiche, dove i registi cercano di capire le emozioni del pubblico e condividono le proprie.

Mohammed è il primo ad esprimersi e, dopo aver fatto una breve introduzione al suo film, si dedica ai fotografi e ai giornalisti. È il sesto anno di presenza al Festival, ma torna quest’anno dopo un paio d’anni di pausa. Ha ritrovato gli amici di sempre, l’allegria, le belle persone e l’ambiente amichevole e cordiale che ha sempre apprezzato. Nessuna differenza rispetto agli anni precedenti, ma in parallelo all’entusiasmo ci sono anche degli aspetti negativi: crede che il festival è molto valido ma non ha lo spazio che merita; ci sono film interessanti e registi importanti e purtroppo è poco pubblicizzato sia a livello locale che mondiale. C’è un po’ di disorganizzazione generale, cosa che dispiace in quanto hanno degli ottimi spazi a disposizione e potrebbero valorizzare molto di più il tutto: ad esempio questa mattina è stato in una classe a parlare del suo film, ma avrebbe voluto parlare all’intera scuola, dando a tutti i ragazzi la possibilità di conoscere il suo prodotto. Il suo film, seppur inserito nella categoria per ragazzi, è un film per famiglie, profondo e ricco di contenuti: i protagonisti sono un bambino africano, uno europeo ed un leone; alla base c’è l’incontro tra il sud ed il nord del mondo, cosa alquanto difficile da realizzare. Il suo intento è quello di spiegare l’Africa a chi non la conosce e non ha la possibilità di farlo: il bambino africano diventa capo della sua tribù successivamente la morte del nonno, ma non lo saprà mai in quanto si è trasferito nell’altra parte del mondo. Questo per lui è il ritratto della difficile situazione in Africa, che in pochi conoscono ma in molti hanno la presunzione di conoscere.

Mohammed Soudani + Claude Haffner - IFFI

In parallelo c’è Claude, deliziosa ragazza africana trasferita in Francia sin da piccola, dove ha completato i suoi studi da regista. La sua presentazione al film, affiancata da Evelin Stark, è molto breve e si concentra prevalentemente sul titolo: spiega che in inglese ha una personale traduzione, differente da quello letterale. Il suo titolo inglese è “Footprints of my other”. La motivazione di tale scelta è che la traduzione letterale non suonava armonicamente e ha passato molto tempo con un suo amico scrittore e poeta a cercare quella giusta, fino a trovare in 4 parole ciò che reputa un vero e proprio ritratto del senso del suo film. Per lei non è un film normale né un modo normale di svolgere il lavoro da regista; il suo documentario è un contenitore delle sue emozioni, della sua vita, della sua famiglia. Per girarlo è dovuta tornare in Congo dopo diversi anni d’assenza ed è stato difficile vedere la cruda realtà del posto e della vita dei suoi conterranei e soprattutto della sua famiglia. Dall’esterno è inimmaginabile ciò che accade e le condizioni di vita dei congolesi, cosa che ha tentato di spiegare con il film. La sua difficoltà non è limitata al periodo passato a lavorare su di esso, è costante e persino oggi, nel rivedere le immagini iniziali della sua opera, vorrebbe piangere.

Tante le emozioni, dei registi, degli spettatori e persino degli organizzatori, ognuno con motivazioni proprie per commuoversi e condividere stupende sensazioni con uomini e donne provenienti da ogni angolo del globo.

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