Food

May 27, 2013

Panem Et CircenseS a Trento: quando mangiare è un’esperienza critica (ma pure buona)

Anna Quinz

A giorni (giovedì 30 maggio) saranno a Trento, in piazza Fiera, al fianco di Euricse (l’istituto europeo di ricerca sulla cooperazione e lo sviluppo d’impresa) e  The Hub, insieme a una grande realtà trentina Risto3 per l’aperitivo di apertura dello spazio “Il lavoro? Crealo!” nell’ambito dell’ottava edizione del famoso Festival dell’Economia. Loro sono Panem Et CircenseS, un duo di creativi di Asolo, che lavora col cibo. Per farci mangiare bene, ma anche provare cosa significa fare di quel che abbiamo nel piatto un’esperienza critica. Passando per Food Translation e Food Specific. Che signfica? Scopriamolo con loro. 

Ciao ragazzi, entriamo subito nel vivo. Chi e cos’è Panem Et CircenseS?

Panem Et CircenseS è un progetto che attraverso l’esperienza gastronomica diretta (in poche parole, “si mangia!”) si occupa di indagare le relazione tra cibo e arte. Allargando la visione possiamo dire tra cibo e tutto ciò che è frutto della creatività dell’uomo; allargandola ancora potremmo arrivare a dire tra cibo e mondo (o mondi) che lo circonda, ma forse è meglio non allargarla troppo… per ora.
Nasce dalla passione per la cucina e, soprattutto, per il “mangiare” come atto culturale, condivisa da Alessandra e Ludovico, una laureata in filosofia con un master in fundraising e un laureato in scienze della comunicazione con un master in storia e cultura dell’alimentazione… chi continua a pensare che con la cultura non si mangia è libero di farsi un panino ai BTP.

5Come e perché si diventa food designer, e che differenza c’è tra un food designer, un designer e un cuoco/chef?

Crediamo ci siano “come” e “perché” simili a quelli di altre professioni: passione, inclinazione, curiosità, caso, fortuna (o sfortuna), necessità…
In ogni caso dobbiamo fare una precisazione d’obbligo: noi non siamo food designer, né designer, né chef. Preferiamo prendere rispettosamente in prestito la definizione dell’olandese Marije Vogelzang che si definisce “eating designer” perché ciò che ci sta più a cuore non è la sola resa estetica dell’alimento (che guida il food designer) e allo stesso tempo nemmeno la sublimazione del Gusto (meta dello chef). Ci interessa offrire modalità di fruizione del cibo inconsuete ma studiate e progettate per spronare il pubblico ad attivare ragionamenti e riflessioni in merito. Usiamo il cibo come parole in una struttura semantica, il significato è l’elemento chiave.

4Cosa significa Food Translation e Food Specific, termini che usate nella presentazione del vostro progetto?

Food Translation significa operare una traduzione interpretativa dell’opera d’arte (o di un artista) attraverso il linguaggio del cibo per offrire al pubblico uno stimolo gastronomico coerente con la fruizione artistica; non è operazione facile e funziona al meglio quando e dove si riesca ad avere un rapporto diretto con l’artista.
Food Specific ha un significato simile, ma riguarda i casi in cui la proposta gastronomica non si lega ad un contenuto artistico ma di altro genere; per certi versi è un processo meno complesso della Food Translation ma nasconde le maggiori insidie proprio nella sua minor complessità; se non maneggiato con cautela il rischio è la banalità, orrore!

7Come può il “mangiare” essere un’esperienza critica?

In maniera semplicissima: avendo rispetto di ciò che si mangia. Un po’ di attenzione per provare a “sentire”. Rendersi conto che ciò che abbiamo nel piatto ha una storia, arriva da qualche parte, qualcuno l’ha fatto o ancor prima prodotto e quindi semplicemente chiedersi “come?” o “da dove/da chi?”.
Il “mangiare” non deve essere solo un atto meccanico per alimentarsi ma un mezzo per mettere in comunione l’esterno e l’interno: la nostra bocca è la soglia tra due mondi. 

1Che rapporto avete nel privato con il cibo? Riuscite a viverlo in modo “normale”?

Cosa vuol dire “normale”? Abbiamo il nostro rapporto “normale” che forse è diverso dal tuo “normale” o forse no.
In ogni caso non ci sono atomizzatori nella nostra cucina.
Il rapporto privato con il cibo è: mangiare per essere felici e a volte “felicità” può anche essere un hamburger con le patatine. 

E tipo un martedì sera qualunque, cosa cucinate?

Giovedì gnocchi, venerdì pesce, sabato trippa! Il martedì… “un quarto di libbra con formaggio”, guardando Pulp Fiction.

Chi o cosa vi ispira nel vostro lavoro?

Tutto. Il bello del nostro lavoro è esattamente questo!

6Cosa avete già fatto in Trentino?

Abbiamo lavorato per The Hub a Rovereto, un bellissimo co-working gestito da gente in gamba che si spende tanto nell’organizzare appuntamenti davvero piacevoli oltre che utili. In quel caso si trattava di una cena a buffet per un meeting dedicato alla formazione del personale. Come dicevamo sopra, il Food Specific non è sempre più semplice della Food Translation! 

3Il più bel progetto realizzato? Quello ancora da realizzare?
Siamo orgogliosi di tutte le nostre creature allo stesso modo anche se per motivi diversi e ogni nuovo progetto entra di diritto nella famiglia. 
Solo per citare le ultime esperienze italiane: “Autolinee PeC” per Setup Art Fair, a Bologna; “Pieno come un uovo” per Ciclostile Architettura, a Milano.
Se qualcosa non ci piace cerchiamo di non farla.
Poi c’è il classico sogno nel cassetto, ma lasciamolo in pace dov’è…

Il sito di Panem Et CircenseS qui

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