Music

May 27, 2013

Moroder + Daft Punk = “Giorgio by Moroder”. Un mito scolpito nella musica

Marco Bassetti
L’incontro tra Daft Punk e Giorgio Moroder. Un incontro al vertice. Un pezzone epic-disco di scintillante bellezza.

Il primo singolo in anteprima, supportato da un vasta campagna virale, era servito a creare grande attesa. In questo i Daft Punk sono i numeri uno, non c’è storia. Grandi cultori della musica del passato, mischiano storia e avanguardia come solo i grandi artisti sanno fare; poi, abilissimi comunicatori, fanno sembrare tutto nuovo e attuale e ricercato ed esclusivo. Trasformando in oro tutto quello che toccano, anche se è bigiotteria dimenticata in un cassetto da quarant’anni. Così è stato con “Get Lucky”, il singolone apripista del nuovo album del duo francese. Nile Rodgers alla chitarra (chitarrista degli Chic, oltre che uno dei produttori discografici più influenti della storia), Pharrell Williams alla voce, morbido e sinuoso, perfettamente a suo agio nei panni del vocalist retro-futurista, e i due Daft Punk, casco robotico ben allacciato in testa, uno al basso e l’altro alla batteria. La visione contemporanea del funk anni Settanta, una cosa non molto distante dal primo Michael Jackson, per dire. Ma qualsiasi cosa passi tra le mani di Guy-Manuel e Thomas suona nuovissimo. Merito di una RAM sconfinata, bionica, post-umana, che consente l’accesso a qualunque indirizzo di memoria – antica o moderna, passata presente o futura – in tempi rapidissimi: fonte inesauribile di infinite combinazioni e ricombinazioni. Quella che noi umani chiamiamo di solito “creatività”.

L’album – Random Access Memories – è uscito dopo un mese, il 17 maggio, pochi giorni fa. E, naturalmente, l’attenzione è stata subito catalizzata dalla traccia numero 3, “Giorgio by Moroder”. Sì, perché il Giorgio in questione è proprio quel Giorgio, il re Giorgio, Giorgio Moroder. Che con questo featuring realizza il sogno di molti, di tutti quelli che hanno un po’ a cuore le sorti della musica elettronica e pop in genere: l’incontro tra il duo più influente della musica elettronica degli ultimi vent’anni e il maestro indiscusso del genere, il principale architetto del disco sound, il produttore/compositore dietro a Donna Summer, American Gigolo, Flashdance, Top Gun… Un vero pioniere, un visionario nato 73 anni fa ad Ortisei.

Ebbene, il risultato è clamoroso, l’effetto straniante. Un po’ come sentire la voce di Dante dentro una lirica di Borges. Un po’ come vedere una composizione di Piero della Francesca che si staglia su una struttura cromatica di Piet Mondrian. Una cosa fuori dal tempo, pur nel tempo pulsante di un morbido pezzone epic-disco di nove-minuti-e-zeroquattro. La biografia artistica di Moroder, consegnata ai posteri attraverso la sapiente mediazione dei Daft Punk: “I wanted to do a album with the sound of the ‘50s, the sound of the ‘60s, of the ’70s and then have a sound of the future”, scandisce serenamente la sua voce, raccontando di quella prima volta che decise di comporre un pezzo con un synthesizer Moog. “Giorgio by Moroder” è un capolavoro scolpito nella storia, tra robuste linee di synth anni Ottanta, liquidi intermezzi jazz-funk, inaspettate esplosioni orchestrali… fino all’assolo finale di chitarra, cosi traboccante, così perfetto, così super-fluo, così Van Hallen. Cosa voler di più dalla vita?

“My name is Giovanni Giorgio, but everybody calls me Giorgio”. Dal 1940 al 2013. From Here to Eternity.

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