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May 14, 2013

INTRUDERS #05. I love gattista

Seriously

Passano i giorni, i mesi dal mio trasferimento, l´inverno è quasi finito. Quest´anno non se ne vuole proprio andare, abbiamo avuto neve e freddo in abbondanza. Sapevo di non accettare un lavoro in Jamaica, ed ho scoperto quanto sia splendido sciare e l ´atmosfera incantata nelle valli imbiancate ma francamente ora sono un po´stufa, i miei sandali e le mie t-shirts aspettano incavolate di uscire fuori dall´armadio.

Lavoro nelle winter technologies, tecnologie legate al freddo. Ho conosciuto gli operatori del settore che lavorano che tutti i giorni nella neve, per la neve, con la neve. E´ un microcosmo, una nicchia di mercato con le sue regole e i suoi personaggi, i suoi ritmi e anche le sue tradizioni. Ne avrei già tanti di aneddoti da raccontare, il primo che mi viene in mente è legato ad una figura tipica che si aggira per le piste di neve con il suo bolide, un cliente piuttosto esigente: il gattista.

Il gattista non e ‘uno che studia i gatti, come pensava mia madre, il gattista è colui che guida i gatti delle nevi per preparare le piste da sci. Il loro lavoro non è una passeggiata di salute: spesso di sera e di notte, su e giù per le piste per tenerle a  posto. Più nevica e più devono lavorare, quindi si tratta talvolta di stare sul gatto molte ore. Se la mattina quando andiamo a sciare, troviamo quelle “Schneerillen” cosi ‘invitanti e perfette, è merito del loro lavoro.

I gattisti non sono delle signorine, sono burberi e incazzosi e ti mandano facilmente a quel paese. Bevono e hanno i calendari delle donne nude. Se hanno a che fare con una donna, sperimentato personalmente, sfoderano tutto il loro charme, ti fanno dei gran complimenti, e si può immaginare il tenore di questi ultimi.

La mia prima conoscenza di un gattista  è un ladino di nome Armin. Detta così sembra il racconto di una conoscenza fatta di un abitante del Borneo. Ma un po´ e ´stato cosi´, perché fino a poco tempo il mio mondo era lontano anni luce dai gattisti, e di ladini giù al “sud” se ne sente  parlare come di una minoranza sita nelle zone alpine che parlano una lingua strana e sono bravi a sciare.  

Questa conoscenza avviene quando devo andare a vedere un impianto della pista e lui mi ci deve portare. Mi presento, scambio due parole per rompere il ghiaccio in italiano, lui mi risponde…poi biascica alcune frasi in ladino che terminano con il termine baldracca. Ah, andiamo bene, penso. C´è un giovanissimo collega con me, anche lui ladino, che ride di gusto e mi spiega che Armin è un po´incavolato con una giornalista austriaca che e ‘venuta a fare un servizio fotografico all´impianto e ha fatto una foto pure a lui, che ha pubblicato nel giornale. Anche su facebook  ! E lo ha visto sua figlia! Lui non voleva questa popolarità!! Lo capisco e solidarizzo con lui, gli prometto che faro ´presente alla giornalista di avere più rispetto della privacy altrui. Mi guarda torvo e strafottente allo stesso tempo. Però le cose si stanno mettendo bene, mi sa che  gli sono simpatica. Lo capisco perché per raggiungere l ´impianto all´inizio ci aveva detto di andare a piedi che ci faceva bene a noi “gente di fuori”, ma dopo un po´ mi guarda e  dice che mi porta con il gatto fin lassù perché sennò´ mi ammalo che non sono abituata. Ah, ok, salgo veloce nel gatto prima che cambi idea.

Arriviamo all´impianto grigio e spoglio, con grandi intrecci di tubi e schermi di computer per controllare tecnologicamente le piste. Osservo e faccio foto.  Interpello anche Armin, che è molto solerte nelle sue spiegazioni. Lui ci tiene a farmi sapere tutto, mica non solo come funziona quella pompa o quel compressore. I suoi racconti partono da quando il suo capo decise di costruire la sala pompe. Ci mette pure del gossip valligiano: i litigi, le discussioni, le sere passate a lavorare.. si capisce che per Armin quelle piste e quell´impianto sono un pezzo importante della sua vita, anche se non sono sue.  

Alla fine ci porta a vedere quella che io tra me e me chiamo la sua alcova, uno spazio dove lui e i suoi colleghi ci lavorano per controllare l´impianto e suppongo che ci passano molto tempo. Non ci sono solo scrivanie o sedie, c´è un divano vecchiotto ma comodo, una specie di cucina e un tavolo. Da una parte come un re posto su un trono, si trova il computer centrale dell´impianto, tenuto d´occhio anche di notte. Lì dentro coabitano tecnologia e arredo sudtirolese creando un mix  molto interessante.

Gli faccio tante domande, mi servono per capire che percezione ha come cliente di quello che gli abbiamo venduto. È senza peli sulla lingua, in mezzora apprendo molti termini denigrativi in ladino –a un certo punto lo interrompo: ma parliamo anche delle cose positive, possibile che non ce ne sono?? Ci pensa due secondi, e poi “ beh, se hanno iniziato a mandare qui le “femmine” invece che quel mona del tuo collega è già qualcosa”.

Più tardi finita la visita, scendiamo a valle e lo invito a bere qualcosa. Ah no, protesta Armin, a lui le donne non offrono, semmai il contrario. Cavoli come in Sicilia penso io!

Il bar è pieno di gente del paese, tutti salutano Armin e ammiccano poiché è in compagnia di una donna. Purtroppo non sono in grado di capire le loro battute. Lui parla e intrattiene tutti, è al centro dell´attenzione e credo che tutto sommato non gli dispiaccia. Infatti a un certo punto abbandona me e il mio collega al bancone del bar e io riesco ad avere un momento di tregua (non è facile seguirlo nei suoi ragionamenti un po´tedeschi, un po´ladini e un po´italiani) e colgo così l´occasione di osservare lo squarcio di umanità che ho davanti: una comunità unica nel suo genere, incredibilmente molto latina e sanguigna nei suoi guizzi e nelle sue reazioni,  nei suoni della sua lingua e in come difende le sue tradizioni.

Mi è venuta in mente la figura di un prisma: appoggiarlo su un tavolo sulla stessa faccia,  equivale a tenere sempre nascosta quella stessa faccia. Noi italiani abbiamo questo problema, nelle nostre diversità ci conosciamo troppo poco, e la non conoscenza porta poi a dei contrasti molto difficili da gestire. Io questo pomeriggio sono stata costretta a spostare la base di appoggio di questo prisma, anche grazie a un gattista.
E’ stata una bella sorpresa.

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