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May 10, 2013

Das Ballhaus. Basta con le parole per raccontare la nostra storia. Meglio la danza.

Anna Quinz
100 anni di storia dell'Alto Adige condensati in un spettacolo, ma senza parole. Musica e danza per raccontare l'autonomia, il pacchetto, il fascismo, le bombe, la convivenza tra italiani e tedeschi... Dalle Vereinigte Bühnen Bozen, uno spettacolo tutto da vedere. Tenendo il ritmo.

Ballate gente, ballate. State un attimo zitti. Basta con i “noi” “voi” “gli altri”. Basta con le dissertazioni – spesso più di facciata che di contenuto – sull’essere italiani o tedeschi, misti o nuovi italiani nuovi tedeschi. Basta con i dibattiti le parole spese a volte a caso, quasi per noia e per mantra ormai entrato nel nostro quotidiano, come il pane o “das Brot”. Basta con i libri che raccontano storie della Storia e punti di vista diversi, uguali, divergenti, vicini. 

Da domani, si balla. E così, tra un passo di danza e una piroetta, tra una nota e una canzone, forse chissà, riusciremo per un momento a lasciar dietro di noi tutto questo ed essere finalmente una cosa sola. 

Das Ballhaus. Ballando Ballando” è lo spettacolo conclusivo della stagione 2012/13 del Vbb, ispirato a un format francese e al film omonimo di Ettore Scola, questo progetto è ben più di uno spettacolo teatrale, ben più di un musical, ben più di tutto quello che avete visto a teatro normalmente. Forse più vicino al mondo di Pina Bausch e del teatro danza, das Ballhaus è uno spettacolo corale, che vede coinvolti attori, danzatori e musicisti. Tutti (a parte chi canta) rigorosamente zitti e senza parole. Saranno la musica e la danza, infatti a raccontare la storia portante, che è la storia degli ultimi 100 anni del “nostro” Alto Adige. 

Partendo dalla drammaturgia originale di due autori – Roberto Cavosi e Maxi Obexer – nello spettacolo si racconta tutto, ma proprio tutto dei cento anni caldi del nostro passato, passando per violenza e disaccordi, politiche sbagliate e passi in avanti. Fino ad arrivare all’oggi, dove più di tutto – e il progetto stesso nella sua complessità di provenienze dei protagonisti, di lingue e di storie mescolate tra loro, è simbolo perfetto – quel che conta è lo stare insieme. E starci bene.

Un progetto non facile, e di certo coraggioso, che vuole parlare ogni lingua, superando la lingua come strumento di comunicazione. Che se poi arriva da quello che è – diciamo così – il teatro tedesco, dà un segnale ancora più forte. La neodirettrice del Vbb Irene Girkinger dimostra ancor più la sua linea visionaria per il suo teatro, un teatro inclusivo che apre le porte, che guarda oltre i linguaggi, le forme, gli stilemi invecchiati e fumosi di un Alto Adige speriamo di poter dire presto “non esiste più”. 

Oltre però a tutto questo, a questi segni forti e importanti, das Ballhaus è anche e sopratutto uno spettacolo di intrattenimento, un divertissement musicale e danzato che non pretende le perfezioni (a ballare, appunto, anche gli attori, e a “recitare”, senza parole, anche i danzatori) ma che trasmette – ho visto le prove e posso testimoniarlo – energia e entusiasmo, divertimento e leggerezza. Elementi fondamentali per veicolare messaggi densi e significativi. 

Ballate gente, ballate. Guardando gli interpreti sul palco, di certo vi partirà in automatico il piedino sotto la sedia, a tenere il ritmo e la lingua a canticchiare gli allegri motivetti che tutti conosciamo. E che – elemento da non trascurare – di certo affascinerà anche per la ricchezza di immagini e costumi faticosamente creati per l’occasione (la costumista ha disegnato 150 bozzetti di abiti, ma avrebbe potuto disegnarne 1000, dice, vista la varietà di ispirazioni possibili, in un viaggio in 100 anni anche della moda, dal mondo e dall’Alto Adige).

Uno spettacolo per tutti, dove per tutti si intende veramente tutti.
Domani sera, 11 maggio, la prima, poi si va avanti fino al 26 maggio. E visto che si tratta di un progetto corale, ecco a voi un’intervista corale a qualcuno dei protagonisti.

ROBERTO CAVOSI – autore

Da autore, come andata con questo Ballhaus, senza parole?

È stata una bella avventura. Ho sempre scritto testi pieni di parole e quando mi hanno proposto questo lavoro, mi sono chiesto “ce la farò?”. Poi ascoltando la musica, è scattata la molla creativa. È stata un’esperienza molto divertente, molto bella, lavorare sul corpo, il movimento, il ritmo, invece che sulla parola, mi ha fatto trovare dei meccanismi espressivi che mai avrei pensato.

Tu e Maxi Obexer avete scritto il testo, ripercorrendo 100 anni di storia altoatesina. Tu “da italiano” lei “da tedesca”. Sono uscite due storie diverse?

In qualche modo, sì. Io sono partito dall’esperienza dei miei dei parenti, degli anni’50 o ’60, come li ho vissuti io stesso, anche se poi a 18 anni me ne sono andato a Roma. Ma gli anni a Merano sono stati straordinari per me e il confronto è stato molto interessante, proprio perché appunto, Maxi scriveva della sua esperienza e dei racconti fatti a lei. Questo è stato molto bello, perché abbiamo anche trovato punti di contatto inaspettati. Quando si parla di persone che vogliono collaborare, i punti in comune sono continui, spero che il “testo” porti la parte migliore di noi stessi, che crei maggiori ragioni di contatto e convivenza civile e che sia un modo per progredire ancora. Questo credo sia il senso dello spettacolo.

Tu come hai vissuto e vivi lo stato di “italiano” altoatesino?

Io avevo amici di madrelingua italiana e tedesca e non ho mai avuto né pregiudizi né confini, e questo lavoro ha avvalorato quello che avevo sempre pensato: che tra persone di buona volontà tra veri amici si vive tranquillamente anche tra etnie diverse. Basta conoscere l’altro, rispettarsi e volersi profondamente bene. 

DAS BALLHAUSPASQUALE DI FILIPPO – attore

Pasquale, com’è andata con la danza? Non è quello che fai normalmente, no?

È magnifico, quando agli attori viene chiesto di imparare a fare cose che non sanno fare. E sarebbe meraviglioso se questo metodo si applicasse anche sui testi, perché ciascuno è un luogo inesplorato, che tu non conosci, in cui ti devi avventurare con un certo coraggio, anche se tanti altri l’hanno già fatto prima di te. Anche in questo caso con coraggio – aiutati da tutto comparto che ci sostiene da parte del teatro – ci avventuriamo in una cosa che non sarebbe normalmente richiesta ad un attore, ma se c’è la volontà di diventare diversi da quel che si è o si crede di essere, si possono ottenere – come in questo caso – risultati formidabili.

È stata dura?

È stato molto faticoso, perché l’impegno fisico è grande. Il corpo parla anche se stai zitto, e questo richiede un’enorme concentrazione, che è una specie di regalo che ti fai – in occasioni come questa – perché è qualcosa che prima non hai mai fatto. 

Tu interpreti “l’italiano” immigrato dal sud, no? ed essendo il napoletano del gruppo, è perfetto, no?

Premetto che conosco la storia dell’Alto Adige da quello che mi hanno insegnato a scuola: che è stata una terra con anni particolarmente caldi, con un percorso di integrazione passato anche per la violenza. Ma non conoscevo particolari. Durante le prove abbiamo assistito a conferenze e documentari per entrare meglio in quel che avremmo poi fatto in scena. Daniele è un personaggio convenzionalmente riconoscibile, l’immigrato che si sposta a vivere qui. È divertente perché si fa guidare dagli eventi – un po’ come l’Italia durante le guerre – e corre verso la storia, ma come se fosse una locomotiva senza macchinista. Insomma, attraversa questi 100 anni di storia facendosi cadere addosso gli eventi e reagendo poi a quel che c’è intorno.

das ballhaus vbb
JULIA HINTEREGGER – danzatrice

Questo è uno spettacolo un po’ sopra le righe, sia per i danzatori che per gli attori. La tua personale esperienza?

Essendo danzatrice, non è stato difficile per me imparare le coreografie. Lo sforzo più grande è stato entrare nella parte attoriale, nella mimica. Non sono abituata, non penso come un attore, ma come una ballerina. Per me però è sta un’esperienza molto bella: noi danzatori abbiamo potuto insegnare qualcosa agli attori e loro a noi, e lo scambio è stato ricco e importante. Il tutto è stato molto faticoso – contemporaneamente alle prove, lavoro come insegnante di danza a Bressanone – ma anche molto divertente.

Da altoatesina, cosa hai imparato su di “noi”, lavorando a questo progetto?

Si sono chiarite alcune cose. Io sono giovane (27 anni) e non ho vissuto in prima persona la “Storia” di cui parla lo spettacolo. Poi vivendo a Bressanone non ho avuto molte occasioni di scambio con gli italiani e conoscevo i fatti così come li ho imparati a scuola, ma in realtà mi sono accorta che non mi rendevo conto della situazione. Era interessante dunque lavorarci sopra, e mi ha toccato molto vedere che è veramente così, come raccontiamo nello spettacolo. Quando ora vado per strada e vedo un poliziotto italiano, ad esempio, penso a quel conflitto e mi accorgo che è cambiato il mio vista, sono diventata più consapevole. 

La squadra di lavoro era un mix culturale e linguistico. Visto anche il tema dello spettacolo, com’è andata dietro le quinte?

Il contatto tra noi era super. È più divertente lavorare con persone di posti diversi, da Berlino a Napoli, da Bressanone alla Val Passiria. Non abbiamo avuto problemi, anzi, è stato molto interessante ed educativo. 

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 ROBERTO TUBARO – musicista

La musica è componente centrale di questo Ballhaus. Come si è svolto il lavoro per voi musicisti?

Per prima cosa si è dovuta fare una selezione dei pezzi più rappresentativi delle varie annate del secolo scorso. A loro volta tra questi pezzi sono stati scelti quelli che rappresentavano al meglio le vicende che si andranno a svolgere in questa Ballhaus, arrivando ad una cinquantina di canzoni. Queste sono state poi arrangiate per poter essere suonate dall’orchestra, il tutto mentre i cantanti iniziavano a provare accompagnati dal pianoforte. Una volta finiti gli arrangiamenti sono iniziate le prove dell’orchestra e, solo in un ultimo momento, le prove sul palco con gli attori/ballerini.

100 anni di storia dell’Alto Adige in musica (internazionale e tradizionale) e danza. impressioni da altoatesino? Cos’hai imparato che non sapevi di “noi”?

Adesso finalmente posso suonare e cantare das Bozner Bergsteigerlied! Arrivare a 28 anni senza conoscere quello che è definito l’inno ufficioso della nostra provincia mi ha fatto pensare a quante cose ancora non so della mia terra. Con questo spettacolo ho avuto quindi modo di vedere la storia dell’Alto Adige da punti di vista che non avevo mai preso in considerazione.

Com’è l’atmosfera dietro le quinte in questo grosso lavoro di squadra (molto mista e variegata)?

L’atmosfera è ed è stata delle migliori, nonostante la stanchezza fisica e mentale che nasce nel preparare uno spettacolo di questo tipo. Il fatto poi che la squadra sia mista e variegata è un valore aggiuntivo davvero notevole che, tra le altre cose, mi ha dato l’occasione – finalmente – di poter ricominciare a parlare in tedesco!

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