Music

May 9, 2013

Pimples, Wrinkles and Rock’n’Roll #17. Festa bagnata = festa fortunata

Eva Corre

Quest’anno il maltempo pare non avere mai fine: Giove Pluvio ha pensato di bagnare anche la festa di franz. Bagnare, non rovinare, sia ben chiaro! La location era stata scelta con cura: il cortile interno dell’Eurac, un paio di tendoni e lo spazio coperto ricavato tra i pilastri di sostegno dell’auditorium erano lì, pronti ad offrire una splendida e provvidenziale copertura in caso di pioggia. Il tempo era incerto fin dal mattino, ma nulla ha potuto scoraggiare gli amanti della cultura: in tanti sono corsi a fare festa per la nuova “veste” web di franzmagazine, anche se la pioggia veniva giù ad intermittenza.

Non so se “quelli che contano” ci fossero tutti, non ho visto papaveri e papere, ma sicuramente c’erano quelli che per la cultura si danno da fare sul campo: organizzatori di eventi, musicisti, la redazione di franzmagazine e poi collaboratori, quelli di Centrale Fies e ancora fotografi, giornalisti, amici, semplici simpatizzanti: tutti lì, a parlare, scherzare e fare festa, nonostante la pioggia.

Una festa multilingue, nel vero stile franz. Naturalmente c’ero anch’io, con Figlio e Marito al seguito. Al mio arrivo ho subito notato i giornalisti tv che si stavano sbizzarrendo con le interviste e le riprese; la birra intanto fluiva a fiumi dalle spine, panini per carnivori e vegetariani, dj Nadipebi alla consolle per creare l’atmosfera conviviale… e chiacchiere, tante chiacchiere, baci e abbracci, incontri e scambi di idee. Effetto piazza: anche quelli che non incontravo da tempo, li ho rivisti lì.

Quando il Reverendo Johnny Mox sistema i suoi tamburi, microfoni e fili sul palco e sta per cominciare, magicamente smette di piovere: anche Giove Pluvio s’inchina al musicista sperimental-noise-beatbox-dituttodipiù. Dire che è trentino vuol dire indicarne solo la provenienza, perché la sua musica ha un “respiro” internazionale. La sua performance è stata come sempre da urlo, ma l’artista ha concesso ai presenti anche cinque minuti di lezione di beatbox. Il professor Mox, in piedi sulla grancassa, ha spiegato come due semplici paroline, pronunciate al microfono marcando l’accento sulle iniziali e ripetendole poi in sequenza, riescano a fare “girare” il “beat”. Mi stupisco di come gli abitanti delle case lì intorno non si siano affacciati alle finestre per vedere cosa stesse succedendo!  Che siano venuti giù anche loro, richiamati dalla musica, come i topolini del pifferaio magico? Non vogliamo farci mancare nulla e richiediamo anche il bis.

Sono circa le 22 e la festa è ancora nel pieno, molta gente arriva proprio a quell’ora. I Non Fiction si piazzano sul palco… mi hanno detto che spaccano di brutto, ma l’indomani mi devo alzare presto e allora… Mi eclisso. Sorry, amici e grazie a tutta la “bella gente” di franz, mi sa che questa volta ho perso il clou della festa.

Un sentito ringraziamento al professor Mox,  confermo che è vero, bastano quelle due semplici paroline per iniziare a fare il beatbox… il Figlio è da ieri che si sta esercitando a ripetere “puzzadicazzo” e “bucceebabbucce” al microfono nella sua stanzetta. Anche i vicini (i miei vicini) ringraziano.

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