“L’animo leggero” di Kareen de Martin Pinter: romanzo d’esordio impregnato della storia della nostra terra. Ma non solo.

L’animo leggero è il romanzo d’esordio appena uscito da Mondadori della bolzanina Kareen de Martin Pinter, impregnato, dalla prima all’ultima pagina, della storia della nostra terra, ma non solo.
Il romanzo inizia con un folgorante capitolo intitolato “Amiche-nemiche”, rivelatore di uno dei temi del libro: quattro bambine, Marta, Elena, Susanna e Lorena, vanno insieme alla scuola elementare e a turno, una settimana a testa, diventano il nemico contro cui scatenare tutta la propria cattiveria. “È l’amicizia che si rivolta addosso come una maglia tolta in fretta,” e le sottili crudeltà cui sono sottoposte richiamano presto l’eco del premio Nobel per la letteratura William Golding e del suo Lord of the Flies (Il signore delle mosche), la storia dei bambini naufraghi su un’isola, abbandonati a loro stessi, che nel tentativo di organizzarsi in un’imitazione della società degli adulti si rivelano crudeli e selvaggi come pochi.
Alle vicissitudini personali di Marta, la protagonista del libro, si riallacciano ben presto le vicende storiche e politiche della sua terra. Una carrellata sulle origini di questa forzata convivenza ricorda come gli intrusi siano gli italiani, non i tedeschi, e come l’italianità, quella dei disperati arrivati in cerca di fortuna, sia stata imposta alla popolazione locale; parrebbe così spiegata l’eterna lotta per un bisogno di riscatto da soprusi e povertà, per una voglia di rivincita culturale ed economica, tra “K e V”, come sono definiti nel romanzo i termini dispregiativi impiegati dagli uni (crucchi) e dagli altri (Walschen) per definire il gruppo linguistico opposto; e chiunque nasca in questa terra sembra inesorabilmente imprigionato in un destino e in una storia (la sua, ma anche quella della terra). Schiacciato dalla Storia.
Mano a mano che il romanzo avanza, infatti, gli episodi locali – dalla dichiarazione obbligatoria di appartenenza a un gruppo linguistico agli attacchi terroristici passando per le angherie nella vita di tutti i giorni, come a scuola (“molte sezioni rifiutavano i figli dell’altro gruppo linguistico, sostenendo che avrebbero rallentato il normale svolgimento del programma e sarebbero rimasti indietro”) – si trasformano in vicende universali (l’ultimo esempio, in particolare, ha un sapore di grande attualità!), alle quali si aggiungono altre tragedie del secolo scorso, dall’Olocausto alla Guerra nei Balcani. E le piccole-grandi cattiverie tra amiche assumono le caratteristiche dell’hobbesiano homo homini lupus poiché “fare del male è insito negli esseri umani”. La protagonista e l’umanità intera sono inevitabilmente “condannate” a dolori piccoli o grandi, le loro mille storie non sono altro che la Storia, in tutta la sua tragica portata. Qualsiasi contrapposizione – etnica, politica, di classe – nient’altro che una scusa entro i confini della quale sfogare la propria naturale condizione di rabbia e odio.
Il crescendo di angoscia di cui il libro è pieno (anche la vicenda familiare privata di Marta è foriera di incertezze, paure e mutilazioni) sfocia necessariamente in una tragedia annunciata; prima ancora, però, Marta, in bilico tra la ribellione e la sottomissione alle regole del gruppo, si trova a subire come debole e poi mettere in atto in prima persona su chi è più debole quella crudeltà che assume infinite forme attorno a lei, fino a quando non deciderà di opporvisi, e con un atto estremo di volontà cercherà di sottrarsi agli orrori con cui il suo destino personale, geografico, storico tentano di soffocarla.
“Dipingere non è una cosa tranquilla, sai? Io catturo pensieri vivi che guizzano come pesci e li infilzo sulla tela con uno spillone per farli vedere a chi, distrattamente, non li ha visti. Spesso però i miei sguardi mi obbligano a tirarmi su la manica e a immergere la mano nelle acque sporche e puzzolenti, perché la vita che mi interessa è quella che sta dietro alle strade pulite della città, ai fiori alle finestre. Il mio viaggio mi porta negli odori e nei rumori di un intestino malato. Le mie dita afferrano quanto di più repellente ci possa essere nell’animo umano, lo mescolano sulla tavolozza con l’immagine che ognuno ha di sé e con quello che vedo io. Questo è un mestiere duro, sai? Sono lo spazzino dell’inconscio.”
Queste sono le ragioni che nel libro spingono il nonno di Marta a smettere di dipingere. Ma questo è anche il manifesto del potente romanzo d’esordio di Kareen de Martin Pinter, che con la sua scrittura va oltre le realtà più o meno patinate per scavare nei meandri più torbidi dell’animo umano. Nel suo caso c’è da augurarsi che continuerà a farlo poiché, proprio come Marta, Kareen de Martin Pinter sa guardare molto bene quello che c’è da vedere.
Kareen de Martin Pinter, L’animo leggero, pp. 211, € 17, Mondadori, Milano, 2013
Il libro di Kareen sarà presentato durante il Festival delle Resistenze nella rassegna “Drink a Book” il 30 aprile 2013 alle 18.30 all’Unibar in piazza Università 1