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April 9, 2013
Intruders #04. Sono Susanna e mi sono trasferita in Trentino a fine gennaio
Susanna Sara Mandice
Mi sono trasferita in Trentino a fine gennaio [la mia amica Mariachiara rileverebbe che la parola appena scritta ne contiene un’altra, “ferita”, ma fingerò di non averlo notato. Voi, per favore, fate lo stesso, perché se inizio a meditare su ogni parola già dalla prima frase, poi non finisco più…] Dicevo: mi sono trasferita e dopo qualche giorno ho cominciato a postare su facebook degli status con l’hashtag #vivere_in_trentino. Da lì l’invito di Franz a scrivere qualcosa per la rubrica “Intruders”.
Ci metto un po’ ad accettare, l’idea mi stuzzica, però non sono convinta. Raccontarsi, scrivere di sé è difficile per chi per lavoro è abituato a scrivere degli altri. Sarò obbligata a mettermi davanti allo specchio, guardarmi e dare una risposta alla domanda: “Cosa ci faccio qui?”[Aiuto.] Alla fine accetto, ed eccomi qui. Premetto di non essere del tutto “foresta” (come dicono da queste parti): nel 2005 ho passato nove mesi a Rovereto, la città che oggi mi ospita per la seconda volta. In questi anni le mie visite in Trentino Alto Adige sono state frequenti, talvolta per lavoro, altre per vacanze, spesso per le mostre del Mart e di Museion, per gli spettacoli di Drodesera o semplicemente per ritrovare gli amici.
Certo tornare a viverci di nuovo (e con una prospettiva di medio periodo) è tutta un’altra storia. Sopravvivrò in un posto senza locali nei quali fare l’alba, senza la frenesia della città, senza feste danzanti? Sarà la morte sociale?
Forza e coraggio, “ce la posso fare, ce la posso fare… ce la devo fare” mi ripeto. E poi dai, sinceramente, da quanto tempo non tiro tardi fino all’alba? Come si dice: “Ormai c’ho una certa…” forse è giunto il momento di provare a modificare leggermente i ritmi; imparare a fare la spesa alle 8.30 am anziché alle 8.30 pm. [Aiuto #2]
E per sdrammatizzare: giù i post su facebook. C’è quello dell’addetta alla biglietteria dei treni a cui chiedo se esistano carnet di biglietti per la tratta Rovereto-Bolzano che risponde: “Eh ma Bolzano è in un’altra provincia”. E ci sono le foto delle biciclette nella neve e degli orologi della stazione di Trento che sono tutti senza lancette [ma perché?]. L’ultimo è:
«#vivere_in_trentino: il farmacista mi chiede se mi sono trasferita qui per studio o per lavoro (quindi sembro ancora una studentessa nda). Poi aggiunge: “Ogni settimana entra qualcuno come te che mi dice di essersi trasferito qui per lavorare.” Caro farmacista, sai com’è, nel resto d’Italia il lavoro è finito. Game over».
Eccoci al punto: salve, mi chiamo Susanna e mi sono trasferita in Trentino per accrescere le fila dei lavoratori migranti, dei professionisti che prendono armi e bagagli e vengono qui a scoprire che siamo davvero in tanti: negli uffici, nei bar, sui treni… ovunque! Un piccolo esercito di italiani che si sposta in un interregno civile ed educato che sembra l’estero ma è ancora Italia.
Nel mio caso la ricerca di lavoro è durata un semestre ed era estesa a tutto il Nord Italia; ma confesso che, mandando cv a destra e a manca, speravo: “Fa’ che non sia Brescia! Fa’ che sia tra i crucchi!”. [Senza offesa per i bresciani, né per i crucchi]. Dopo un periodo di difficile agonia com’è quello della ricerca del lavoro, si è aperta una possibilità proprio a Rovereto, nello stesso momento in cui venivo selezionata per un lavoro nella mia città. Ironia della sorte. E tra le due proposte, ho scelto il Trentino. Ho messo sul piatto della bilancia non solo le due offerte (egualmente interessanti), ma ho valutato quale dei due territori fosse quello più adatto al mio investimento professionale e personale, ho cercato di capire quale luogo, in questo momento delicato, possa offrirmi una maggiore possibilità di crescita e una migliore qualità della vita. È come se mi fossi ritrovata a scegliere tra tutelare il passato o investire sul futuro. Ho deciso di partire e, in men che non si dica, mi sono ritrovata a iniziare una nuova vita e a postare foto sceme sui social network.
Il Trentino Alto Adige però non finisce nei 140 caratteri di un twitt, non è solo marciapiedi puliti, Dolomiti e matti che prendono la bici anche se piove o nevica. Per me, consumatrice quasi onnivora di cultura, è quasi il Paese dei Balocchi. In questi primi due mesi ho totalizzato: 8 spettacoli di teatro o danza, 4 serate al cinema, un dibattito pubblico, un concerto di musica classica, 3 musei e un paio di gallerie (anche una serata all’opera, ma mi ci hanno trascinato, lo confesso!). Credetemi: l’offerta culturale di questa regione è ciò che potrà salvarmi l’equilibrio emotivo nel momento in cui realizzerò che ho lasciato parte di ciò che avevo in favore di qualcosa che non so bene cosa sarà.
Aggiungete che i trentini non sono per niente chiusi come il luogo comune vorrebbe, anzi sono socievoli e abituati al confronto e, nonostante passino il tempo a lagnarsi [Di cosa? Di tutto!], sotto sotto hanno fiducia nel prossimo e nel futuro. Ed è un atteggiamento che nella città da cui vengo è stato messo in stand by. Questo modus vivendi è qualcosa che fa la differenza, che colora le giornate in modo diverso.
Infine per dare un senso al mio spostamento geografico, ho deciso di iniziare a vivere un po’ di più questo territorio. Di sciare o ciaspolare non se ne parla, meglio non esagerare. Però mi sono iscritta a un corso di boulder. Sento già i miei amici ridere a crepapelle “Tu? In montagna? Ma se la detesti la montagna!” e i miei fratelli: “Di sicuro cadrai alla prima uscita! Non ti conviene darti al giardinaggio o accompagnare le mucche in transumanza?”. Beh dai, io ci provo, da qualche parte bisogna pur cominciare a mettersi in gioco, no?
Concludendo, al prossimo che mi chiederà per quale motivo mi sia trasferita in Trentino, risponderò “per lavorare, ma soprattutto per vivere”. Perché non si vive di solo lavoro, per fortuna.
Ps: Sì, lo ammetto, ho pure un ragazzo in Trentino Alto Adige, ma vi giuro che se abitasse a Brescia non l’avrei mai raggiunto! [senza offesa per i bresciani #2].
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