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April 3, 2013

People I Know. Ingrid Ganthaler: studiare l’arabo in Giordania, per imparare a capire di più il mondo

Anna Quinz

Ingrid Ganthaler ha ventitré anni ed è nata a Merano. I suoi genitori, Giovanna e Hubert, hanno sempre valorizzato la fortuna di nascere in una famiglia bilingue e come in tutte le famiglie bilingui, Ingrid ha vissuto due culture diverse nello stesso momento. Così ha sperimentato da subito la parola “convivenza”. Ecco perché dopo le superiori ha deciso di proseguire gli studi, a Venezia, in “Lingue e Culture del Mediterraneo e del Medio Oriente”. Ed ecco perché ora – dopo tappe in Egitto e Marocco – si trova in Giordania, dove studia l’arabo, e dove sperimenta ogni giorno ancora di più e ancora più intensamente il concetto di “stare insieme”. Attraverso le scelte di tutti i giorni, Ingrid ha imparato a pensare, valutare e distaccarsi da tutto quello che la circonda. Da piccola ha intrapreso un percorso scoutistico che “seppure, molto criticato – dice – mi ha insegnato molto sull’arte dell’arrangiarsi, sul come pormi nei confronti della religione, su come potersi adattare alle varie situazioni”. Altro pilastro portante della sua vita, lo sport. Allenandosi per più di 15 anni, Ingrid ha infatti potuto sviluppare un senso di sicurezza e determinazione che, dice “in me non era innato”.

Dalla prossima settimana, Ingrid inizierà a collaborare con noi di Franz come “inviata” nel Medio Oriente. Ogni settimana ci racconterà storie di persone e di cose, esperienze personali e avventure, questioni aperte e ferite chiuse. Benvenuta Ingrid!

Ingrid, perché la scelta di studiare l’arabo?

Se mi chiedessero perché studiare l’arabo sia un’ottima scelta, per il futuro non saprei spiegarlo. Ci sono tanti aspetti da considerare cui io personalmente non ho mai pensato. Innanzi tutto i diversi ruoli all’interno della società che possono creare dei problemi per alcuni aspetti delle relazioni interpersonali. La situazione in molti paesi non è delle migliori. Inoltre credo che la “concorrenza” di arabofoni nati in Italia sia molto forte e restringe molto il campo lavorativo. Se si sceglie l’arabo ora come ora è più per osare e scoprire una realtà lontana e allo stesso tempo così vicina.

Come sei arrivata dove sei?

I motivi per cui mi trovo in Giordania sono molti e molto semplici. Dopo la laurea, non avevo chiaro in testa cosa volevo fare. Mi sarebbe piaciuto continuare gli studi di arabo all’estero. Ma volevo anche provare a lavorare. Per entrambe le cose mi serviva comunque un livello più alto di conoscenza della lingua. Da qui la scelta di frequentare un corso di arabo di almeno un semestre. La scelta geografica invece è andata ad esclusione. Avevo già fatto l’esperienza in Egitto di studiare con un clima di tensione e avevo bisogno di un posto tranquillo per potermi concentrare sullo studio. Della Giordania non ho sentito quasi mai parlare, mi sembrava quasi un paese “noioso”.

Quali le impressioni del vivere in Giordania?

Ormai è da 2 mesi che sono qui e le impressioni di questo paese sono tantissime. Essendo stata sia in Egitto sia Marocco tendo a fare confronti. Inoltre, molti di quei dettagli che colpiscono la prima volta, col passare del tempo diventano normalità. Le persone qui tendono a stare più per i fatti loro rispetto agli altri paesi. In Egitto subivano il fascino del turista-portafogli a due gambe. Ma lì ho sentito di più il senso dell’ospitalità, della curiosità. C’era più voglia di confrontarsi. Politicamente, invece, ho l’impressione che la Giordania stia passando inosservata a livello internazionale. Non credo sia una mancanza di attenzione nostra, quanto un atteggiamento voluto dal paese stesso, e in questo aiuta anche essere tra Siria, Iraq, Israele, territori Palestinesi e Arabia Saudita. Dista solo 18 ore di bus dal Cairo. Insomma si parla di paesi che sono sulla bocca di tutti quotidianamente.

Sul piano turistico la Giordania offre posti incredibili, anche se non troppi e ho la netta impressione che si stia investendo molto sul turismo. È importante il fatto che i giordani siano consapevoli al 100% del fatto che il loro e l’unico paese rimasto senza disordini di nessun tipo. In generale la mia vita qui non è molto diversa da quella in Italia, ma allo stesso tempo lo è. Ho una quotidianità scandita dalle lezioni in un’università che ricorda molto i campus americani. Ho amici stranieri e autoctoni. Quando si esce, si può fare quasi tutto, ma si sente comunque l’influsso della mentalità predominante. Ciò nonostante sento, di essere libera tanto quanto lo sono a Bolzano. Cammino per strada da sola a mezzanotte. Bevo alcol dentro e fuori casa e tutto questo, fino ad ora, senza problemi. Ovviamente quello che cambia di situazione in situazione è la compagnia con cui si condividono i momenti.

Shock culturali?

Di shock culturali ce ne sono e ce ne saranno sempre. Di solito, però, sono i momenti più divertenti. Spesso in un ambiente che non si conosce, si fanno brutte figure. Ad esempio fischiettare attira il male e i diavoli. Io l’ho scoperto perché, come al mio solito, stavo fischiettando durante il richiamo alla preghiera. I miei amici mi hanno dovuto gentilmente chiedere di smettere, che non era il caso. Oppure il figlio piccolo di una mia amica, vedendo che a casa si battono i bicchieri prima di bere, l’ha fatto anche quando siamo andati a trovare la nonna. Ovviamente io convinta faccio cin-cin con il piccolo, poi la mia amica dice che in una situazione normale, come quella, lo sbattere insieme i bicchieri è considerata una brutta cosa.

Cose belle?

Le persone. Come in ogni paese ci sono le persone buone e quelle cattive. Le persone belle sono quelle che in metropolitana si fermano spontaneamente e ti chiedono se hai bisogno di una mano, leggendo dal tuo sguardo ebete che non capisci niente della cartina dei treni. Oppure gli studenti che si offrono di aiutarti con la lingua, senza pretendere niente in cambio nulla. Oppure le famiglie che ti aprono la porta di casa e ti trattano da re, anche se non hanno molto da offrire. Per non contare l’uomo che in stazione divide con te il proprio cibo durante il Ramadan, perché devi assolutamente provare il dolce tipico di questo periodo. Il senso dell’ospitalità e dell’aiutare il prossimo l’ho sentito spesso, durante i miei viaggi. Non l’ho mai più trovato da nessun’altre parte, almeno non forte come qui.

Da lì le prospettive sono diverse?

Per me le prospettive sono completamente diverse. Le notizie riportate sui giornali cancellano nomi e facce e lasciano spazio solo a fatti e numeri. La differenza sta forse nei sentimenti. La sofferenza di chi ha dovuto compiere scelte difficili, o la determinazione di chi ha voluto combattere, segnano molto di più rispetto alla semplice notizia che riporta fatti nudi e crudi.

Cosa hai imparato dall’Alto Adige, terra multiculturale, vivendo in Giordania?

Dall’Alto Adige prendo la mia identità, che mi rende ciò che sono, come tutti quelli che sono nati qui. Ho imparato che due mondi diversi possono convivere volendo. Ho imparato che il senso di radici e d’identità è uguale in tutto il mondo.

Pubblicato su Corriere dell’Alto Adige del 31 marzo 2013

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