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March 27, 2013

Il RMX fluo di Federico Lanaro da Raffaelli a Trento

Aaron Ceolan

E così da Piero Soderini, gonfaloniere allora di giustizia, gli fu allogata la detta sala del papa […], nel quale disegnò un gruppo di cavalli che combattevano una bandiera, cosa che eccellentissima e di gran magistero fu tenuta per le mirabilissime considerazioni che egli ebbe nel far quella fuga. Perciò che in essa non si conosce meno la rabbia, lo sdegno e la vendetta negli uomini che ne’ cavalli; […] Né si può esprimere il disegno che Lionardo fece negli abiti de’ soldati, […] senza la maestria incredibile che egli mostrò nelle forme e lineamenti de’ cavagli: i quali Lionardo meglio ch’altro maestro fece, di bravura, di muscoli e di garbata bellezza”.

In questo modo Giorgio Vasari si esprime su Leonardo da Vinci nelle Vite, descrivendo il suo unico e notevolissimo modo di raffigurare le figure, e tra queste molti cavalli, nella Sala Grande di Palazzo Vecchio a Firenze. Pier Soderini, gonfaloniere della Repubblica fiorentina, commissionò a Leonardo la rappresentazione della Battaglia di Anghiari agli inizi del Cinquecento. La pittura murale però, probabilmente per l’inadeguatezza della tecnica usata dal maestro fiorentino, non riuscì a mantenersi col passare degli anni. Oltre ad alcune copie, tra le quali la notevolissima interpretazione di Rubens della parte centrale eseguita all’incirca un secolo più tardi, rimangono dei disegni e degli schizzi di mano di Leonardo stesso, di grandissima importanza. Gli studi di cavallo, realizzati in quest’occasione, sono elemento di assoluto valore nella storia dell’arte. Vi è tra questi uno in particolare, conservato alla Royal Library di Windsor, realizzato con gessetto rosso su carta raffigurante le zampe posteriori di un cavallo. Da notare la ricerca specifica da parte del maestro fiorentino, nei dettagli più minuscoli. Il chiaroscuro fa risaltare ogni singolo muscolo, espressione di stabilità e potenza allo stesso tempo.

Il cavallo, elemento citato più volte nella storia dell’arte, da quella antica, passando per quella medievale e moderna per arrivare a quella contemporanea. Le variazioni sul tema di questo animale, sono elemento centrale anche nella personale di Federico Lanaro. Remix, questo il nome della mostra, inaugura il 28 marzo presso lo Studio d’arte Raffaelli di Trento, a cura di Valerio Dehò.

Il giovane artista di Mori, scompone e ricompone la forma originaria del cavallo, pescando cose già praticate, in una sorta di remix appunto, che ricorda l’attività molto in voga di questi tempi nel campo della musica elettronica. La fisionomia dell’animale viene rielaborata, la parte anteriore smontata e buttata, fino alla creazione di un “nuovo” cavallo, nel quale la potenza adesso risulta nulla, e l’equilibrio di per sé sembra molto precario. Lanaro si diverte nel presentare apparenze molto colorate, facendo spesso uso di colori fluo, sottolineando ancora una volta l’appartenenza a una cultura pop. In un ulteriore percorso, l’artista trentino si dedica ad una specie di surrealismo contemporaneo, osservando la natura e decifrandone i misteri. Ne risultano delle forme pronte a diventare simboli, e ad instaurarsi nell’immaginario collettivo dei giorni nostri.

Nelle tue opere le figure animali, come anche le forme di mani in questo caso, risultano in qualche modo alterate. Si tratta di una sorta di decontestualizzazione della forma rispetto alla sua percezione generale?

Si tratta di sfumare i limiti tra la realtà e l’immaginazione, giocare con le forme smontando e riassemblandole per dare nuove chiavi di lettura, per evidenziare i paradossi che quotidianamente viviamo. La serie RMX (che da il nome all’intera mostra) ad esempio prende spunto dalla mano come simbolo e mezzo di comunicazione; molti gruppi affidano alla gestualità delle dita il loro senso di appartenenza e riconoscimento reciproco, ma nei miei lavori sono riportate pose impossibili, con dita intrecciate o arcuate che allo stesso tempo legittimano nuovi gruppi definiti, ma ci escludono proprio per l’incapacità di replicare il nuovo gesto identificativo.

Spesso fai uso di colori molto forti, i quali immediatamente attirano gli sguardi. Secondo te, questo elemento pop se vogliamo, rispecchia o vuole rispecchiare delle tendenze della società contemporanea?

Mi piacciono le tinte fluo, sicuramente sono molto attuali e di tendenza. Credo negli ultimi anni di essermi distinto stilisticamente nell’uso di tinte piatte fluorescenti, fa parte del mio stile ma è anche funzionali alla mia poetica, alla velocità di comunicazione, alla sintesi. In galleria si accentua questa predominanza di tinte forti, lo Studio d’Arte Raffaelli è in un palazzo storico e signorile di Trento, con soffitti affrescati e marmi che moltiplicano l’effetto proprio per contrasto.

Spiegaci meglio il tuo interesse, o comunque la tua volontà di confrontarti con la natura, o con forme naturali.

La natura che descrivo è “addomesticata”, nella serie Supernatural i boschi si modellano diventando selve, nelle installazioni e nei Mash Up le piante sono sempre in vaso, gli animali hanno spesso la testa girata e guardano lo spettatore con sguardo complice. Sono affascinato dalla natura e la uso come attrice delle mie farse, anche con uno spirito velatamente ecologista.

Si è parlato di surrealismo contemporaneo nel tuo lavoro. Quant’è profondo questo sentimento nelle tue opere?

È l’intuizione di Valerio Dehò, curatore della mostra, ad aver dato vita a questa formula che descrive molto bene i miei lavori. La differenza con il movimento storico credo che stia nella società, quella che viviamo è arrivata ad essere essa stessa surreale, quindi è facile ed immediato descriverla attraverso un non-sense fatto di alterazioni delle forme o accostando figure paradossali.

Tu artista trentino, nelle cui opere il tema della natura ha un ruolo da protagonista, se pur in una chiave molto attuale e moderna. Qual’è secondo te il ruolo dell’arte contemporanea, in una regione come la nostra, la quale è sì legata in modo evidente alla natura, ma in un modo molto tradizionale?

Il problema sta nella comunicazione. Il folklore è una nostra peculiarità, ma sarebbe intelligente comunicarlo e viverlo con una chiave contemporanea e coordinata. Non sono sicuramente il solo a pensare che la nostra regione sia un polo artistico importante, secondo a Milano in un contesto nazionale. Abbiamo ottime gallerie che si distinguono nelle fiere, musei conosciuti ed apprezzati, molto fermento. Manca evidentemente comunicazione tra i due capoluoghi, ed una coordinazione a livello regionale delle attività artistiche.

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