Una conversazione con Antonella Questa: “Vecchia sarai tu!”

Antonella Questa è attrice, autrice, regista, traduttrice. Sempre in viaggio, vive e lavora tra l’Italia e la Francia. Con “STASERA OVULO”, di cui sono stati pubblicati un libro e un dvd, ha vinto il Premio Calandra 2009 come Migliore Spettacolo e Migliore Interprete. Il suo ultimo spettacolo “VECCHIA SARAI TU!”, che va in scena venerdì 22 marzo 2013 presso la Sala Congressi di Molveno (ore 20,30), ha vinto il Premio Museo Cervi 2012 – Teatro della Memoria e il Premio Calandra 2012 Migliore Spettacolo – Migliore Interprete e Migliore Regia.
“Vi annunciamo una nuova invenzione in arrivo, destinata a irrompere come un ciclone nel panoramo obsoleto delle tecnologie della comunicazione, un medium leggero e profondo, scatenato e scatenante, interrato come un albero e ubiquo, in grado di manifestarsi in tutti i luoghi della terra, anche nei villaggi più sperduti, anche in quelli sprovvisti di luce elettrica e telefono! Questa nuova invenzione è il teatro!”
(Marco Martinelli e Ermanna Montanari, Il Teatro è l’invenzione del futuro in Patalogo n° 30, Ubulibri, Milano, 2008)
Mi piacerebbe cominciare questa conversazione con la frase di Martinelli-Montanari del Teatro delle Albe, storica compagnia del teatro contemporaneo in Italia. Si dice che il teatro può arrivare dappertutto, anche nei posti più sperduti della terra… Dopo aver portato i propri spettacoli in grandi città e vinto importanti premi nazionali, che effetto fa andare in scena in un piccolo paese di mille abitanti, tra le montagne del Trentino? Credi che il teatro vada portato il più possibile anche nelle piccole comunità e nelle periferie?
Sposo appieno la frase di Martinelli/Montanari!
Faccio teatro convinta da sempre che questo debba arrivare a chiunque, quindi ovunque. Le persone restano persone, sia che risiedano nelle metropoli sia che risiedano in piccoli e sperduti villaggi di montagna. Peter Brooke nei suoi spettacoli ci mostra come al teatro siano necessarie le persone e basta. Una che racconta e l’altra che ascolta. Bastano poi una sedia, una candela, un luogo qualsiasi e il teatro c’è!
Non mi fa particolarmente effetto passare da un teatro con 600 posti ad uno con 50. Tecnicamente ci sono delle differenze, ma quel che mi interessa è il pubblico.
Personalmente potessi andrei ovunque, anche nei rifugi di alta montagna a far spettacolo per venti persone!
“Vecchia sarai tu!” è il titolo dello spettacolo che venerdì sera presenti a Molveno. Potrebbe essere un monito, ma anche una battuta di autodifesa oppure una semplice presa di coscienza. Sembra che oggi la vecchiaia sia un tabù. Invecchiare, così come ammalarsi, non è consentito. Invece Antonella Questa ci racconta la storia di tre donne – che sono anche tre generazioni – a confronto, in maniera diversa, con le difficili questioni del tempo che passa e dell’invecchiamento: chi sono, dove le hai incontrate, come hai cucito insieme le loro storie?
Il titolo ha proprio un doppio senso, il primo, quello più immediato è la risposta brusca che viene data quando qualcuno ci trova invecchiate, l’altro, quello che mi sta più a cuore, è il pensiero che vecchia – forse! – un giorno lo sarai anche tu.
La vecchiaia è diventata un tabù, rappresenta ormai da decenni il brutto, il decadimento della persona, la fine della vita, la morte vicina… Non c’è più il valore dell’età, dell’esperienza, l’idea di essere fortunati quando aggiungiamo un anno in più al nostro calendario. L’esempio positivo di vecchiaia mi è stato dato da mia nonna, morta a 96 anni e mezzo. Certo il corpo funziona meno bene, dà problemi, ma se la testa rimane attiva e vivace come era la sua…. che grandi risate mi faceva fare, che sguardo pungente aveva sulle cose e sulle persone, quante storie mi ha raccontato.
Purtroppo ho anche visto su di lei quanto un particolare atteggiamento contro i vecchi possa essere violento e doloroso. Quanto si abbia voglia di metterli da parte in fretta, non vederli più, quanto diano fastidio con la propria presenza, dimenticandoci appunto che vecchi – forse! – un giorno lo saremo anche noi.
Lo spettacolo è dedicato a lei, è un omaggio alla vecchiaia ed è anche catartico per me. C’è un lieto fine che purtroppo lei non ha avuto, un lieto fine che io avrei voluto darle almeno in parte e non ci sono riuscita.
Quindi il personaggio principale, Armida, 80 anni, è ispirato a lei. Una vecchia chiusa in ospizio contro la propria volontà e che desidera fortemente tornare a casa propria. Sabine, la nuora 45enne, francese, molto preoccupata del proprio aspetto fisico, dell’invecchiare, dei segni del tempo che la rendono meno attraente, quindi pronta a sparire agli occhi della società. Infine Monica, 25 anni, figlia di Sabine e nipote di Armida. Non ha mai tempo, come spesso diciamo automaticamente tutti, presa dalla corsa frenetica di fare tutto per ottenere, forse un giorno, qualcosa: un lavoro, una vita di coppia, dei figli…. Ognuno di questi personaggi ha in sè i caratteri, le ansie, i pensieri, gli atteggiamenti di tante persone che ho incontrato e che continuo ad incontrare, che mi stanno intorno. Il punto in comune, il filo che ne cuce le storie è il loro rapporto con il tempo che passa.
Così come in “Stasera ovulo”, spettacolo che ha avuto grande successo (e di cui hai pubblicato libro e dvd) nel quale si parla di infertilità femminile, anche in questo nuovo lavoro è centrale il tema del corpo delle donne: in una società ossessionata dal mito del lifting e dell’eterna gioventù, non sarebbe necessario un bell’elogio dell’imperfezione?
Non saprei se sia utile un elogio all’imperferzione. Credo sarebbe più utile un corso sullo sguardo: educare tutti, soprattutto le donne, a cercare meno lo sguardo altrui e più il proprio. Nel primo caso siamo destinati a farci del male perchè spesso andiamo contro quel che siamo per compiacere l’altro, credendo così di essere amati di più… Un cane che si morde la coda!
“Stasera ovulo” come “Vecchia sarai tu!” e anche i miei precedenti spettacoli, vanno a “studiare”, osservare più che il corpo delle donne, la violenza fatta alle donne. Come nasce, da dove nasce. Dico sempre che non mi interessa parlare del gesto violento, dello schiaffone per capirci. Quando questo arriva ormai è tardi. Bisogna andare a capire da dove parte, quale sia la cultura alla base che permetta una così alta violenza sulle donne. E la violenza che noi facciamo a noi stesse, al nostro corpo come alla nostra mente.
Da piccola mia nonna mi diceva “Scherza coi fanti ma non coi santi”. Senza entrare nel merito della religiosità, ci sono tematiche sulle quali ci hanno tradizionalmente insegnato a non scherzare. Le cose serie, dicono. C’è differenza però tra serietà e seriosità e spesso la comicità esercitata sulle cose serie può avere effetti terapeutici. Ci farai ridere delle cose che più ci mettono in ansia, con questo spettacolo?
Credo proprio di sì, almeno spero! Credo vi farò ridere anche sulla nostra cattiveria, ignoranza, pregiudizio…non solo sulle ansie dell’invecchiamento!
La comicità comunque è una cosa serissima, parte sempre da una tragedia, da qualcosa di doloroso che abbiamo bisogno di esorcizzare. Uso il linguaggio comico proprio come dici, per raccontare cose che comiche non sono affatto. Per poterle raccontare a tutti, la risata e l’ironia, permettono di arrivare a tutti, di avere un ascolto riguardo a temi spesso delicati, personali, difficili. E così facendo le condividiamo, ci sentiamo anche meno soli come è il caso in “Stasera Ovulo”, dove la sterilità femminile è proprio un enorme tabù, una vergogna e genera solitudine, non solo per la donna ma anche per la coppia.
Sull’essere donna nel mondo contemporaneo ti sei molto interrogata attraverso la pratica teatrale. E’ sempre più fitta oggi la presenza delle donne impegnate a lavorare in teatro, e più in generale nell’ambito culturale, dove però raramente siedono nelle posizioni di potere. Si sa, e non è soltanto un luogo comune, che per le donne è doppiamente arduo dimostrare la propria bravura. Credi sia una modalità diversa, la nostra, di stare nelle istituzioni e nelle aziende, forse una modalità più dolce e meno muscolare?
Viviamo in una società arcaicamente costruita sul potere maschile. I messaggi religiosi, politici, filosofici etc… sono ad impronta maschile. Questo ci ha portato a credere che se facciamo come gli uomini avremo più potere, purtroppo poi si finisce per etichettare quelle donne di potere come “maschili”. Invece mettere in risalto la nostra diversità, le nostre potenzialità che sono altre e diverse da quelle dell’uomo, permetterebbe senz’altro di cambiare le cose. Molti uomini per fortuna condividono quest’ottica, ma il cammino resta ancora molto molto lungo. Confido nell’Europa, nelle giovani generazioni e nel lavoro artigianale che ognuna di noi può fare nel suo piccolo, giorno dopo giorno. Consiglio anche di leggere una filosofa contemporanea molto attiva sul tema: Angela Giuffrida, suo è il libro “Il corpo pensa”.
Viviamo di narrazioni, mi diceva un amico qualche giorno fa. Ne abbiamo bisogno: dei nostri libri, dei nostri film, delle nostre serie tv forse, dei social network… Tu che sei una narratrice di professione, credi nella magia salvifica delle storie?
Assolutamente sì! Le storie ce le raccontano quando siamo bambini e non ne abbiamo mai abbastanza, anche se le sappiamo a memoria pretendiamo che ricomincino da capo a leggercele o a raccontarcele. Da adulti è più o meno lo stesso. La storia siamo noi, diceva qualcuno. Ed è così. Il teatro è un raccontare storie. Questo come dicevo prima ci permette di condividere, di ritrovarci, di trovare soluzioni o cambiare punti di vista, di smuovere le cose!
Alla fine di una replica di “Vecchia….” una ragazza 25enne mi scrisse: “Ha ragione Monica, se il tempo non c’è bisogna crearlo, così io oggi ho finalmente telefonato alla mia nonna e domani andrò a trovarla!”
per video, immagini, approfondimenti: www.antonellaquesta.it