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March 20, 2013

People I Know. Jadel Andreetto: giornalista, globetrotter, writer in residence. Ovvero, vita di uno scrittore a tempo pieno

Anna Quinz

1Jadel Andreetto ha 39 anni, è bolzanino ed è uno scrittore. La passione per la scrittura in lui nasce sui banchi di scuola dove invece di prendere appunti, scriveva storie più o meno brevi e nelle sale prove (Jadel è pure musicista) in cui oltre a suonare, scriveva i testi per la sua band di allora. All’Università a Bologna, ha però dovuto sviluppare un tipo di scrittura completamente diverso, ma il piacere per la narrazione gli è rimasto e mentre divorava libri di studio e romanzi, ha continuato a “imbrattare carte”. Con il collettivo Kai Zen di cui fa parte, ha pubblicato alcuni romanzi, ma al momento si trova a New York, dove qualche giorno fa ha tenuto un workshop al Queens College. È stato anche ospite del prestigioso M.I.T. di Boston, che l’ha invitato a fare il writer in residence, ossia lo scrittore in residenza. Il suo compito sarà quello di frequentare un corso e raccontare la sua esperienza. Una vita sempre in movimento quella di Jadel, che è anche un giovane papà. In movimento tra aeroporti e parole, che continuano, giorno dopo giorno a essere fedeli compagne di viaggio. Prossime tappe? Progetti per il futuro? “E perché mai?” afferma “Come diceva quel tale, il futuro è lì da sempre, è il passato che cambia”.

Jadel, quali le fasi principali della tua vita di scrittore?

Oltre a quelle universitarie, una tappa fondamentale è stata quella del giornalismo che mi ha consentito di continuare a scrivere (anche per questa testata ndr), anche se in modo diverso. Poi l’incontro con Kai Zen, che oltre a portarmi i romanzi pubblicati, il lavoro come critico letterario per alcune testate nazionali e per radio popolare, ha innescato un circuito di relazioni che mi ha portato prima in giro per la penisola a occuparmi di narrativa e letteratura, poi a tenere un corso di scrittura (non)creativa all’Università aperta di Imola.

Scrittura ai tempi di internet, che ne pensi?

La scrittura ai tempi di internet è una fregatura. Un tempo ero molto entusiasta delle nuove tecnologie e delle possibilità che sembravano aprire. Ora mi sembra che la rete ci renda meno curiosi e più stupidi. Proprio qui a New York, oggi ho visto un gruppo di ragazzini che osservava l’Empire State Building inquadrandolo con l’Ipad. Abbiamo bisogno di cornici, la realtà non ci basta più, ma facendo così restringiamo il nostro orizzonte, sempre di più e la corteccia cerebrale comincia a mutare. Ho tanta voglia di andare offline, sto diventando un reazionario.

Da sempre vivi metà “qui” e metà “altrove”. Qualche dettaglio in più sulla tua vita di globetrotter?

Da quasi sempre… Da quando sono diventato papà, le cose sono un po’ più complicate e per il momento il mio vagabondare tra continenti si è un po’ fermato. Certo in questo momento sono a 7.000 chilometri da casa… Per un certo periodo della mia vita mi è capitato di fare la spola tra l’Italia e il Sudamerica e ora mi sto muovendo verso il Nordamerica. Vivere, anche se brevemente, così lontano da quello che dovrei chiamare casa, mi ha dato la misura di quanto, e ritorno sul concetto di alterità, gli altri siamo noi. La maggior parte del mondo non vive come noi, non crede, non sogna e non pensa come noi. Noi siamo la minoranza: gli altri. Viaggiare, vivere in altri posti, guardare con altri occhi, ritrovarsi a testa in giù, alle volte ti mette davanti allo specchio e ti fa scoprire con una certa dose di quello che Freud definiva “Unheimlich”, che la tua identità non è una cosa immobile e cristallina e che quello oltre il vetro potrebbe essere qualcun altro.

Com’è l’Alto Adige, visto da lontano?
Visto dall’esterno, per chi ci è nato e ci ha vissuto, assume contorni misteriosi. Le cose funzionano relativamente bene, le scuole sono buone, la qualità della vita alta, “l’indice di felicità” forse un po’ meno, ma i problemi sono ovattati rispetto al resto del paese. La mancanza più evidente è quella della scarsa consapevolezza, non solo di quanto sta attorno, dell’altro da sé – oserei dire che si tratta di una totale incapacità di manipolare una materia complessa come l’alterità – ma anche di quanto è prossimo. Un esempio rapido e grossolano relativo alla cronaca locale recente: i politici sono corrotti? Non si dimettono per prendersi il tempo e il modo per dimostrare il contrario come in ogni paese civile, ma si accaniscono, si inalberano e si “offendono” come in un paese incivile, e in fin dei conti volenti o nolenti sono pur sempre in Italia, la repubblica dell’inciviltà per eccellenza. La risposta di una parte della popolazione sembra rientrare nell’ambito psichico della rimozione, come volessero spazzare sotto il tappeto la consapevolezza relativa alla gravità della situazione, perché tanto in fondo qui si sta bene e si trovano giustificazioni, a volte nemmeno apertamente, campate in aria. Nel resto del paese si mastica amaro, perché al marciume non corrispondono né serenità né efficienza. In Sudtirolo invece le cose si fanno iperboliche, si rovesciano, si avvitano e rendono gli abitanti schizoidi, laddove si dovrebbe masticare amaro, si rimastica semplicemente un chewing gum sciapo.

Pubblicato su Corriere dell’Alto Adige del 17 marzo 2013

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